Fortieth

658 31 0
                                    

HARRY'S POV:


Quando la ragazza venne portata nella stanza privata con la guardia di due poliziotti, secondo il regolamento che avevamo nella marina, subito avevo tirato un sospiro di sollievo. Avevo pensato che, per trovarsi nella camera, stava bene ma non era così. Il medico mi aveva spiegato che la ragazza, per essere un soldato attivo, era troppo magra. Probabilmente per entrare nell'attivo aveva fatto una dieta troppo aggressiva per perdere 20kg in più che aveva, distruggendo il suo sistema. Aveva poi aggiunto che la ragazza portasse con sé una malattia autoimmune che le provocava delle chiazze enormi su tutto il corpo; mi aveva detto anche il nome, ma in quel momento non lo ricordavo nemmeno.



Il capitano Castillo mi aveva raggiunto qualche ora dopo nella notte con un pilota, per sapere delle condizioni della ragazza. Quando avevo spiegato la situazione, mi aveva guardato in un modo che mi aveva fatto sentire nudo ai suoi occhi. Sapevo già cosa mi aspettava con Parker e sapevo già come avrebbe reagito la ragazza, per questo avevo ordinato a tutti di ritornare alle proprie postazioni sul cacciatorpediniere. Avevo poi detto al pilota di tornare il giorno dopo ancora per permettermi di ritornare a bordo e continuare il lavoro.


In quel momento, in piedi davanti la grande finestra dove ancora era notte, pensavo a come poter dare la notizia alla ragazza. Quasi mi spaventai quando fui chiamato.

Mi voltai guardandola, sorridendo appena. «Puoi chiamarmi Harry» dissi piano, afferrando una sedia e sedendomi accanto al suo letto. «Come ti senti?»

«Stordita. Sotto quale effetto sono?» mormorò piano, con un sorriso stanco sulle labbra.

Sorrisi guardando le mie dita, prima di ritornare a guardarla. «Qual è il tuo nome?» chiesi.

«Julie, Signore- Harry, scusi» sorrise quando la guardai con un sopracciglio sollevato.

«Julie, un bel nome» dissi piano. «Ascolta, ho parlato con il dottore e mi ha detto delle chiazze sul corpo che portavi da mesi» spiegai guardandola, facendole abbassare lo sguardo. «Queste chiazze rappresentano una malattia autoimmune, sai che significa?» domandai mentre la ragazza, con gli occhi lucidi, annuiva. «Potrai tenerla sotto cura, ma io adesso mi trovo obbligato a reagire alle conseguenze che potrebbe portare al plotone» spiegai.


«Per favore comandante» disse mettendosi seduta. «Non lo faccia»

«Non lo faccio perché sei tu, Julie. Lo faccio perché è il regolamento» dissi guardandola, poi abbassai lo sguardo. «Devo farti abbandonare il cacciatorpediniere immediatamente e mandare una lettera a casa, con il tuo licenziamento» dissi osservando le mie mani. «Se preferisci, stavo pensando che potresti dare le dimissioni tu, per evitare di avere problemi lavorativi nel futuro»


Le lacrime solcarono il suo viso, mentre continuava a guardarmi senza il minimo fiatare. Mi si strinse il cuore a guardare quella povera ragazza così, ma non potevo fare altrimenti nemmeno volendola aiutare.


«Grazie, comandante» disse piano, atona.

«Mentre dormivi ho scritto ed inviato una lettera» iniziai guardandola negli occhi azzurri. «Al capitano della base a Londra, per farti avere un posto d'ufficio. So che non è la stessa cosa di diventare un vero e proprio pilota, ma è il massimo che ho potuto fare» spiegai.


La ragazza sorrise leggermente annuendo e afferrando la mia mano, lasciandomi un po' spiazzato. «Ha fatto quello che ha potuto, grazie signore».

«Non devi ringraziarmi, avrei voluto fare di più» dissi piano, rimanendo poi nel silenzio per un po'. «Perché hai smesso di mangiare?»


Avietor » h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora