Thirty-eighth

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HARRY'S POV:


Il lungo viaggio di qualche giorno prima ancora pesava sul mio sonno e sulla mia forma fisica, poiché non riuscivo a riprendermi del tutto.
Quasi una settimana era passata e sentivo la mancanza della mia famiglia come non mai. Ogni volta che ero obbligato a partire, non sapevo mai la destinazione che mi aspettava e né i capitani che ci sarebbero stati; sapevo solo che Louis -essendo il mio compagno di volo- viaggiava sempre con me. Era già una sicurezza.


Nella settimana avevo sbrigato le pratiche del ritorno attivo in campo, avevo firmato dei contratti e ne avevo preparati alcuni per dei ragazzi da poco attivi. Era questo che mi aspettava da quando ero diventato comandante: scartoffie e scartoffie a mai finire.

«Comandante, posso rubarle un minuto?»

Mi voltai verso la porta dove il giovane Ian stava fermo immobile con le mani dritte vicino ai fianchi. «Riposo soldato.» mormorai stanco.

«Scusi se la disturbo comandante» disse rilassando il corpo ed entrando nella camera che avevano adibito ad una specie di studio. «È arrivata questa per lei dal Colorado» disse porgendo una busta gialla con lo stemma dell'Aeronautica.

«Dal Colorado?» chiesi confuso. «Hanno mandato altro?» domandai guardando il ragazzo.

«No signore» disse, mentre io annuivo e lui andava via dopo aver fatto il saluto militare.

Sospirai poggiando la busta di lato sulla scrivania, prima di continuare a scrivere sul diario che avevo davanti. Una cosa che mi distraeva era appunto scrivere i miglioramenti o i peggioramenti del plotone che mi avevano affiancato. Ero solito avere sempre dei fogli con me, per l'esattezza trentadue, uno per ogni soldato con nome e cognome. Diverse prove venivano fatte e poi registrate; una cosa carina da vedere e fare, se non fosse stato poi per il diario che doveva essere riempito.

Sospirai l'ennesima volta, passando le mani sul viso, prima di alzare lo sguardo sulla piccola cornice della mia scrivania. Bella, con un sorriso enorme, teneva in braccio la bimba mentre io le abbracciavo da dietro. Mi mancavano da morire e il pensiero di non sapere quando sarei tornato, mi faceva star male perché ero consapevole che avrei perso gli attimi migliori della vita di Lia.

Chiusi il diario, stanco di dover trascrivere ancora, e mi coricai nel letto singolo che avevo a disposizione. Ben presto, i miei unici pensieri e sogni furono sulle mie donne.




*


«Sistemare, caricare, fuoco!»


L'eco dei fucili che spararono riempì l'aria, facendomi strizzare leggermente gli occhi.
Mi era stato imposto un altro allenamento per i cadetti che consisteva nel migliorare l'utilizzo delle armi da fuoco e da taglio. Su dieci cadetti, realmente solo quattro sapevano sparare, ma il mio obiettivo era di impararlo a tutti.

Mi avvicinai ad un cadetto incrociando le braccia al petto e facendo svolazzare i fogli che tenevo in mano. «Nome, soldato»

Subito si mise sugli attenti, poggiando il fucile al suo fianco. «Cadetto Parker, signore, Julie Parker».

«Cosa succede, Parker?» domandai continuando a guardarla. «Hai problemi con le armi da fuoco?»

«No signore, ma si è inceppato il fucile per l'ennesima volta, signore.» spiegò, rimanendo sugli attenti e guardando davanti a sé, precisamente il bersaglio che teneva un foro sulla gamba.

Allungai la mano, Parker mi passò il fucile. Tolsi il blocco, pulì la canna e inserì i proiettili. «Faccia attenzione, Parker, non siamo in un parco giochi per bambini.»

Avietor » h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora