Forty-second

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I mesi passati lontano da Harry non avevano fatto altro che intristirmi: avevamo passato il Natale a Norfolk, insieme ai nonni e agli zii. Lia aveva ricevuto tanti regali: i nonni avevano regalato una macchina telecomandata che tra poco avrebbe iniziato a camminare; Gemma, e nel profondo anche Louis, avevano comprato dei nuovi vestiti veramente carini; Rachel, Liam, Lola, Niall e Zayn avevano invece preferito mettere dei soldi in una busta e comprare il regalo una volta ritornati a Londra. La bambina cresceva come non mai, per questo ero stata costretta a comprare un sediolino più grande dove poterle dare da mangiare senza problemi e un nuovo bagnetto. Alla fine ci eravamo divertiti, ma avevo pianto quando Harry aveva fatto una videochiamata con un cappellino rosso da babbo Natale, facendo ridere Lia. Io, invece, avevo scattato alcune foto e le avevo mandate per posta alla base. Sarebbero stati loro a fargliele avere in qualche modo.

Il Capodanno era stato un po' più divertente, perché avevamo cenato in un ristorante a Norfolk dove avevano organizzato una serata e poi ci eravamo spostati in una delle sale vicine dove a turno avevamo ballato con la piccola Lia fin quando, stanchissima, era crollata nel suo passeggino messo vicino al tavolo. Mi ero seduta, avevo chiacchierato con le nonne mentre i ragazzi facevano gli stupidi al centro della pista, poi a mezzanotte avevamo brindato, cantato e continuato a ballare.

I mesi continuavano a passare: anche gennaio e febbraio erano volati via, tra controlli pediatrici e le solite giornate. L'unica cosa che mi rallegrava era notare i piccoli cambiamenti di Lia: ad appena nove mesi aveva iniziato a dire pappa e glu, che significava l'acqua, e poi uma, ovvero il cagnolino che Harry aveva regalato a noi. Non aveva ancora detto mamma e papà, ma notavo che mettesse impegno nel farlo. Le erano anche spuntati due dentini inferiori, quelli centrali, per questo aveva iniziato a mangiare anche cose diverse dal solito latte, come le pappine liquide.
Harry continuava a chiamare sempre, giocando con la figlia anche a chilometri di distanza e facendola ridere, mentre anche lui notava i piccoli cambiamenti... così come io li notavo in lui. Da tempo aveva iniziato a sorridere davvero e, perché no, anche a ridere. Lo faceva sempre, era vero, ma riuscivo a riconoscere quando si trattasse di sorrisi veri o sorrisi che faceva per non farmi preoccupare. Avevo iniziato a pensare che stesse bene lontano da noi chilometri e chilometri, ma poi pensavo che ci amava e che una cosa del genere non era possibile.

Con questo pensiero fisso, avevo anche iniziato a mangiare di meno e a perdere qualche chilo, forse più del dovuto ma le preoccupazioni di moglie e mamma erano sempre presenti, come in quel momento che stavo cullando Lia con un braccio mentre parlavo al telefono con Gemma e facevo il bucato con l'altra mano.

«Voglio festeggiare, certo, ma come pensi ci possa rimanere quando verrà a scoprire che lui non ci potrà essere?» domandai stanca, mentre notavo Lia addormentarsi pian piano e mettevo il bucato avanti.

«È il suo lavoro, Bella! Che ci resti male o meno non puoi non festeggiare.. è il primo anno di vita di tua figlia!» disse esasperata, facendomi sospirare.

«Penserai a tutto tu?» domandai, scuotendo la testa e maledicendomi.

«E certo! Altrimenti che madrina sarei?» chiese ridacchiando. «Sarò lì la prossima settimana dato che siamo quasi a fine Marzo. Dobbiamo iniziare ad organizzare»

Risi per la precisione e la puntualità di quella ragazza, prima di ringraziarla e chiudere il telefono.
Mancava ancora un mese, ma sapevo che la ragazza aveva già tutto pronto. Così come sapevo che Harry sarebbe stato distrutto al pensiero di non poterci essere.





*



HARRY'S POV:


Il pensiero di dover tornare, e stavolta per sempre, mi fece andare avanti nei mesi precedenti. I cadetti, quasi amici ormai per me e Louis, diventavano ogni giorno più bravi: avevano iniziato male, ma adesso sapevano tenere senza problemi le armi in mano e avevano capito la differenza tra uno sparo che avrebbe ferito e uno che avrebbe ucciso. Erano piccole cose, ma dal momento che avrei avuto una squadra tutta mia in accademia, mi rendeva orgoglioso sapere che il mio lavoro servisse a qualcosa e che riuscivo a ricordare quello che avevo appreso durante i miei anni d'accademia. Quell'anno, Natale e Capodanno erano stati pessimi, davvero. Non li avevo potuti passare con la mia famiglia, soprattutto con mia moglie e mia figlia, ma mi ero accontentato di bere con Louis. Avevamo bevuto, dopo aver chiuso la chiamata con la famiglia, fino a non ricordarci nemmeno i nostri nomi. Inutile dire come la mattina dopo il mal di testa ci fece bestemmiare in contemporanea, mentre Louis vomitava ai piedi del suo letto. Avevo riso tanto, nonostante tutto. E, fortunatamente, le feste erano passate velocemente.

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