5.Friends?

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La pallida luce del sole che sembrava volersi tuffare tra le nuvole da un momento all'altro sembrava quasi poetica, se non fosse stato per i rumori delle macchine ed il chiacchiericcio della folla.
Jimin si era alzato da un'ora e mezza circa, e già non sopportava di dover passare quelle poche ore in facoltà.
Le stampelle si muovevano ritmicamente assieme al piede che poteva poggiare per terra; unendosi allo scricchiolio delle foglie d'autunno e a tutti gli altri suoni del mattino.
Quella mattina aveva deciso di vestirsi tutto in nero, sembrava uscito dai libri di Shadowhunters.
Amava quella serie di romanzi, e l'unica cosa che reputava buona della trasposizione come serie tv erano i due personaggi che adorava: Magnus Bane ed Alec Lightwood, i 《Malec》.
Salì con fatica quelle poche scale per entrare in università, e si diresse subito verso la lezione di Psicologia generale, probabilmente a metà tra una noia celestiale e una gioia mortale; sapeva da voci di corridoio che l'insegnante era solita parlare con una voce che sembrava quella dell'assistente vocale di Google.
Si sedette in prima fila centrale, al posto della volta precedente... e sentì una mano posarsi sulla sua spalla.
"Va meglio la caviglia?"
Si voltò: era il ragazzo dai capelli castani, e questa volta non sarebbe fuggito via.
"Sì, grazie." rispose, educatamente.
Jungkook sorrise. "Beh, meglio così... uhm, hyung?"
Il biondo si voltò verso di lui. "Dimmi."
"Il mio nome è, nel caso non lo ricordassi, Jeon Jungkook. Non ascoltare le voci che girano qui in facoltà sul mio conto, te lo chiedo per favore."
Rimasero seduti l'uno accanto all'altro per tutta la lezione, prendendo appunti. Sentiva lo sguardo dell'altro che spesso e volentieri si posava sul suo viso mentre la professoressa lasciava il tempo di copiare quello che appariva sul proiettore dietro di lei, ed era tremendamente imbarazzante. Si prese un momento per pensare, e concluse che probabilmente si stava solo immaginando tutto, e che in realtà Jungkook stava guardando qualche bella ragazza nel gruppo di banchi accanto a loro, l'aula era molto ampia ed era piena di persone probabilmente molto più interessanti.

Terminata la lezione, Jimin si diresse alle panchine fuori, portando con sè il suo zaino e il suo pranzo: una piccola mela, di quelle verdi, le sue preferite.
Lo rassicurava sapere che non sarebbe ingrassato mangiandola, sempre che fosse riuscito a finirla.
Sua nonna non avrebbe approvato, ma dopotutto quando Jimin mangiava all'università, la donna non poteva sapere che cosa avrebbe preso come pranzo e di conseguenza nemmeno sgridarlo per le sue scelte.
"Scusa, posso sedermi qui?" quando alzò gli occhi, vide un ragazzo dai capelli azzurri, sembrava più grande di lui. La carnagione pallida risaltava il colore dei suoi capelli, ricordava la fata Turchina, ma in versione swag. Tra le mani portava un vassoio con quello che doveva essere il suo pranzo, e dalla tasca sbucava un pacchetto di sigarette, che Jimin ricordò fossero le stesse che suo nonno fumava spesso e volentieri.
"Certo, prego."
Il ragazzo si presentò come Min Yoongi, studente di storia della musica al terzo anno, che amava la carne più della sua stessa vita (o almeno, questo si deduceva dal suo pranzo, appena preso dalla mensa della facoltà, e da come lo guardava con eterno amore.) La temperatura esterna era ancora adatta per mangiare fuori, e Jimin ne fu contento, amava l'aria aperta.
In tre minuti esatti terminò la bistecca, per poi accendersi una sigaretta e fumarla con tutta calma mettendosi poco lontano dal biondino per non rischiare di dargli fastidio con l'odore del fumo.
Jimin, invece, trovò quasi faticoso finire quella mela, ma lo fece comunque per non sembrare un completo idiota agli occhi di uno hyung, per giunta del terzo anno.
"Ci si vede in giro, Park." salutò Yoongi, dopo aver buttato a terra la sigaretta ormai terminata.
"A presto, hyung."
Jimin si sentì davvero solo quando sulla panchina rimase lui, con il suo zaino e quelle stupide stampelle.
Vide in lontananza Jungkook, pensando a quanto doveva essere bella la vita di quel ragazzo: sembrava avere buoni amici, una vita piacevole nonostante le voci poco carine che diceva girassero per la scuola, e una famiglia ricca. Jimin sapeva che non erano i soldi a fare la felicità, ma se avesse avuto lui quel patrimonio avrebbe saputo perfettamente come usarli: aiutare le persone in difficoltà, e vivere in una modesta casa apprezzando l'essenziale.
Lui amava le piccole cose, fin da quando era bambino, nonostante dopo quell'avvenimento faceva fatica a sorridere con naturalezza, le cose a lui care lo erano ancora più di prima, soprattutto ciò che gli era rimasto degli oggetti che appartenevano a1i suoi genitori, ne conservava qualcuno in camera: il foulard di sua madre; i guanti da motociclista del padre, se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire le sue risate da bambino quando veniva spinto sull'altalena.
Una foglia cadde sulla sua gamba, risvegliandolo per un momento dai ricordi incantati dell'infanzia che sembrava non appartenergli più, così lontana da ricordargli un universo alternativo nel quale nulla di quello che era accaduto non si era verificato.
Sentì le labbra d'un tratto secche, e bevve un po' d'acqua, sospirando: presto sarebbe cominciata la lezione successiva, e proprio non aveva voglia di stare seduto per altre due ore ad ascoltare un infinito discorso che avrebbe tranquillamente trovato sui libri di testo che aveva ordinato con il corriere, e che presto sarebbero arrivati a casa sua.
Di certo non poteva immaginare di trovare qualcuno che la pensava allo stesso modo, fino a quando non notò il suono di un paio di scarpe, Timberland a quanto vide, far scricchiolare le foglie che erano sparse in quel pezzo di giardino.
Alzò lo sguardo, e vide proprio lui.
I capelli scuri scompigliati dal vento erano davvero buffi, o almeno questo era ciò che pensava il ragazzo.
Aveva gli occhi lucidi per la felicità e, avrebbe detto, curiosi, che lo osservavano in cerca di contatto visivo, forse doveva chiedergli qualcosa.
"Io non ho voglia di seguire la prossima lezione, e tu?"
Che cosa voleva da lui, forse fare amicizia con la persona meno amichevole del mondo?
Amicizia con Park Jimin?
Lui era terrorizzato da tutti, aveva paura di conoscere nuove persone.
"Per quale motivo lo stai chiedendo a me?" domandò, cercando di mantenere la calma.
La risata dolce e delicata del minore interruppe il piccolo silenzio che si era creato tra loro, scaldando lo spesso freddo cuore di Jimin.
Fu però la sua risposta, a stupirlo.

Spazio autrice

Scusate se vi lascio così :3
~Ely❤

𝐏𝐥𝐞𝐚𝐬𝐞, 𝐬𝐭𝐚𝐲 𝐟𝐨𝐫𝐞𝐯𝐞𝐫-𝐉𝐢𝐤𝐨𝐨𝐤 ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora