10.Miles

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"Buongiorno, Jimin." sorrise Jungkook, quel mattino. Indossava anche lui la sciarpa come quella del suo hyung, e la cosa lo fece sentire stranamente bene.
Il biondo sembrava invece un po' giù, e il ragazzo non capiva bene il motivo.
"Buongiorno, Jungkook." rispose, con nemmeno un po' di enfasi nella voce.
"Hyung, oggi saltiamo le lezioni, okay?" il castano aveva un'idea per tirarlo un pochino su di morale.
Il maggiore lo guardò, contrariato. "Stai scherzando per caso?" chiese, con tono severo, non certo da lui.
"Si vede lontano un miglio che oggi non stai bene, Jimin-hyung, facciamo qualcosa di rilassante, sembri davvero triste per qualcosa..."
Il più grande utilizzò un tono ancora più freddo del precedente. "Ti ho detto già una volta che faccio fatica ad essere felice, cosa dovrei fare, fingere?" domandò, facendo quasi spaventare Jungkook. "Sei vuoi essere mio amico, ogni tanto ti prego di lasciarmi in pace. È una giornata no. E Jungkook, per favore, non seguirmi in classe. Lasciami stare almeno oggi, se non hai voglia di fare un cazzo."
Il castano si sentì ferito, e non disse una parola: aveva sbagliato ad utilizzare la sua gentilezza con Jimin?
Non entrò, quel giorno.

"Torni a casa, feto?"
La voce apparteneva a Min Yoongi, la fata turchina swag dell'università.
"Che vuoi da me, Min?"
"Nulla, mi godevo la tua litigata con Park. Sembrate quasi fidanzati." rispose il più grande, gettando a terra una sigaretta ormai finita.
Jungkook arrossì. "Scherzi? Io sono etero, e probabilmente anche Jimin."
Yoongi rise. "D'accordo, feto, io vado a lezione. Dì a quel cretino di Hoseok di accendere il cellulare, se lo vedi. Sono quasi sicuro che non si ricorderà del nostro appuntamento di oggi."
Min Yoongi era un tipo un po' strano, chiamava tutti per cognome o con soprannomi idioti, tranne Hoseok.
Lui non aveva soprannomi idioti, per lo hyung. Probabilmente, prima o poi lo avrebbe chiamato qualcosa del tipo 《cavallo cavalcabile.》, ma quella era un'altra storia.
Jungkook si chiese quando, esattamente, Yoongi avesse deciso di rispondere a quello stalker un po' impacciato che era il ballerino, ma ne fu felice: non stavano male assieme, anzi, erano i poli opposti, e gli opposti, a quanto dicevano, erano i primi ad attrarsi, tipo le calamite.

Ma Jungkook non era una calamita.
Era una calamità.
Ovunque andasse combinava disastri, e così stava facendo anche con Jimin.
Però sapeva che qualcosa c'era, un motivo sotto a quella freddezza: certo, sapeva che non riusciva ad essere felice, ma era il suo comportamento ad essere cambiato completamente.
Decise che avrebbe fatto qualcosa di carino per il suo hyung, magari lo avrebbe perdonato.
Comprò una fetta di torta nella pasticceria vicino alla facoltà, la fece incartare e la portò all'università, chiedendo ad una delle responsabili di farla recapitare a Jimin: conosceva quella donna, era un'amica di famiglia, e sapeva di poter contare sul suo aiuto, dopo averle riferito la classe di laurea del ragazzo.
Una volta fatta la sua buona azione del giorno, Jungkook tornò a casa, e non riuscì a fermare le lacrime che, senza permesso, cominciarono a sgorgare dai suoi occhi.
Sdraiato sul letto, sentì il suo corpo scosso dai singhiozzi, senza poter fare nulla.
Per quale motivo stava piangendo? Non valeva certo la pena, per una cosa così banale, no?
Poi, la sua mente lo portò ad un ricordo che sciolse i suoi dubbi.

"Jungkook, ascoltami." disse sua sorella, prendendolo per mano. "Se piangi per qualcuno, significa che ci tieni davvero. Magari non capisci esattamente il motivo delle tue lacrime, ma... ma succede, e basta."
Nonostante fossero gemelli, lei era sempre stata la saggia tra i due, oltre che la più piccola, e questo a Jungkook aveva sempre dato fastidio: lui non era bravo quanto sua sorella, le uniche attività che gli riuscivano bene erano quelle ricreative o sportive, niente che fosse logico o matematico.
Però gli aveva sempre dato buoni consigli, Jia.

Si asciugò le lacrime, frustrato per un senso di colpa che non avrebbe nemmeno dovuto avere, per colpa di uno stupidissimo favore che aveva voluto fare a Jimin, il suo nuovo amico.
Qualcuno bussò alla porta "Signorino Jeon, sono Miles. Posso entrare?"
Il ragazzo rispose affermativamente, e Miles entrò.
L'inserviente, oltre al suo semplice lavoro, si era sempre comportata come una tata per i fratelli Jeon.
"Che cosa succede? Qualcuno le ha per caso fatto del male, signorino?" Miles si avvicinò con un bicchiere d'acqua, preoccupata.
Jungkook bevve, poi parlò. "Ho provato ad aiutare un mio amico, ma sembra che gli abbia dato fastidio. Per farmi perdonare, e sapendo che non mangia molto, gli ho comprato una fetta di torta, ma ho paura che mi possa abbandonare." spiegò, appoggiando la testa sul cuscino, stanco.
"Mi sembra una paura fondata, ma sono certa che sarà capace di capire le sue ragioni, signorino. Vedrà che il suo amico presto le parlerà, non la lascerà solo, si fidi. E poi è stato gentile da parte sua preoccuparsi per lui."
Jungkook la ringraziò. "Sei come una seconda mamma, Miles. Ma... per quale motivo sei entrata? Mi hai sentito piangere?"
La donna annuì. "Non sopporto sentirla piangere, dopo quel giorno. È stato così straziante, vedere quelle lacrime mi ha spezzato il cuore, da quel momento in poi ho desiderato solamente vederla sorridere, più di prima."
Il castano si sentì come un bambino, a cui ogni persona negava affetto.
"Miles?"
"Sì, signorino Jeon?" la donna gli rivolse un dolce sorriso dei suoi.
"Dammi del tu, e per favore... potresti farmi un abbraccio come quando ero piccolo?"
Si sentì bene tra quelle braccia, porto sicuro dell'infanzia, quella donna era davvero come una madre, i suoi genitori non erano mai a casa quando lui e i suoi fratelli erano piccoli.
"Come posso ringraziarti, Miles?"
La donna scosse la testa. "Oh tesoro, non hai bisogno di ringraziarmi. Piuttosto, hai già pranzato quest'oggi? Anche se, devo ammetterlo, fa proprio strano darti del tu!"
Risero entrambi, e appena venne lasciato solo, Jungkook scrisse ad Hoseok-hyung per l'appuntamento con Yoongi-hyung.
Successivamente, si mise a scrivere, era ispirato per una nuova canzone.
Nella sua testa, due parole si alternavano come una ninna-nanna.

Park Jimin
Park Jimin
Park Jimin

Perchè lui?
Perchè quel ragazzo bastardo, che lo aveva solo deluso con il suo modo incomprensibile di comportarsi?
Jimin... che cosa voleva esattamente, per potersi insinuare così nei suoi pensieri? Non avevano nulla da spartire, dopotutto.
Era certo di una sola cosa: quel ragazzo lo detestava, sicuramente.

𝐏𝐥𝐞𝐚𝐬𝐞, 𝐬𝐭𝐚𝐲 𝐟𝐨𝐫𝐞𝐯𝐞𝐫-𝐉𝐢𝐤𝐨𝐨𝐤 ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora