Dįçîånnºvę

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Edelgyth si strinse ancora una volta nella sua pelliccia, osservando distrattamente i suoi respiri , condensarsi in piccole nuvolette di vapore che si libravano libere nell'aria gelida che la avvolgeva.

Ivar le aveva detto che l'avrebbe portata in un posto, ma non immaginava che sarebbe stato così magnifico.

Si trovava in uno spiazzo vastissimo , dove poteva osservare Kattegat e il suo porto, dall'alto.

Si sentiva così piccola rispetto a quel luogo, così insignificante.

Il vento gelido infuriava alle sue spalle , scompigliandole la cascata di riccioli neri che quella mattina aveva passato ad acconciarsi.

- Ti piace?- la voce un po' roca del ragazzo la distolse da quei suoi pensieri.

Voltò il viso, incontrando lo sguardo magnetico dell'uomo che purtroppo amava .

- È davvero magnifico. Si può vedere tutta Kattegat da qui, è come essere un uccello , che può sorvolare sui luoghi senza essere visto, ma restando solo un silenzioso spettatore.-

Ivar piegò la testa di lato e si lasció scappare un sorriso.

Adorava sentire la moglie parlare, riusciva ad incantarti, a trasportarti nel suo mondo e nella sua visione della realtà.

Era una lingua d'argento, proprio come il Dio Loki.

Ma era decisamente più bella di lui .

- Venivo qui , quando non ero ancora re. Riflettevo, su di me, sul mondo... è un posto piacevole per pensare.-

Edelgyth si prese un momento per osservarlo: aveva notato come lo sguardo del vichingo si era fatto improvvisamente lontano, distante anni luce da lei, da tutto ciò che lo circondava.

E capì che non si conoscevano affatto.

Lei non sapeva nulla di colui che era suo marito , eccetto ciò che le era stato raccontato, ma la stessa cosa doveva valere per lui .

Si avvicinò lentamente al ragazzo, sedendosi poco distante da lui.

- Ho fatto una riflessione.- annunció cauta, l'ultima cosa che voleva era che Ivar si allontanasse di nuovo.

- La tua mente mi affascina uccellino, sei sempre pronta a farla lavorare. Ma parla , ti ascolto.-

- Ecco, io e te non ci conosciamo e se vogliamo che questa cosa funzioni, ecco, dovremmo sapere qualcosa dell'altro che non ci sia già stato raccontato.- attese timorosa la risposta del ragazzo, facendo scorrere i suoi occhi bruni sulla figura dell'uomo accanto a lei.

- Ciò che dici è vero, dunque, inizia tu, l'idea è tua e quindi tocca a te rompere il ghiaccio uccellino.-

- Cosa vuoi sapere?- chiese timidamente Edelgyth.

- Tutto . Comincia dal principio.- Ivar la guardò curioso, attendendo una risposta.

La ragazza prese un bel respiro e cominció.

- Come già sai, sono nata nel Wessex. Mia madre era la sorella di Ecberth. Era come me, non voleva sposarsi, ma fu costretta.  Non ho mai conosciuto mio padre, morì quando io ero ancora in fasce, tuttavia mi è stato raccontato che non era affatto un brav'uomo.-

- Era un semplice signorotto, che pensava solo alla terra e al denaro, non curandosi di moglie e figlia. Mia madre mi raccontò di come fosse sconcertato di aver ricevuto una femmina e non un maschio. La sua stirpe si sarebbe estinta.- la ragazza non represse la smorfia di fastidio che quella bigotteria le provocava.

- Tuttavia , non ebbe tempo di ripudiare mia madre o di tentare di avere altri figli. Durante una caccia pare che il suo cavallo non fosse sellato in maniera adeguata. In sostanza, cadde e si ruppe l'osso del collo... una morte da idiota, quale in effetti era.-

Ivar rimase leggermente stupito nel sentire parlare così sua moglie. Coglieva del rancore nelle sue parole , rancore che leggeva anche nei suoi occhi.

- Mia madre tirò avanti da sola, amministrando sia le sue proprietà, che quelle del suo defunto marito. Mi lasció quando avevo sei anni, pare che fosse malaria. Io fui affidata a mio zio Ecberth e poi ad Ethelwulf, il resto della storia credo che tu la conosca già.-

Edelgyth scrollò lievemente le spalle, per ricacciare indietro i ricordi di quella che prima era la sua vecchia vita .

Un moto di nostalgia si impossessò di lei.

Venne investita da un'ondata di ricordi.

Le passeggiate con Alfred, le chiacchierate con Giudith.

Ricordò il vento tra i capelli mentre montava Bucefalo.

Ricordò il paesaggio verde e immenso del Wessex , la sua terra , alla quale forse non sarebbe mai più tornata.

La vista inizio ad appannarsi.

La ragazza percepì qualcosa di caldo scenderle lungo la guancia: stava piangendo.

Sbattè più volte le palpebre, nella speranza di ricacciare indietro quelle piccole lacrime traditrici, affinché il vichingo non se ne accorgesse, tuttavia era troppo tardi.

- Uccellino, perché piangi?-  le chiese suo marito.

Edelgyth inspiró ed espirò prima di rispondere.

- Solo un po' di nostalgia, tutto qui.- guardava in basso, lo sguardo fisso sulle sue mani.

- Non so come tu ti senta.- affermò Ivar.

Delicatamente le prese il viso tra le mani, costringendola ad alzare lo sguardo.

- Ma non desidero la tua sofferenza, forse prima era così , ma ora non più. Sei mia moglie e voglio che tu sia felice, qui, con me.-

Edelgyth smise di versare lacrime.

- Io sono felice Ivar, o almeno ho la parvenza di esserlo. - l'ultima parte, la ragazza la disse a voce bassa.

Era la verità .

La sua era solo una mera illusione di felicità.

Una pallida imitazione di ciò che realmente il suo cuore bramava.

L'amore di Ivar.

Lui non l'amava, di questo ne era pienamente consapevole.

E questa consapevolezza le spezzava il cuore.

Ma non poteva fare nulla.

L'amore non è una cosa che si impone, viene da sè, è naturale.

A lei era successo così.

Non comprendeva come, da odio profondo, quel sentimento si fosse trasformato in qualcosa di così puro, di così travolgente .

Eppure era ciò che le era capitato.

L'amore che provava per Ivar non si poteva descrivere, perché era un amore particolare.

Lei amava Ivar, non Ivar il Senz'Ossa.

Amava quell'Ivar che , nonostante le difficoltà, era diventato re.

Amava l'Ivar intelligente, dalla mente brillante, con il quale condurre una conversazione.

Amava lo sguardo di Ivar, il suo magnifico sguardo blu, come il mare in tempesta.

Amava quando la chiamava uccellino, quando la baciava , quando mostrava interesse nei suoi confronti.

Ma non pendeva dalle sue labbra.

Questo mai sarebbe accaduto.

Non avrebbe permesso alla passione di sovrastare il suo senso di libertà.

Ma ci avrebbe convissuto.

Ivar la guardò a lungo negli occhi, come a captare qualcosa che gli era sfuggito.

Poi, ancora una volta, unì le loro labbra.

- Sei la mia regina Edelgyth. E io il tuo re.- le sussurrava all'orecchio mentre facevano , ancora, l'amore.

Quanto vorrei che fosse vero . Era il pensiero costante della ragazza.

|𝕸𝖞 𝖉𝖆𝖗𝖑𝖎𝖓𝖌 𝖉𝖆𝖗𝖐𝖓𝖊𝖘𝖘 |𝕴𝖛𝖆𝖗 𝖙𝖍𝖊 𝕭𝖔𝖓𝖊𝖑𝖊𝖘𝖘Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora