Capitolo 19 - Sean pt. 5

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“Cominciai a guardarle su per le gambe. Mi sono sempre piaciute le gambe. È stata la prima cosa che ho visto quando sono nato. Ma allora stavo cercando di uscire. Da quel momento in poi ho sempre tentato di andare nell'altra direzione, ma con fortuna piuttosto scarsa.”
-Bukowski

"Ahio! Kate, potresti essere più delicata!?" Sento la voce di Jane dall'altra stanza, che si prepara con le due ragazze per il gala di sta sera.
Mi giro verso Metthew che sta lisciando la cravatta tra le mani, sollevo un sopracciglio, non ho alcuna intenzione di soffocare per tutta la serata "Scordatelo. Va bene così." Chiarisco immediatamente.
Camicia bianca, pataloni eleganti e giacca neri, vanno più che bene da soli. Solleva gli occhi al cielo, scuotendo il capo.
"Sei pronto?" Chiede mentre si siede sul divano, sprofondando.
Lo imito, "La verità? Per niente." Rigiro tra le mani le due maschere nere, per me e per Jane, dato che il gala sarà come una festa in maschera. Non ricordo di averglielo detto, in realtà. 
Sospiro, "Non voglio che lei si metta in pericolo e sta sera... dritti nella tana lupo." Scuoto la testa, scompigliandomi i capelli già in disordine, in un gesto di nervosismo.
"Siete ancora in tempo per non andare." Mi da qualche pacca sulla schiena, scuotendo il mio corpo.
"Non possiamo, Mett. È un'occasione che non possiamo farci sfuggire."
Annuisce in silenzio, "Va bene, però..."
Si ammutolisce quando le tre ragazze entrano, prima ancora che possa vedere la figura di Jane, capisco che il suo sguardo è indirizzato proprio a lei. Gli do uno scappellotto sulla nuca, infastidito e lui distoglie subito lo sguardo.
Quando mi soffermo a guardare Jane però, capisco il perché Mett si sia ammutolito, trattengo il respiro osservandola in tutta la sua eleganza.
Indossa un abito bordò, dall'aria morbida e vellutata, con le maniche a tre quarti ma senza spalline, che lasciano le spalle nude, e ha la scollatura a cuore.
Abbasso lo sguardo, vedendo un spacco nel vestito lungo su cui mi soffermo un po' più allungo, intravedendo la gamba nuda. 
Finalmento la guardo in viso, già arrossito probabilmente per il mio sguardo bramoso, i capelli sono raccolti in quello che sembra un chignon, ma dalla crocchia, sfuggono delle ciocche ondulate che incorniciano il volto, su cui mi soffermo per ultimo, osservando gli occhi ghiacciati.
Mi alzo in piedi pigramente, mi schiarisco la voce, anche se non serve a molto dato che la mia voce risulta roca allo stesso modo, "Andiamo."
Mi costringo a distogliere lo sguardo, saluto gli altri con un cenno della mano e quando Jane mi affianca, volto le spalle ed usciamo dall'appartamento. Sospiro quando premo il bottone di chiamata dell'ascensore e attendiamo che si aprino le porte.
La guardo di sottecchi stropicciarsi le mani nervosamente, col viso chino e gli occhi persi.
Un suono squillante annuncia l'apertura dell'ascensore, che rivela una vechietta bassa e un po' curva, dal viso affettuoso, i capelli ricci bianchi, le rughe sul viso che segnano il corpo, e gli occhi piccoli e scuri, che ci guardano con simpatia.
Entriamo, mettendoci affianco a lei, come dei guardiani e l'ascensore prende a scendere di nuovo, non appena le porte si chiudono.
Velocemente, raggiungiamo il piano terra e il rumore secco dei tacchi bassi  della vecchietta, si mischiano con quelli alti della ragazza.
Jane le apre il portone, lasciandola passare per prima e poi usciamo noi, entrando in auto poco dopo.
Le porgo la sua maschera nera, semplice, che copre prevalentemente gli occhi, come la mia, e mi guarda ponendomi il suo interrogativo, "Festa in maschera." Le rispondo. 
Annuisce, tenendola fra le mani mentre metto in moto la mia auto, che fa le fusa e parto, scompigliando di nuovo i capelli, passando una mano tra questi.
"Hai un piano?" Chiede rompendo il silenzio.
Diistolgo per qualche secondo gli occhi sulla strada per riempirmi della sua immagine bella ed elegante, scuoto la testa "Sinceramente? Assolutamente no." Faccio una pausa, "Però dovrai starmi accanto tutta la serata, non sappiamo per cosa sia questo evento e tu, tra i due, sei quella più in pericolo."
Ripasso in mente l'indirizzo del luogo, sbuffando quando ricordo che è nella zona ricca della città ai piedi della montagna.
"Potrei dare calci molto dolorosi con questi tacchi, sai?" Ribatte piccata, dal dover stare buona e zitta, un comportamento che decisamente non le si addice.
"Non piace nemmeno a me, questa storia. Fa semplicemente come ti dico, fidati di me." Borbotto.
Mi risponde il suo silenzio, dato che lei si volta a guardare la strada con espressione corrucciata.
Svolto ancora una volta, ritrovandomi in una via costeggiata da ville.
Quando riconosco una villa sontuosa bianco panna, posteggio al primo spazio che trovo.
Indosso la mia maschera e Jane mi imita, insieme scendiamo dall'auto e quando giungiamo davanti il grande cancello in ferro, sollevo un po' il gomito e piego il braccio, fermandomi ad osservare il suo viso. Punta i suoi occhi azzurri sui miei, facendomi rimanere per un attimo imbabolato come ogni volta. Trattiene un sorriso, che io non remprimo, e scuotendo il capo la prendo a braccetto.
"Sei pronta?" Le chiedo con voce roca, ammorbidendo il mio sguardo, rimasto freddo e vigile sin troppo a lungo.
"Si, sono pronta." Annuisce composta.
Prendo tre la mani una ciocca ribella, uscita dalla pettinatura, trovandola morbida e sotosa al tatto.
La guardo da capo a piedi senza imbarazzo e anzi, con molto interesse  e dopo aver passato lo sguardo su tutto il corpo, mi soffermo ancora sugli occhi.
"E anche bellissima." Le dico.
Arrossisce, come era prevedibile, "Anche tu."
Le sorrido mestamente, "Lo so. Forza, andiamo."
E insieme, con le nostre braccia intrecciate, entriamo.
Immediatamente, si presenta una sala enorme riempita da gente vestita elegantemente, alcuni mangiano al buffet rappresentato da tavoli lunghi imbaditi di cibi raffinati, mentre altri ballano al ritmo della musica divisi in coppie e altri ancora parlano tra di loro. Purtroppo l'ambiente, non appare così leggero, perché non mi sfugge il modo in cui alcuni uomini impartiscono ordini alla propria dama, che subisce in silenzio priva di ogni diritto di ribattere.
Stringo ancora di più Jane a me, e proseguiamo avanti verso il buffet non sapendo bene cosa dovremmo fare.
Non mi sfuggono le occhiate languide che gli uomini rivolgono alla ragazza al mio fianco e in me monta il solito fastidio, "Non potevi indossare un vestito più comprente? Ti stanno guardando tutti." Sbotto nervoso, non riuscendo a trettenermi.
Ghigna al mio fianco, seguendo il mio passo, "Cosa c'è, Sean? Sei geloso?"
Stringo la mascella, espirando violentemente dal naso e provo a coprile le spalle con il braccio, toccando la sua pelle nuda, su cui immagino di sfiorare le labbra per lasciargli tanti baci, poi passo ad osservare la mascella che immagino di mordere delicatamente e infine le labbra, che immagino già rosse e gonfie a causa mia.
Un ragazzo, in divisa da cameriere, cammina tra gli invitati tenendo un vassoio con su dei bicchieri di vetro trasparenti, colorati dal liquido ambroso dell'alcool.
Si ferma davanti a noi e Jane prende due bicchieri, passandomene uno che bevo in pochi secondi. 
Guardo tutti i presenti, osservandoli e studiandoli, quando il mio sguardo si ferma su un ragazzo, da solo, probabilmente nostro coetano, interessato a bere una bottiglia intera.
"Seguimi." Le dico, annuisce in silenzio e fa come chiesto, aggiungendoci accanto al ragazzo, che ci nota e mi risparmia di inventare un motivo per l'approccio.
"Buongiorno ragazzi!" Ci saluta sorridendo con gli occhi scuri allegri, si gratta il capo ricco di capelli dello stesso colore degli occhi e allarga ancora di più la cravatta.
Ignoro il fatto che fuori è gia buio, come dice al contrario il ragazzo con il suo saluto, "Ciao." Provo ad assumere un'aria amichevole e cerco di sorridere con semplicità, "Sono nuovo di questo... ambiente."
Annuisce, buttando giù un altro bicchiere., "Potresti dirmi come funziona esattamente?"
Non mi sforzo più di tanto, dato che il tipo è ubriaco fradicio, non si ricorderà di niente.
Annuisce ancora, "Ma certo, amico, cosa vuoi sapere?" Mi da qualche pacca sulla spalla, scuotendomi e reprimo l'irritazione del suo gesto, con un sorriso ancora più forzato, "Non saprei... la gerarchia?" Chiedo, sperando che la mia supposizione di una 'scala sociale' sia veritiera.
Guarda dubbioso Jane e poi me, "Sta tranquillo, lei può ascoltare." La stringo ancora di più a me, accarezzandole la schiena per tranquillizzarla, data la rigidità della sua postura.
Lei prova a sorridere annuendo, "Beh, è bella e servizievole, quanto vuoi per lei?"
Mi trattengo dal sputargli addosso i peggiori insulti e dal gonfiarlo di botte.
Allunga una mano per toccarle il viso, che schiaffeggio istintivamente, e altrettento istintivamente sbotto "Non toccarla." Poi, capisco di essere stato troppo duro e brusco, non va affatto bene per il nostro piano, "Ehm, non ho assolutamente intenzione di venderla, è mia e basta, amico." Concludo incerto.
Fare il simpatico non mi riesce bene.
Scoppia a ridere come se avessi detto qualcosa di divertente, evidentemente non regge bene l'alcool, scuote il capo "Quindi la gerarchia? Per quel che so io, qui a capo c'è Erick." Si gratta il mento, "Che sta sera non è venuto, credo... Più che altro, lui è la mente mentre Mark è il suo braccio destro."
Annuisco, aggrottando la fronte, "Mark?" Domando, non avendo mai sentito il nome.
"Ma si, il biondino con gli occhi blu, un tacchino sarebbe più intelligente di lui, è letteralmente la marionetta di Erick, lui impartisce ordini e Mark li esegue, non capisco perché si ostini tanto con lui. Mark, mai sentito?"
Chiede sollevando le sopracciglia, riempendo ancora una volta il bicchiere con la bottiglia scura, che quando viene sbattuta sul tavolo, produce un rumore soffocato sulla tovaglia chiara.
"Certo si, ho la mente confusa a causa dell'alcool." Annuisco, provando a sembrare convincente. 
"Come già saprai, ogni tre settimane ci sono le riunioni e..."
Lo interrompo subito, "Riunioni?"
Annuisce vigorasamente, "Ma certo, quelle che ci sono al Bicycle Hotel and Casino, dopo mezzanotte. Il prossimo martedì ce ne sarà una. Hey, ma..."
Comincia a guardarmi sospettoso e alterna lo sguardo tra me e Jane, il sangue comincia a pompare velocemente, "Io non credo che..."
Comincio ad andare nel panico e faccio la prima cosa che mi viene in mente, "UNICORNI." Dico ad alta voce, sentendo la risata di Jane prendere vita incontrolata, seguita poi  dal ragazzo che dice "Amico, penso che nemmeno tu regga bene l'alcool."
Deciso a filare via, prima che al ragazzo vengano altri dubbi mi volto verso Jane, ancora che cerca di trattenere qualche risata, "Amore!" Dico, mascherano l'imbarazzo per quello che ho appena detto, ma deciso a non rivelare il suo nome, "Gli unicorni ballano, andiamo a ballare."
Ignoro il rossore di Jane sul suo viso, la prendo per il polso e insieme attraversiamo la pista da ballo, fino a raggiungere delle scale che mi affretto a salire con lei, trovandoci in un piano buio e silenzioso.
"Che stiamo facendo?" Chiede Jane preoccupata, ignoro la sua domanda ed usciamo fuori nel balcone di una stanza, dopo aver chiuso la porta, che ha la vista su tutta Los Angeles, illuminata dalle luci, le stelle delle terra.
Poggio le mani sullo spesso cornicione in quello che sembra essere marmo, sospirando.
Mi giro poco dopo verso di lei, seduta sullo spesso cornicione con una gamba piegata su questo e l'altra ciondolante, totalmente scoperta a causa dello spacco. La osservo concentrato, immaginandola avvolta a me, le sue gambe attorno al mio bacino, la sua bocca sulla mia.
Mi lecco il labbro superiore, punto gli occhi sui suoi e mi avvicino a lei.
Amore.
Per la prima volta nella mia vita, sento il viso improvvisamente accaldato, quando sono ad un centrimentro da lei.
"Sean, sei arrossito?" Mormora lei perdendosi nei miei occhi, con l'accenno di un sorriso.
Nascondo il viso nel suo collo e poggio le mani sui suoi fianchi "Sta' zitta..." borbotto, reprimendo un sorriso.
"Sei arrossito!" Conferma lei gongolante.
"Vorresti vedere come arrossiresti tu, se ti sbattessi qui, ora?" Le mormoro con voce roca all'orecchio.
La sento schiarirsi la gola, "Lo so che ti piace quando ti parlo in modo sporco..." mormoro con voce roca, pregna di desiderio, "Cambi discorso?" Dice lei.
Faccio scivolare la mano sulla sua gamba nuda, accarezzandola e la trovo liscia al tatto, poi passo a strofinare delicatamente le labbra sulle spalle scoperte, mordendo con leggerenza, come se fosse una carezza e posando subito dopo un bacio, ripeto l'operazione sulla sua mandibola. La sento gemere e questo non fa altro che aumentare la mia voglia di lei, di sentirla fusa a me e glielo faccio capire, ma mi ferma un momento, "Sean, io credo che... prima dovremmo parlarne."

Philofobia - Non smettere mai di guardarmi 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora