Capitolo 23

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"Io non sono rancoroso. Nel limite del possibile, ti riempo di botte subito."
-_ilGuru_ (Twitter)

Fissa il suo sguardo sul mio, già inchiodato alla sua figura da un po', gli faccio un cenno col capo, chiedendogli silenziosamente di seguirmi, lui annuisce e guarda Metthew che essendosi accorto dei nostri giochi di sguardi, ha mollato la prese dal suo amico.
Aspetto che mi raggiunga, prima di voltarmi e cominciare a camminare, attraversando in silenzio i corridoi scolastici, arrivando praticamente dall'altra parte dela scuola, fino ad una porta in legno chiaro, con stampato su un piccolo quadrato con la forma di una croce rossa, con su scritto Infermeria.
Apro la porta, trovando la stanza come la ricordavo, ma anche questa volta non c'è traccia dell'infermiera.
Mi volto a guardare Sean, ancora fermo sulla soglia della porta, che mi guarda a sua volta con uno sguardo indecifrabile. 
"Entra." Gli dico quindi.
"Non mi servono cure." Ribatte questo freddamente.
Sbuffo, sollevando un sopraccoglio e lo afferro per il polso trascinandolo dentro, obbligandolo a sedersi sul lettino. "Non sapevo fossi così intraprendente." Dice sarcastico.
Mi impongo di non arrossire e anzi, di assumere un espressione neutra, "Che è successo?" Chiedo incuriosita, prendendo dai scaffali un pezzo di  cotone idrofilo e bagnandolo del disinfettante. 
"Niente." Risponde semplicemente, ammetto che questa sua improvvisa freddezza mi ferisce. 
Premo la bambagia sul labbro ferito, e lo vedo serrare la mascela, ma non si lamenta né fa alcuna espressione dolorante.
Dopo aver tamponato, butto il cotone macchiato di sangue nel cestino della spazzatura.
Prendo un paio di fogli di carta inumiditi, passandoli sulle sue mani mentre lui rimane fermo e segue con attenzione i miei movimenti, mentre io sento il suo sguardo bruciante su di me.
"Perché lo fai?" Mormora.
"Perché non dovrei?" Chiedo io, buttando i fogli di carta sporchi.
Usciamo dall'infermieria, notando gli angoli della bocca leggermente alzati.
"Sta sera usciamo con April, andiamo al Tropical. Sai, per tenerla lontana da casa, vieni?"  Chiedo.
"Mi vuoi là?" Domanda lui, accendendosi una sigaretta.
"Certo!" Sputo involontariamente, poi mi rendo conto di quello che ho detto ed ignorando il rossore in viso, cambio il discorso frettolosamente, "Non credo si possa fumare qui."
Mi volto ad osservarlo, trovando il suo viso steso in un piccolo sorriso.
"Ah ho capito, vuoi farlo anche tu. Di nuovo." Ammicca trasformando il suo sorriso in uno sghembo.
Sono passati pochi giorni da quella notte sul tetto, in cui Sean mi ha segnata, e mi ha fatto provare per la prima volta il fumo, non che il fumo in sé mi attiri ma con lui ha un non so che di attraente, affascinante. Sembra quasi mi stia includendo nella sua bolla di mistero. Una bolla di fumo.
Poggia il suo braccio sulla mia spalla, avvicinando la sua mano che impugna la sigaretta a me, avvicinandomi a sé di conseguenza, e la poggia sulle mie labbra, che riconoscono l'oggetto cilindrico, aspiro proprio come mi aveva insegnato lui, risentendo in bocca il retrogusto alla mente e butto fuori.
Non appena mettiamo piede fuori la scuola, per raggiungere i nostri amici nel cortile, la bionda irritante parte di nuovo all'attacco, facendomi sospirare stancamente, "Adesso condividi con lei anche la sigarette oltre che il letto!?"
Ho un'insansa voglia di spaccarle i denti, "Già." Risponde freddo come un blocco di ghiaccio il ragazzo al mio fianco.
Mi lancia un'occhiata carica di disprezzo e gelosia, "Non hai mai condiviso con me le tue sigarette."
Sta facendo tutta questa tragedia per delle sigarette, deve essere proprio messa male.
"Ma perché tu fumi?" Chiedo senza rendermene conto.
"Di tanto in tanto." Risponde altezzosa. 
"Quindi?" Chiede Jessica, rivolgendosi a Sean, spronandola a risponderle.
"Cosa?" Sbuffa annoiato.
"Le sigarette!" Ribadisce lei, ricordandogli l'argomento della discussione, il viso che piano piano le diventa rosso, probabilmente per rabbia.
In tutta risposta, lui avvicina di nuovo alla mia bocca la sigaretta facendomi prendere un altro tiro. Casulmente, quando espiro il fumo le finisce sul viso. Facendola infuriare ancora di più, e la scena è abbastanza comica grazie al suo viso rosso, gli occhi irati e il fumo che la circonda. Sembra quasi un toro imbestialito, ad una corrida, che emette fumo dalle narici.
"Jessica, stai rompendo il cazzo. Vattene." Le intima, e la ragazza davanti il suo tono teso e minaccioso, non puo far altro che ubidire, provando a mantenere quella poca dignità che le rimane. Ma probabilmente l'ha lasciata in un bagno maschile.
Scendiamo le scale, tornando dai nostri amici nel cortile che divertiti e ammaccanti hanno assistito alla scena.
Improvvisamente sento uno strano rumore metallico, Sean estrae dalla tasca dei pantaloni il suo cellulare, "Che cos'è?" Chiedo.
"La camice sta sentendo qualcosa." mi risponde aggrottando la fronte mentre fa segno ai mostri amici di stare zitti, e si siede sull'erba.
Lo imito, sistemandomi accanto a lui, "E come..."
Mi interrompe immediatamente, rispondendomi prima ancora che io possa finire di formulare la domanda, "È una sorta di applicazione privata sul cellulare, specifica per il modello della cimice, c'era scritto nel libretto delle istruzioni, non l'hai letto?"
Scuoto la testa in segno di diniego, poi accetta la chiamata.
"Non può sentirci." Afferma Metthew.
Sentiamo la voce di Erick parlare, "Senti Alfred, non lo so." Sta dicendo, piuttosto innervosito, "Te lo ripeto per l'ultima volta, lascia fare a me. Non so quanto sanno quei due, ma del quel che so non hanno contatti con April." Mi guardo intorno accertandomi che non ci sia nessuno, e riprendo la concentrazione, "Sembra totalmente sparita dalla circolazione e inoltre una certa Brooke Clarck è un nuovo membro del gruppo, a quanto pare va nella loro stessa scuola ed è italiana, credo sia un'amica d'infazia della ragazza, quando stava a Detroit, non so molto altro. Non sembra avere alcun tipo di collegamento con April, sono anche fisicamente diverse da quel che mi ha detto Mark." Rimane in silenzio per qualche secondo, "Senti Alfred, il fatto che April sia scomparsa non è affar mio, con lei ti ho dato qualsiasi tipo di responsabilità, non ti sto aiutando, devo solo capire se stanno ficcando il naso in affari che non devono riguardargli, in caso contrario uno dei primi avvertimenti sarà togliere dalla circolazione Jane, che so magari la mandiamo in Messico. Sono sicuro che il contrasto pelle chiara-capelli scuri-occhi azzurri sarà apprezzato in quelle zone. Messico, Brasile... Ho già un acquirente..." poi la voce comincia ad allontarsi, si sente lo schiantarsi della porta, un lieve girare di chiavi e poi il silenzio. 
Guardo di sottecchi i volti di chi mi circonda, il volto triste di April, gli occhi sbarrati a causa dell'incredulità di Kate, gli occhi incupiti di Metthew, il volto freddo e al contempo arrabbiato di Sean. Ma nessuno dice qualcosa, stiamo tutti in silenzio ognuno perso nei propri pensieri preoccupati, scioccati, tristi, arrabbiati. Mentre io sento solo una sensazione di irrealtà avvolgermi.

"Andiamo ragazzi, questa sera dovete divertirvi!" Forzo un sorriso, facendomi largo tra la gente ammassata del Tropical sudata, ubriaca e probabilmente fatta.
Nessuno ha fatto cenno circa la conversazione ascoltata di Erick, ma tutti ci hanno pensato, compresa me. E l'unica cosa che posso fare è provare ad incastrare Erick, per salvarmi la pelle.
"Old fashioned e Martini a volontà. Anche una bottiglia di Bourbon." Ordino al barista, indicando i miei amici e me.
La serata comincia a movimentarsi tra risate e discorsi, anche se i miei spesso forzati a causa del pallino fisso di Erick e Sean non si è scomposto poi molto, è rimasto serio con lo sguardo circospetto, partecipando a malapena,  rispondendo a monosillabi.
Kate, April e Metthew, dopo essersi scolati i cocktail, vanno a divertirsi in pista sotto le luci pulsate e lampeggianti, a ritmo della musica alta, che ti scuote sin dentro le membra.
Mi giro ad osservare Sean, che guarda ancora la folla e nel frattempo, irrimediabilmente, si siede accanto a me al bancone un ragazzo che sembra essere mio coetano, ordina un shottino. Ignoro la sua esistenza, fino a che non mi rivolge la parola, "Ciao piccola."
Partiamo decisamente male, "E addio." Sbotto sbuffando, non oso guardare il volto di Sean.
"Sai, ho un'auto meravigliosa." Tenta ancora, roeto gli occhi al cielo, "Buon per te."
"Non fare la difficile, ti desidero già." Ammicca sorridendo maliziosamente.
Sorrido falsamente, "Ed io desidero darti un calcio nei..."
Vengo interrotta dal suo dito che si posa sulle mie labbra, "Le principesse belle come te non dicono parolacce."
Schiaffeggio la sua mano da me, che rimane dov'è provando ad accarezzarmi il viso, improvvisamente il sul polso viene bloccato e tolto, lasciandolo fermo a mezz'aria, tenuto da una mano ferma a caldo "Sparisci Dereck, prima che ti massacri quella faccia del cazzo che ti ritrovi."
Il suo viso si trasforma una maschera intimorita, scende dallo sgabello e si confonde tra la massa di adolescenti.
"Devi insegnarmelo prima o poi." Faccio un mezzo sorriso, ma lui sospira e si siede accanto a me, "Dovresti sparire."
Aggrotto le sopracciglia, non capendo "Cosa?"
"Dovresti cambiare nome e città, sarebbe la via più sicura per te."  Mi guarda fisso negli occhi ed io rido nervosamente, "Stai scherzando?"
Scuote impercettibilmente il capo, guardandomi con occhi seri e cupi.
"Non lo farò." Esclamo risulta, riempendo il bicchiere di bourbon e bevendone un sorso.
"Non voglio lasciare quello che ho costruito qui. Non ho mai avuto degli amici come Kate, April e Metthew... Nella mia vita non c'è mai stata una persona come... te. Non abbandonerò tutto questo." Borbotto col viso incupito, alterando lo sguardo tra il bicchiere di vetro, colorato dal liquido ambrato e il viso di lui, che oso guardare solamente di sottecchi.
"Pensi... pensi che per me sia facile?" Sbotta lui, "Non avrei mai voluto che succedesse questo, ma potrebbe essere la via più sicura per te."
Scuoto la testa vigorosamente, "No. Mi rifiuto, Sean. Assolutamente no. Non sarò codarda."
"Non è essere codardi, è essere abbastanza furbi da capire quando è ora di salvarsi la pelle.", lo guardo sollevando le sopracciglia, assumendo un'espressione sarcastica, "Quindi se noi fossimo in pericolo ed il principale obiettivo fossi tu, ci lascieresti così? Mi lascieresti ad affrontare Erick da sola?"
Lo vedo serrare la mascella, in una morsa ferrea, "No, certo che no."
Scuoto la testa, "Allora non chiedermi cose che non faresti neppure tu, Sean." Sento improvvisamente un nodo alla gola e la vista un po' appannata. Lasciare Kate? April?Metthew? Lui? No, non se ne parla nemmeno.
Lo sento sospirare, nonostante la musica alta e si avvicina, girando lo sgabello su cui sono seduta verso di se.
Continuo a tenere lo sguardo basso, mentre una ciocca di capelli mi cade sul viso e lui l'acchiappa con due sue dita e la sistema dietro l'orecchio.
Mi solleva il volto dal mento con l'indice piegato.
"Avanti, fallo." Dice sbrigativo.
"Cosa?" Chiedo confusa.
"Quello che fanno le persone... in questi casi." Borbotta agitando le mani aperte verso di se.
"Mi stai chiedendo un abbraccio?" Chiedo titubante.
Scuote la testa, con sguardo infastidito "No, ti sto concedendo di darmelo. Dato che ti serve." Ho capito sta facendo l'orgoglioso.
Non posso fare a meno di sorridere, investita da un'ondata di affetto e gioia, "Ma certo, si. Vieni qui."
Poggio le mani sulle sue braccia per avvicinarlo e lo stringo in un abbraccio.
"Va meglio?" Chiedo stritolandolo.
"Non ero io che ne avevo bisogno." Borbotto ancora.
"Certo che ne avevi bisogno, se no non  l'avresti tirato in ballo." Dico picchiettando il dito sul suo petto.
Lo vedo reprimere un sorriso, "Stai zitta." Fa una piccola pausa, "Sono comunque arrabbiato."
Sollevo un sopracciglio, "E perché mai?"
"Perché fai sempre di testa tua."
"Mi adori per questo." Commento superba.
"Ti piacerebbe."
Sollevo gli occhi al cielo, "Vado a chiamare gli altri, la camera dovrebbe essere pronta."

Philofobia - Non smettere mai di guardarmi 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora