Capitolo 55

172 8 0
                                    

"Questi ricordi sono come fiamme

Ancora bruciano sulla mia pelle"

-Ultimo


"Salutarsi è una pena così dolce che ti direi addio fino a domani."
-William Shakespeare


Le porte dell'ascensore si aprono lentamente, rivelando il pianerottolo deserto e poco illuminato.
Il viso di Sean, accanto a me, è rivestito da un velo di indifferenza dal cui traspare una nota nostalgica e malinconica. Solo un occhio di chi lo conosce potrebbe accorgersi che sotto la sua maschera indifferente, c'è dall'altro.
Un mondo intero da scoprire.
Prendo un respiro profondo, avvicinandosi alla porta d'ingresso della sua casa. Lentamente estrae dalla tasca un mazzo di chiavi, che schiantandosi tra di loro produco un rumore strillante. Attento, sceglie la chiave giusta di casa, dopo aver osservato il mazzo per pochi secondi, e ancora più lentamente inserisce le chiavi nella toppa della porta.
L'indice e il pollice stringono la chiave, ma non la gira e rimane a fissare inerme la superficie scura della porta, con gli occhi scuri, neri come gli abissi, vacui.
Accanto a lui, sollevo una mano poggiandola delicatamente sulla sua schiena, guardandolo con premura.
Stringe le labbra in una fessura sottile, strizzando gli occhi, e con un sospiro gira la chiave dentro la serratura.
La porta si apre e noi entriamo, mentre un piacevole odore che sa di casa e di famiglia ci investe.
L'appartamento è silenzioso, deserto, le serrande sono tutte semichiuse e tra le fessure di queste entra una luce flebile.
Sean cammina verso le profondità della casa, ma io rimango immobile come cristallizzata sul posto.
Vedendo che non lo seguo, si immobilizza e si volta verso di me, "Non vieni?"
Annuisco e lo seguo, sbloccandomi.
La camera da letto di Cheryl è vuota, le coperte sono ben stirate, le tende chiuse e il pigiama lasciato sul letto.
Più avanti, c'è quella che deduco essere la camera di Cassidy.
Sean, espirando, apre la porte socchiusa ed entra.
Sul letto, la figura di Cassidy immobile dorme serenamente sul fianco. Una mano sotto il viso le regge il viso, sotto le palpebre gli occhi si muovono, saettando da un estremo all'altro, l'altra mano è abbandonata sul fianco, le labbra sono socchiuse e da queste escono dei flebili sospiri.
Sean si avvicina a sua sorella, inginocchiandosi davanti a lei. Una sua mano le scosta i cepelli scuri sparpagliati sul vuscino e le dedica una lieve carezza sul volto.
"Cass." Sussurra, con voce profonda e stanca.
La mano prima sui capelli scivola fino al braccio, dalla quale la scuote con delicatezza.
"Cass." Ripete.
Le palpebre della sorellina si schiudono, sbattendo velocemente e delicatamente come il battito delle ali di una farfalla.
Il sottile strato di pelle si ripiega su stessa, rivelando gli occhi di Cass.
"Sean, sei qui." La voce roca di Cass è impastata dal sonno.
Schiarisce la gola, alzando il busto dal letto.
"Si. Sono qui." Mormora.
"È successo qualcosa?" Trattiene una sbadiglio, stroppicciandosi gli occhi ancora assonnati.
"Qualcosa è successo, in effetti." Si alza sulle ginocchie, sedendosi nel letto, accanto alla sorellina, che si piega sotto il suo peso.
"Che cosa è successo?" Mormora preoccupandosi, mentre si accorge per la prima volta della mia presenza e mi sussurra con un cenno della testa e un mezzo sorriso, che ricambio a stento.
"Devo andare via." Spiega il mio ragazzo.
"Via? Via dove? Per quanto tempo? Perché? E la mamma lo sa?" Si sveglia improvvisamente.
Sean prende un profondo sospiro, "New York, probabilmente. La destinazione è ancora incerta. Starò li per qualche paio d'anni, credo. Dovrai spiegarlo tu alla mamma."
La ragazza sgrana gli occhi, incredula, "New York? Ma è lontanissima! Perché devi andare via? Ho bisogno che mi spieghi tutto senza tralasciare niente Sean."
Mi poggio allo stipite della porta stancamente, mentre Sean con espressione contrariata risponde.
"Eh va bene." Manda giu un groppo di saliva.
"Sai già di Erick e del giro, no?" Cass annuisce, guardando Sean negli occhi, preoccupata.
Sussulto per la sopresa, non mi aspettavo che Cass ne sapesse qualcosa.
"Poco dopo l'arrivo di Jane in città, avevo cominciato a non partecipare più alle gare. Erick non ha gradito e mi ha minacciato. Nel giro correva voce che ci fosse un traffico particolare, traffico di donne." A quelle parole Cassy spalanca la bocca inorridita, "Mi ha minacciato, dicendo che avrebbe fatto sparire te, la mamma e Jane alludendo al traffico. In quel periodo Jane è entrata a far parte del giro a causa mia." Fa un piccola pausa, come se dovesse accumulare forza dopo aver detto l'ultima frase. "Sapeva che c'era qualcosa che non andava. Più avanti abbiamo avuto informazioni circa questo traffico e abbiamo incontrato April, che adesso lascerà la città con noi. Tutte le rivolte che ci sono per strada in questi giorni, sai da cosa si sono scatenati?" Chiede Sean.
Cassy annuisce, "Certo, ne parlano tutti. Un utente anonimo ha pubblicato sul web informazioni su alcuni criminali e..." le parole le muoiono sulle labbra.
"Sean..." sussurra, "Siete stati voi."
La voce le trema, "Siete voi Il Giustiziere."
I suoi occhi saettano tra me e Sean, fulminei, "Come avete fatto ad avere tutte quelle informazioni?"
"Abbiamo spiato qualche incontro e fatto qualche violazione di domicilio, nulla di cui tu debba preoccuparti." Liquida la faccenda.
Cassy irritata aggrotta le sopracciglia indispettita, borbottando qualcosa di incomprensibile, "Almeno non vi è successo nulla."
Beh, proprio nulla non direi.
Sean si cristallizza sul posto, abbassando lo sguardo.
"Che cosa è successo!?" Dice stridula.
"Niente di che." Borbotta Sean.
Cassy stringe i denti, non credendo minimamente alle parole di Sean che non accenna a dire la verità.
"Mi hanno sparato e hanno iscenato la mia morte." Dico al posto di Sean, che mi lancia un'occhiataccia.
"Sean! Non avresti dovuto rischiare tanto! E se fosse successo qualcosa di più grave? E se ti fosse successo quacosa? Come avremmo fatto io e la mamma senza di te?" Gli occhi di Cassy diventano umidi, ingoglia il nodo alla gola e stringe Sean in un abbraccio.
Sean poggia la mano grande sulla schiena della sorella, "Dovrai sopportarmi ancora per un po' di tempo, Cass-Cass."
Il suo viso si contorce in una maschera tragica e buffa, "Cretino." Gli da uno schiaffo sulla spalla, provicandogli una risata roca e profonda.
Sean si alza, trascinando con sé Cassy, "Forza Cass, devo prendere un paio di cose in camera mia per il viaggio, mi aiuti?"
Insieme andiamo tutti nella camera di Sean dove io e Cassy sediamo sul suo letto, mentre il ragazzo apre le ante dell'armedio. Dal fondo dell'armadio estrae un borsone di medie dimensioni, aprendolo sulla scrivania.
Si riavvicina all'armadio, scrutandolo minuziosamente.
"Allora... Potrei venire a New York per il college." Sorride Cassy, arrotolandosi una ciocca di capelli nell'indice.
Da questa posizione posso ammirare il sedere sodo di Sean e le spalle larghe, che guardo con una certa insistenza.
"Non è certo che andiamo a Miami, Cass-Cass." Borbotta Sean, prendendo dall'armadio, un paio di magliette e dei pantaloni e riponendole a casaccio nel borsone.
"Quale sarebbero le altre scelte?" Chiede curiosamente.
Sean solleva le spalle, prendendo tante paia di calzini, "Vancouver, Washington..."
"Mi piacciono tutte queste città. È deciso, farò il college dove andrai tu." Incrocia le braccia sfoggiando un ghigno soddisfatto.
"E chi ti ferma, Cass."

Nel sedile accanto al mio, Sean si siede nel lato del guidatore con espressione corrucciata.
Nel sedile dietro, il borsone preparato solo poco tempo fa giace stracolmo, riempito con Cassy accanto che prima di andare ha salutato Sean con le lacrime agli occhi, che alla fine non è più riuscita ha trattenere. Ci ha salutati con un sorriso, interrotto dalle lacrime che le solcavano il viso delicato. I due fratelli si sono scambiati un abbraccio carico di affetto e di dolore, causato dal doversi separare. Sean è rimasto in silenzio da quando l'ha salutata, dal suo viso è impossibile non notare la nota di preoccupazione che stona con la solita maschera di indifferenza. Le mancherà, è evidente e so che non sopporta lasciare le due donne che in questi due anni si è impegnato a proteggere. "Posso farti una domanda?" sussurro nel silenzio dell'auto. Annuisce senza rimuovere lo sguardo vacuo dalla strada. "Non ti ho mai chiesto come sei entrato nel giro di Erick, all'inizio." continuo a guardarlo.
"Ti sembrerà strano, ma all'inizio Erick non era così male. Io e Mett lo conoscevamo già, lo avevamo incontrato al Tropical, una sera. Non dico che era un ragazzo innocente, ma aveva ancora aveva qualche rotella apposto." Prende un respiro profondo, "E poi Annie lo rimetteva sulla giusta strada. Era una ragazza testarda e cocciuta, quasi quanto te." Una risata profonda gli scuote il petto, gli occhi persi tra i ricordi. "Dopo aver scoperto la verità su mio padre, e dopo che lui si riprese, lo denuciammo. Ci furono una serie di processi, lui dalla sua parte aveva dei bravi avvocati, ma le prove erano schiaccianti e tutti i soldi che aveva accumulato non servirono per salvargli il culo." Riprende dopo una piccola pausa, con un grugnito, "Dopo che mio padre andò in prigione, ci tagliò tutti i fondi. Chiuse persino il conto bancario che condivideva con mia madre e cambiò tutte i pin delle sue carte. Mia madre era troppo distrutta da tutto quello che stava accadendo, in ufficio furono comprensivi e non la licenziarono ma lei credeva che tutto questo sarebbe stato uno scandalo, credeva che tutti i suoi colleghi e le sue colleghe avrebbero parlato alle sue spalle. Si vergognava di quello che è accaduto e non lavorò per qualche mese. I soldi stavano finendo, dovevo gestire quello che ci rimaneva e non è stato affatto facile. Sapevo che Erick gestiva una rete abbastanza fruttuosa e gli chiesi di partecipare. Accettò ed io, in questo modo, riuscì a mantenere la mia famiglia. Non ho mai nascosto loro quello che facevo, non me ne vergognavo neppure." Schiarisce la gola, svoltando a destra con l'auto. "In quel periodo mia madre si licenziò e cercò un lavoro in un altra compagnia. In qualche modo, il fatto che io entrai in un giro losco le fece tornare le forze e la voglia di lottare per la sua famiglia. Mia madre tornò a lavoro, ma io non uscì dal giro. Mi piaceva correre. Mi piace. E frutta bene, non vedevo il motivo di abbandonarlo. Sono passati pochi anni, ma a quell'età ero ancora molto ingenuo." Passa la lingua sul labbro inferiore, "Metthew si unì al giro poco dopo di me. Non aveva problemi di soldi, no. Ma credo che sia entrato per non lasciarmi solo e perché nemmeno a lui dispiaceva fare soldi facili con qualcosa che gli piaceva." I suoi occhi color delle tenebre, si spostano brevemente dalla strada, per posarsi su di me. "Quello che io, mia madre e Cass abbiamo passato è stato tremendo, ma mi ha fatto apprezzare prima del tempo il valore della famiglia. Mi sono preso cura di loro e non me ne pento, non rimpiango nulla di tutto quello che ho fatto per loro. Non rimpiango d'aver dovuto lavorare per loro, di essere entrato per loro in quel giro, non rimpiango tutte quelle volte in cui mi sono alzato nel cuore della notte sentendo Cassy piangere a causa degli incubi, non rimpiango di averla consolata e di essere rimasto con lei fino a che non si addormentava." Sussulto sul posto quando mi accorgo delle guance umide e bagnate a causa delle lacrime. Non mi ero accorta di piangere e mai me lo sarei immaginato. Sean accosta davanti al marciapiede che da sulla ringhiera del ponte. Quello stesso ponte in cui mi fece saltare con lui, in cui mi chiese di non smettere mai di guardarlo. Accenno un sorriso al ricordo e sussulto una seconda volta quando sento il pollice di Sean sfiorarmi il viso, per togliermi una lacrima ribelle.
"Perché piangi, Jane?"

Scuoto la testa, "Non capisco come faccia certe gente a vedere del mostro in te, non capisco come mai nessuno si è mai accorto della solitudine che provi. Ti ho osservato a lungo Sean e non ho mai visto niente di brutto in te."
Le sue labbra si socchiudono, come se persino loro stesse fossero sorprese, stupide, "Nemmeno io ho mai visto qualcosa di brutto in te. Fino a poco tempo fa, credevo che non ci sarebbero mai potute essere altre donne importarti al di fuori di mia madre e Cassy. Devo confessarti che mi sono ricreduto, perché adesso tu rientri in questa piccolo cerchia. Non sopporto il fatto di non poter più proteggere mamma e Cassy, o almeno di non poterlo più fare come prima, però sono certo che non permetterò più a nessuno di poterti ferire. Nessuno ti sparerà più, né inscenerà la tua morte. Mai più."

Philofobia - Non smettere mai di guardarmi 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora