Capitolo 22

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"L'amore è una sigaretta col filtro ficcata in bocca e accesa dalla parte sbagliata."
-Bukowski

"Dove dovresti metterla?" Chiedo abituandomi alla semioscurità dell'ufficio di Erick.
Sean rigira tra le mani la cimice, guardandosi intorno, "Non abbiamo molta scelta, probabilmente sotto la scrivania è il posto migliore per sentire meglio." Si abbassa, posiziondo l'oggetto microscopico sotto il tavolo della scrivania.
"Andiamo." Dice quindi, una volta finito.
Lo seguo fuori l'ufficio, che richiudiamo silenziosamente.
Una volta usciti dal vecchio magazzino, veniamo investiti dall'aria frizzate e fresca, ma piacevole, invernale "Ci vediamo a casa." Dico con un cenno del capo, lui annuisce ed entrambi entriamo nelle nostre auto, mettendo in moto e sfrecciando per le strade di Los Angeles, trafficata persino alle ore più impensabili.
Aspettami.
Mi tornano in mente le parole che mi aveva detto Sean al ballo in maschera a cui ci siamo infiltrati, al suo corpo poggiato al balcone, i capelli scuri illuminati dalla luce argentea della luna, le spalle ricoperte della camicia, il modo in cui si è avvicinato, in cui ha parlato, sospirato, accarezzato, stretto.
Provo a prendere dei respiri profondi, cercando di calmare il mio povero cuore che batte forte e furioso nel petto.
Lo aspetterò, questo è certo, ma molte volte mi sento così insicura quando si tratta di lui, quando mi guarda in quel modo che fa rabbrividire, sembra scavarmi dentro fino ad osservarmi l'anima, fino ad osservarmi in profondità, paradossale dato che ho sempre pensato che fossero i suoi occhi così profondi da essere senza un limite.
Scuoto la testa, forse nella speranza che i pensieri scivolino via.
Probabilmente dovremmo pure iscrivere April a scuola.
Sospiro, scendendo dall'auto appena parcheggiata ed entro nel palazzo seguita da Sean, taciturno e misterioso come sempre.
Qualche volta, sembra che ogni sua azione sia estremamente controllata e calcolata, ma non nei momenti intimi che condividiamo.
Le porte dell'ascensore si aprono, rivelando il piccolo spazio vuoto ed entriamo.
Sospiro stancamente, mentre lancio qualche occhiata a Sean, di sottecchi.
Poco prima che le porte si aprono però, lui intercetta il mio sguardo, probabilmente sentendosi osservato e salvata dall'ascensore, esco in fretta provando a nascondere il rossore nato sul volto, essendo stata colta in flagrante, con i capelli, abbassando il capo cercando le chiavi di casa.
"Prima o poi ti darò una copia delle chiavi, ormai tu e Metthew vivete praticamente qui." Borbotto, provando a cambiare l'argomento. 
"Ti dispiace?" Chiede lui, con voce neutra ed interrogativa.
"Non ho detto questo." Dico nervosa senza un motivo in particolare.
Entro in casa, trovandola buia e silenziosa, sedendomi sul divano.
Tocca a me cedere il letto ad April questa notte, probabilmente staranno già tutti dormendo, d'altronde è notte inoltrata.
Sean mi si avvicina, con una bottiglia trasperante riempita di un liquido ambrato, stretta nella sua mano grande e calda. "Andiamo."
Alzo un sopracciglio, ma mi alzo curiosa e lo seguo fuori dalla porta.
Non ci metto molto a capire che mi sta portando sul tetto del palazzo, dopo che entrati di nuovo in ascensore preme l'ultimo numero.
Una volta arrivati, usciamo sul tetto e andiamo verso il cornicione, "Non ci veniamo da un po'." Dice semplicemente. 
Sorrido, "Poi mi sembravi... agitata." Continua.
Arrossisco spontaneamente, senza alcun vero motivo logico e annuisco poggiandomi sul cornicione, guardando le vie e i palazzi della città illuminati. La vista è decisamente bellissima.
Accende una sigaretta portandola alle labbra, mentre io svito il tappo della bottiglia, tracannado il contenuto che scende dalla mia gola, infiammandola, come se stesse passando del vero fuoco.
Simile al fuoco che abbiamo acceso spesso io e Sean, al cottage.
Lo stesso cottage in cui ci siamo fusi per la prima volta.
Ingoglio la saliva, il fumo mi finisce sul viso e mi volto corrugando il viso, mentre Sean prende un sorso della bottiglia, e mi osserva con un sopracciglio alzato, probabilmente causato dal mio strano cipiglio.
Si avvicina a me ancora di più, osservandomi come un predatore osserverebbe la sua preda, il suo prossimo pasto.
"Vuoi per caso provare?" Mi chiede, agitando la mano in cui è stretta la sigaretta.
Non avevo mai pensato di fumare, non ne avevo mai sentito il bisogno e quella domanda, mi ha decisamente colta alla sprovvista.
"Io..." mi fermo un momento quando lui poggia il braccio sulle mie spalle  e si abbassa alla mia altezza, "Non ho mai provato. Non ci ho mai pensato, a dire la verità."
E adesso passa la lingua sul labbro inferiore, e mi guarda quasi come se fosse affascinato dal tentarmi al peccato. Ma il peccato mi affascina già di per sé e il suo sguardo tra il bramoso e l'ammaliatore, mi sta totalmente seducendo.
Avvicina lentamente la sigaretta, stretta tra le sue dita, alle mia labbra, fermandosi un attimo prima che questa poggi su di me, come a volermi chiedere conferma, ma non mi scosto né ribatto e alla fine le mie labbra entrano a contatto con l'oggetto del peccato, ancora retto dalle sue mani, "Devi aspirare." Sussurra nel mio orecchio.
Faccio ciò che dice e un sapore che avevo sentito solo leggero sulle labbra di Sean, mi invade la bocca con un retrogusto alla menta causandomi un colpo di tosse, obbligandomi a sputare tutto fuori.
Ritira la mano velocemente, nascondendo un piccolo ghigno, "Non preoccuparti è normale."
Mi accarezza i capelli, "Ah... ok." Mormoro.
Non posso credere di averlo fatto veramente, sembra quasi surreale.
"Non l'avevo mai condivisa, sai?"
Mi chiede, fissando lo sguardo nel vuoto, perso tra chissà quali pensieri.
"Ah si?" Chiedo incerta, cercando di capire il significato delle sue azioni.
Annuisce silenziosamente, "Immagino ci sia sempre una prima volta, allora." Sussurro, sorridendo.
"Già." Mormora piano, bevendo un altro po' dalla bottiglia.
Poggio il viso sul suo petto, trovandolo solido e caldo, venendo accolta da una sensazione di pace e serenità, mi sento a casa, nel posto giusto.
Si abbassa, fino a sfiorarmi il collo con le labbra, provocandomi mille brividi sulla pelle, mordendo la pelle e facendomi sussultare per l'improvviso contatto. 
Aspira ancora dalla sigaretta, ma prima si espirare preme le sue labbra sulla mie, annebbiandomi i sensi, e mentre il bacio comincia a prendere vita sulle nostre labbra, il fumo si fonde ai nostri sapori, confondendosi nel bacio stesso.
Si scosta lentamente, lasciandomi interdetta, e aspira di nuova dalla sigaretta, poi si avvicina ed espira solamente quando comincia a baciarmi e a mordermi il collo, scendendo giù fino alla clavicola e ancora più giù dove non riesce ad arrivare a causa dei vestiti.
"Che stai facendo?" Gemo incontrollata, facendomi persino vergognare.
"Ti sto segnando." Dice con voce profonda, all'apparenza ferma e controllata, ma ho come l'impressione che dietro ci sia una tempesta.
"Che significa?" Chiedo spaesata.
"Non lo so." La sua mano mi stringe i fianchi da sotto gli indumenti, prima scende fino al fondeschiena, che stringe causandomi un sussulto, poi sale fino alla schiena, sotto il reggiseno, provocandomi altri brividi.
La sua mano vaga indisturbata e libera sul mio corpo, la sigaretta quasi consumata ma non del tutto, la sua mano, non più sulla schiena, che mi stringe sotto il reggiseno facendomi ansimare, mi bacia di nuovo sempre con trasporto, ma questa volta con più dolcezza, poi sostituisce le sue labbra con la sigaretta, aspiro senza averci nemmeno pensato, non tossendo questa volta, poi lo fa lui e infine la butta nel vuoto. E riprende a baciarmi di nuovo, io imito quello che ha fatto lui un attimo fa.
Ti sto segnando anche io, Sean.

"Ancora non mi hai detto come avete fatto ad iscrivermi a scuola." Dice April, richiudendo il suo armadietto.
"Non ne ho idea, se ne sono occupati Sean e Mett." Rispondo aprendo il mio, la vedo grattarsi ancora l'occhio destro, adesso anche arrossato, "E smettila di grattarti."
Lei sbuffa, abbassando la mano, "È per questa lentina..."
Sollevo lo sguardo al cielo, mentre Kate ci raggiunge sorseggiando un cappuccino preso alla macchinetta, "Dai, un occhio azzurro e uno marrone non è cosi male, la lentina azzurra ti sta bene."
Kate annuisce, concorde con me, "E poi ricorda che ti serve per nascondere meglio la tua identità." Sussurra.
"Già, Brooke." Dico rimarcando il suo finto nome.
April sbuffa, "Clark, che cognome di merda... Preferivo stare a casa che tornare qui in prigione."
Kate ride genuiamente, mentre io la seguo a ruota contagiata dalla sua risata.
"Oh, ma che bel quadretto, come si chiama? Le tre sfigate?" Entra in scena l'amabile Jessica, con le sue parole come sempre pregne di affetto. Seguita dalla sua amica Megan, adesso quasi come nuova.
"Vi duplicate nel tempo libero? Il conto era ferma a due prima." Dice proprio la ragazza che avevo pestato quasi a sangue.
"Cosa c'è Meg, vuoi che questa volta ti mandi in coma o che ti spezzi l'osso del collo?" Dico sarcasticamente, intenzionata ad allontanare le due ragazze pestifere.
Il suo viso si trasforma in una maschera oltraggiata, quasi come se fosse la regina d'Inghilterra, "Ma come ti permetti tu brutta..."
La interrompo, prima che possa dire qualcosa che le causerebbe veramente il coma, alzo il mento puntando i miei occhi nei suoi, con aria di sfida, "Forse preferisci che ti spezzi la spina dorsale, paralizzata a vita, che ne dici? Allettante, eh?"
La mia vena diabolica oggi è gran in forma.
A difendere Megan è la sorellastra di Kate, "Come osi!?" Strilla con voce acuta Jessica, "Tu sei solo una puttana."
E anche oggi si andrà in presidenza e avrò un'altra sospensione, sbuffo quasi stancamente, provando a contenere la mia rabbia che si sfoga nella mia mano alzata, stretta in un pugno, che va dritto sul naso di Jessica. Ho come un dejá-vù.
Il pugno viene bloccato a mezz'aria da una mano calda e forte, "Ti lascio per pochi minuti e già pesti qualcuno?" Chiede divertito.
"Sean, perché l'hai fermata? Stava per realizzare di nuovo il mio sogno!" Lagna Kate, guadagnandosi una risata sbuffata da April.
"Non credo le giovi un'altra sospensione." Risponde tranquillamente. 
Le due ragazze, probabilmente stufe di essere a corto di attentenzioni, ci lanciano delle occhiatacce, Jessica emette un verso stridulo mentre Megan sbuffa infastidita e se ne vanno insieme chissà dove.

Io, April, Kate e Metthew usciamo dalla mensa, dopo aver pranzato, dritti in cortile. Mi guardo in giro, cercando con lo sguardo Sean che sembra essersi volatilizzato da questa mattina.
"Allora, come è andato il primo giorno?" Chiede Metthew, incuriosito ad April.
"Stressante." Borbotta la rossa, col viso segnato dalla stanchezza. 
"Ed è solo il primo giorno." Ridacchia Kate.
"Questa sera pretendo di uscire a bere qualcosa..." Borbotta April.
"Ma certo." Rispondo Kate, sin troppo velocemente. 
Le do una gomitata sulle costole, vuole farci scoprire? Pochi giorni fa Kate ha deciso di lasciare una stanza ad April, prendendo una parte sella sua stanza e fondendola col magazzino, per creare due stanze.
Siamo usciti prima da casa oggi per questo motivo, gli operai sono entrati subito dopo e non finiranno prima di sta sera tardi. 
April non sembra badare alla risposta affrettata della bionda, perché la sua attenzione, così come la nostra, viene attirata da una piccola folla di studenti accalcati a guardare qualcosa. Anzi, non qualcosa ma qualcuno, due ragazzi che se la stanno dando di santa ragione.
Uno dei due ragazzi, non è un ragazzo qualsiasi, ma proprio Sean che gli assesta un pugno in pieno viso, così forte che sento il naso del ragazzo biondo scricchiolare e poi sanguinare.
Sembra che la lotta fra i due non sia iniziata da poco, anche perché Sean ha il labbro spaccato e sporco di sangue ma non è lui quello messo peggio, ovviamente. L'altro ragazzo, oltre ad avere probabilmente il naso, ha un occhio nero, lo zigomo arrossato e il labbro tagliato.
Sean lo solleva dal colletto della maglia, sbattandolo alla parete, prima di buttarlo a terra.
Vedo i suoi muscoli guizzare, contrarsi e gonfiarsi, sotto la maglietta nera che fascia alla perfezione il torace e l'addomale, gli occhi incupiti, le labbra strette in due fessure, i capelli sparati in direzioni diverse.
Metthew solleva l'amico, togliendolo da sopra il malcapitato, tenendolo fermo dalle spalle con difficoltà. 
Il ragazzo si solleva da terra traballante, guardando Sean intimorito che gli scocca un'occhiataccia, e fugge via nei corridoio della scuola come un codardo.
"Andate via." Sbotta il biondo alla folla di impiccioni che ha guardato la rissa tra i due ragazzi.
La folla si dirada, la campanella suona e gli studenti tornano in classe o vanno a casa, e il corridoio rimane silenzioso e vuoto eccetto per noi cinque e il respiro ancora affannoso di Sean, il cui torace si abbassa e si alza ritmicamente, e i mormorii di Metthew sussurati all'orecchio dell'amico, che risponde a bassa voce e lo sento ringhiare fino a qui, un ringhio che mi scuote le membra e le ossa.

Philofobia - Non smettere mai di guardarmi 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora