Capitolo 38

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Trova qualcuno che ti faccia dimenticare il tuo passato, la tristezza. Trova qualcuno che ti cambi la vita, che la renda migliore, che sostituisca e riempia il vuoto di chi se n'è andato. Trova qualcuno per cui valga la pena sorridere.
-Marilyn Monroe

"Dove stiamo andando?" Chiedo a Sean, al volante della sua auto che guida a bassa velocità, quasi a passo d'uomo.
"Lo vedrai." Risponde sereno, con lo sguardo puntato sulla strada.
Sbuffo curiosa, incapace di trattenere la voglia di scoprire cosa stiamo facendo.
Tra le vie di Hollywood, che continuo a guardare affascinata, Sean svolta a destra, posteggiando davanti una struttura non molto alta, sul quale spicca l'insegna Madame Tussauds Hollywood.
Scendiamo dall'auto e mentre i rumori del traffico del quartiere si fanno più vividi, un'ondata di freschezza notturna mi investe.
"Che cosa è?" Gli chiedo, affiancandolo, indicando l'edificio.
Seguo la direzione del mio dito, "Oh quello, il museo delle cere di Hollywood. Alcuni dicono che i personaggi rappresentati siano molto realistici."
Non mi aspettavo fosse un museo delle cere, "Ci sei mai andato?" Chiedo curiosa.
"Ero molto piccolo e non ricordo nulla." Scrolla le spalle in in gesto indifferente, "Comunque, non siamo qui per questo."
Piego la testa di lato, guardandolo in tralice, "Ah no? E per cosa allora?"
"Guardati attorno, Jane." Mi consiglia.
Purtroppo alle tre del mattino il mio spirito d'osservazione non è alle stelle perciò mi guardo un po' intorno, provando a capire il perché siamo qui.
Sul marciapiede ci sono dei carretti che vendono zucchero filato e hot dog, le auto sfrecciano sulle strade mangiando l'asfalto, i passanti ci lanciano delle occhiataccie perché non ci muoviamo coi piedi fissi sul pavimento senza muoverci d'un millimetro.
"Chiedo l'aiuto da casa." Faccio un sorriso sghembo, non capendo proprio il motivo della nostra permanenza qui.
Sul suo viso passa l'ombra di un sorriso trattenuto.
Alza la mano portandola sopra la mia testa e con un dito, spinge la mia testa verso il basso obbligandomi a guardare il marciapiede.
Ingoglio la saliva, guardando sotto i piedi la stella di Elton John.
"Oh mio Dio." Sollevo gli occhi sopresa, puntandoli su quelli di Sean.
Adesso il suo viso esibisce un sorriso mozzafiato, uno di quelli capace di farti tremare le gambe diventare improvvisamente di gelatina.
"Siamo... Siamo..." balbetto, boccheggiando, in cerca d'aria.
"Si Jane, questo è il Walk of Fame. La strada delle celebrità." Afferma orgoglioso.
Non riesco a trattenermi e gli butto le braccia al collo, circondandolo, e stringendolo in un abbraccio euforico di gratitudine.
"Cristo. Non hai idea quanto io abbia desiderato per anni di camminare su queste stelle. Non so nemmeno il perché non ci sia venuta prima."
Reprimo un urlo isterico, "Lo desidero si da quando ero una piccola cittadina di Detroit."
"Beh, piccola lo sei ancora." Mormora sorridendo sghembo.
Lo stritolo ancora in un abbraccio, questo ragazzo non finirà mai di soprendermi.
Sciolgo l'abbraccio sorridendo da un orecchio all'altro, mi affretto a stringere la sua mano grande nella mia, che è così piccola che riesco a mala pena a stringere quattro dita.
Provvede a migliorare la condizione, probabilmente prevedendo che avrei potuto rompergliele per sbaglio, intrecciandole.
Lo trascino lentamente lungo tutto il marciapiede nero, punterellato di spruzzi bianchi che ricordano delle fitte lentiggini, interrotto dalle stelle a cinque punte di un rosso amaranto brillante. 
Calpestiamo le stelle di Elvis Presley, di Walt Disney, di Michael Jackson.
"Guarda la stella di Marilyn Monroe!" Esclamo indicandola a terra.
"Lì invece c'è la stella dei Queen." Mi indica ed io lo trascino per vederla più da vicino.
Credo di avere gli occhi a forma di stelle per quanto sono rimasta a lungo ad osservarle.
Gli sorrido puntando i miei occhi nei suoi, "Voglio un hot dog." Dico senza ritegno.
Scuote la testa sorridendo e insieme, ancora mano nella mano come se fosse un sogno, andiamo al carretto che vende cibo di strada.
L'uomo grasso dietro il carretto, indossa un grembiule in origine bianco, adesso tutto macchiati di olio bollente schizzato e salse, e ci sorride chiedendo il nostro ordine.
Sean ordina due hot dog classici e l'uomo si mette a lavoro, con la fronte sudaticcia e i capelli unti.
Prende due wrustell mettendoli nel pane dorato, prende i contenitori della salse e le spreme sulla carne, decorandola. Ci passa gli hot dog e Sean paga il conto, in altre occasioni mi sarei offerta per pagare io, ma sono troppo presa dalle stelle, dall'hot dog e da Sean.
Sono pensieri difficili da gestire nella mia mente.
Affondo i denti sul cibo, mentre la salsa mi esplode in bocca e le mie papille gustative esplodono di gusto.
Non posso fare a meno di gemere vergognosamente, mentre chiudo gli occhi, a causa delle bontà dell'hot dog.
Quando sollevo le palpabre, intercettando lo sguardo di Sean.
I suoi occhi hanno una scintilla di ammonimento e di lussuria insieme, "Jane, stai mangiando un hot dog. Non fare certi versi."
Mi affogo, cominciando a tossire come un tricheco asmatico e quando riesco a prendere aria, sollevo nuovamente lo sguardo su di lui, boccheggiando, trovando il suo viso aperto in un ghigno soddisfatto.
Finisce di mangiare e lentamente prende a camminare verso la sua auto, marciando sulle stelle come se lui stesso fosse una celebrità.
Mi affretto a seguirlo, mandando giù il mio ultimo pezzo.
Lo affianco e mi volto a guardare il suo profilo deciso ed elegante, che si distingue tra tutti gli altri, come se fosse una stella in mezzo alle altre ma che si contraddistingue per la sua lucentezza.
Mi chiedo come faccia ad essere così bello persino a quest'ora della notte.
Senza neanche accorgermene arriviamo alla sua auto, che apre cliccando il tasto sulle chiave.
Una volta saliti, Sean mette in moto il veicolo, mi aspettavo che la stanchezza mi assalisse tutta insieme, facendomi crollare, una volta seduta sul comodo sedile ed invece il mio corpo sembra ancora vibrante d'energia.
"Grazie ancora." Gli sorrido, sentendomi in dovere di ringraziarlo per il bel gesto.
Abbassa brevemente il capo, con gli occhi fissi sulla strada.
"Stiamo andando a casa? Oppure da qualche altra parte?" Chiedo energicamente.
Gli angoli delle sue labbra si arricciano all'insù, appena percettibilmente, "Sta' buona."
Ridacchio, mordendomi le labbra, con la speranza di non tornare a casa.
Evidentemente Hollywood sembra avere questo strano effetto su di me, questa vitalità che sembra implacabile.
Sfrecciando sulla strada, usciamo da Hollywood ed entriamo in un altro quartiere, un quartiere residenziale a giudicare dalle ville lussuose e imponenti. Accostate ai marcipiedi ci sono poche auto, che sembrano costare davvero parecchio, mentre dai cancelli delle ville sfarzose, se ne intravedono altre posteggiate dentro.
Le strade, che sembrano asfaltate da poco dai colori vividi, sono perfettamente pulite, così come i marciapiedi e a dividere una corsia dall'altra, e di tanto in tanto sui marciapiedi, crescono delle palme rigogliose.
"Dove siamo?" Mi guardo attorno, osservando tutto il lusso che mi circonda.
"Beverly Hills." Ecco spiegata la pomposità esagerata.
"Come mai siamo qui?" Chiedo curiosa, con un sorriso a fior di labbra.
"Quante domande, Jane." Evita il mio interrogativo.
Il tempo passa, troppo lento per i miei gusti, e attraversiamo gran parte di Beverly Hills fino a quando accosta l'auto, vicino al marciapiede.
Apre lo sportello, uscendo dall'auto, ed io mi affretto, ancora una volta, ad imitarlo e a seguirlo.
Si addentra in una piccola stradina buia, tra due ville, ricoperta dagli alberi mentre io lo affianco per non rimanere indietro.
Pianta i piedi per terra, fermandosi e si volta verso la staccionata di una villa. Ho come l'impressione che quello che accadrà tra poco sarà un tantino illegale.
Mi afferra per i fianchi, facendomi sussultare sopresa, e mi solleva per poi farmi atterrare al di là della staccionata.
"Che cosa stiamo facendo?" Chiedo elettrizzata, mentre lui scavalca per raggiungermi.
"Oh niente di che, una piccola violazione di domicilio." Risponde pacato, come se quello che ha detto prevedesse qualcosa di perfettamente normale e abituale.
Ci addentriamo nella villa sontuosa, calpestando l'erba verde perfettamente tagliata, mentre io mi guardo attorno circospetta.
"E se ci scoprissero?" Chiedo titubante.
Scrolla le spalle, "Non hai visto che la loro auto non c'è?"
Ehm no, a dire il vero.
Sean si avviccina alla piscina, riempita fino all'orlo e comincia a spogliarsi.
Inevitalmente il mio viso si colora di rosso, "Che fai?"
Mi guarda con ovvietà, sorridendo un po' "Un bagno. Tu no?" Toglie la maglia, che lascia cadere a terra, sulla felpa, e porta le mani ai jeans, slacciandone il bottone.
Si butta in piscina non appena sfila anche i jeans, e riemerge dall'acqua cristallina, con il viso ed i capelli bagnati, dai quali delle goccioline scendono placide.
Vedendomi li impalata raggiunge il bordo piscina, poggiandosi su le mani e si issa su, mettendo in evidenza i muscoli delle braccia che si gonfiano, mentre l'acqua richiamata dalla gravità, scende giù tornando ad uniformarsi al resto.
Cristo, è una visione.
Una bellezza sovrannaturale.
Si avvicina a me, mentre la mia bocca diventa secca e il mio cuore batte forte.
"L'acqua è calda. Dovresti provare." Mi consiglia.
Annuisco, come incantata dalla sua voce profonda, e porto le mani all'orlo della mia felpa.
"Aspetta." Mi ferma, "Faccio io." Mi sorride perverso, aiutandomi a sfilare la felpa.
Ammaliata com'ero, ho dimenticato di dovermi fare aiutare a causa della ferita.
Mi spoglia dei miei vestiti e delle garze, lento e sensuale, lasciandomi in intimo.
Il sangue affluisce velocemente al viso mentre lui mi afferra delicatamente le mano e mi conduce verso l'acqua.
Si tuffa per primo ed io mi siedo sul bordo piscina, immergendomi.
Guardo Sean uscire le braccia dall'acqua e avvicinarle al bordo piscina, prende i suoi pantaloni estraendone l'accendino e la sigaretta, che accende riponendo subito dopo l'accendino nella tasca.
Porto alle labbra la sigaretta mentre stende le braccia sull'orlo della vasca. Di tanto in tanto piega il gomito per aspirare dalla sigaretta, mentre un leggero vento gli scomipiglia i capelli bagnati.
Ammaliata cammino verso di lui, a causa della poca profondità della piscina, fino a quando i nostri corpi non si sfiorano.
Sprofondo nei suoi occhi neri, che mi avvolgono e che rapiscono tutta la mia attenzione.
Lo vedo aspirare dalla sigaretta ancora una volta e il mio sguardo cade inevitabilmente sulle labbra rosa, bellissime e morbide.
Mi obbligo a tornare sui suoi occhi, deglutendo a fatica, che trovo già fissi sui miei.
Avvicina il suo braccio al mio corpo, poggiando la sua grande e calda mano sulla mia schiena sulla quale esarcita pressione, finendogli addosso.
Mi rilasso quando i nostri corpi entrano a contatto ed io provo a stringermi di più a lui, impercettibilmente.
Avvicina la sigaretta, stretta dalle sue dita al mio viso invitandomi ad aspirare ed io rapita succhio quando la sigaretta si poggia sulle mia labbra.
Sputo fuori il fumo, mi giro poggiando la testa sul braccio guardando le rade stelle luminose.
Mi faccio coraggio, sospirando, ha fatto tutto questo per me, per distogliere i miei pansieri dalla riunione a cui ho assistito questa notte, è giunto il momento di vuotare il sacco.
Prendo una profonda boccata d'aria, inalando il suo profumo, "Sono riuscita a cogliere dei nomi, alla riunione." La sua attenzione è completamente rivolta a me, il suo sguardo brucia sulla mia pelle mentre io mi perdo nell'oscurità della notte, con lo sguardo rivolto verso il cielo, e godo della sua attenzione.
"Erano presenti Erick, Mark, Garcia, Adolf e le sorelle Grace e Donna Jones." Prendo una pausa, "C'erano anche altri uomini, ma non hanno fatto presente i loro nomi."
Punto gli occhi sui suoi, trovandoli già fissi sui miei, aggrotta le sopraccigloa, "Hai detto Grace e Donna Jones?"
Annuisco dubbiosa, scrutando il suo viso pensieroso in cerca di risposte.
"Mi sembra di averle già sentite da qualche parte. Non ricordo né quando, né perché, né dove però..." mormora infine, "Dovremmo fare delle ricerche."
Abbasso prevemente il capo, "Inizialmente Erick mi aveva escluda dalla lista dei sospettati, ma gli altri hanno notato la sua incertezza e hanno detto che avrebbero dovuto avere delle certe. Hanno espressamente consigliato ad Erick, che se fosse stato necessario, avrebbe dovuto puntarmi una pistola e farmi spogliare davanti a lui."
Una sua mano si poggia delicata sul mio ventre, mi stringe delicatamente a sé e con un dito comincia ad accarezzarmi, segnando delle figure geometriche.
"Hanno detto che gli lasciano dirigere il gioco perché è un uomo furbo, scaltro e senza scrupoli ma che se dovessero scoprire di avermi escluso dalla lista, quando la vera colpevole sono io, avrebbero ucciso sia ma che lui." Mando giù un gruppo di saliva, "L'ha detto un uomo questo, piantando un pugnale sul tavolo."
Lascio che la sua mano mi accarezzi il corpo, modellarmi come meglio crede, "Hanno detto qualcos'altro?"
Annuisco, "Credono che la fuga di April sia collegata a me."
E hanno ragione.
"Di chi altri sospettano?" Mi prende dai fianchi, ponendomi davanti a sé.
Scuoto la testa, "Non lo so. Quando l'hanno chiesto ad Erick lui è stato piuttosto evasivo. Credo che questa non sia stata una riunione pianificata, probabilmente erano cosi arrabbiati che hanno convocato Erick, per chiedere spiegazione."

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