Capitolo 44 - Sean pt. 4

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"Fa’ del tuo amore una pioggia di baci sulle mie labbra."
-Percy Bysshe Shelley

"Quando lei si addormenta sulla tua spalla e tu resti immobile per non svegliarla. E ti chiedi come faccia il cuore a stare così comodo."
-Matteo Grandi

La sento incerta sfiorarmi le spalle, poi con un moto di coraggio, mi tocca le spalle così grandi a confronto con le sue mani, piccole e delicate.
Impacciata, mi tasta il collo e la schiena in cerca di quella maledettissima contrattura. 
Potrei semplicemente dirle dove si trova, ma dove sarebbe il divertimento?
Ad un certo punto, tasta forte beccando proprio il punto dolorante sotto la spalla.
Non riesco a trattenere un grugnito e a sussultare impercettibilmente.
"

Scusa." Sussurra casta ed innocente.
"Non preoccuparti." Strizzo gli occhi, secchi a causa del calore del fuoco, inuminendoli.
Le sue mani si concentrano su quel punto specifico, dapprima delicatamente e poi sempre con più forza, mentre sento che sotto la pressione delle sue dita i muscoli contratti scivolano.
Stringo i denti, chiudendo la mascella in una morsa ferrea, restando in silenzio.
Devo ammettere che in questo momento le sue dita non sono molto delicate, pur essendo piccole sa esercitare un notevole forza.
Forse sono solo io, dolorante come un vecchio.
Preme il pollice ancora li, massaggiando più forte, facendomi digrignare i denti.

Dopo un'interminabile tempo, sembra che la contrattura sia sciolta un po', con un colpo secco sento i muscoli ammorbirsi, così come si rilassa la mia schiena, prima in costante tensione.
Sospiro piacevolmente, mentre lei con le mani sale fino alle spalle, strofinando le mani morbide sulle mia pelle, e provando ad ammorbidire la tensione della mia schiena. E ci riesce benissimo.
Mani d'angelo.
Si siede accanto a me, lanciandomi un'occhiataccia, "Avresti dovuto dirmelo subito, così avrei fatto qualcosa prima e non avresti dovuto tenerti tutto, tutto il giorno."
Sul mio viso nasce un ghigno stanco, "Già. Perché ti prendi cura di ciò che ti appartiene, di ciò che tuo." Mi lecco il labbro inferiore mentre la vedo distogliere lo sguardo, "Mi pare che hai detto così."
"Ti sarai sbagliato." Borbotta, comprendo il viso coi capelli.
Non contento, l'afferro per il polso avvicinandola a me, ma impacciata finisce col cadere su di me, ed il suo viso diventa ancora più rosso se possibile.
L'aiuto a sistemarsi meglio sulle mie gambe, mentre il suo viso si alza fino al mio.
"Sono sicuro di aver sentito egregiamente." La guardo negli occhi azzurri, talmente umidi e dilatati che potrei specchiarmici dentro.
Nasconde il viso nell'incavo del mio collo, nascondendosi dal mio sguardo indagatore.
Col pollice e l'indice le afferro il mento, sollevando cosicché possa ancora godermi la vista dei suoi occhi e del suo viso arrossito.
Non mi dispiace né la Jane innocente come una bambina, né la Jane seducente come una donna.
Con le stesse dita mi sposto dal mento fino al collo scoperto che accarezzo piano, con lo sguardo seguo i miei movimenti sulla sua pelle calda, liscia e morbida.
"Avanti Jane, cosa ci sarebbe di male? Stiamo insieme, puoi dirmi e farmi quel che più desideri." La mia voce si abbassa ancora di più, provando sedurla.
Dato che ancora insiste a non rispondermi, mi avvicino al suo orecchio, sussurando "Non c'è niente di male e rivendicare il tuo possesso su di me. Se così non facessi, Megan sarebbe un passo avanti, dicendo che sono suo, non credi?" Alludo.
I suoi occhi, ora fulminanti, mi guardano intensi e carichi d'elettricità immortale, "Megan non aveva niente di suo in quel tavolo. " sbotta irritata, al limite del furente, "In quel tavolo, c'erano le mie amiche,  il mio amico e il mio ragazzo."
Passo la lingua sul labbro inferiore, come un predatore, avvicinando il mio viso al suo e sfiorando la sua pelle col naso.
"Capisco." Con la punta del naso sfioro il suo collo, beandomi del suo profumo. "Sei possessiva."
La sua voce più calma si fa sentire ben presto, facendole vibrare la gola "Non sono l'unica, qui."
Sul mio viso nasce un sorriso genuino nascosto, "Non lo neghi?"
La sento scuotere il capo, "No."
Poso le labbra sul collo, desideroso di qualcosa di più del suo corpo. "Allora perché hai paura di rivendicare il dominio? Avanti Jane, dillo. Dillo per me." Mi sento ebbro di lei.
Mi sento ubriaco, voglio che dica qualcosa ma non so nemmeno io che cosa.
Mordo la pelle del suo collo, sentendola trattenere un gemito a stento.
Dovrei preoccuparmi del piano, di Erick, di Mark, di Garcia, di Adolf, di Donna e Grace Jones.
Eppure, non riesco a non avere la mente occupata da lei, dalla sua essenza, dai modi del suo corpo di reagire al mio, dall'azzurro ghiaccio dei suoi occhi, dai bordi rossicci della sua figura colorati dal fuoco, dalle sue mani sul mio petto.
"Dimmelo." Soffio leggero nel suo orecchio, mentre le mie mani assaggiano il suo corpo.
Succhio un punto preciso, sotto l'orecchio. Succhio e lecco sensualmente, la mia lingua morbida che si scontra sulla sua gustosa pelle.
Succhio ancora, avidatamente, e credo che domani mattina sfoggerà un altra mia opera d'arte, di cui non sarò io a rivelarle l'esistenza.
"Avanti Jane." Sospiro agognante, mentre con le mie labbra salgono, per sfiorare le sue, semichiuse che respirano tremolanti.
Alterno lo sguardo tra gli occhi e le labbra, che con grande autocontrollo provo a non mordere e baciare.
"Sei..." mormora.
"Sono?" Chiedo, gustando la mia vittoria, il mio premio.
"Mio..."  sospira quando le mie mani tornano a muoversi sul suo corpo, prima immobili in un equilibrio precario.
"Sono tuo?" Domando ansante.
Annuisce, anche lei ebbra del mio vicino e del mio contatto, "Si. Mio. Sei mio."
Passo la lingua sulle sue labbra, pregustando il suo sapore, "E...?"
"E niente. Non sei di nessun'altro. Solo mio." Afferma avida e gelosa di ciò che le appartiene, di me.
Stringo il tessuto dei suoi vestiti, stringendola automaticamente a me.
La bacio, assetato di quel contatto, bramato tanto a lungo.
La bacio ancora, ancora e ancora.
Baci lenti e casti, si sostituiscono a baci ardenti e passionali, che cambiano in baci frettolosi e mordaci, che mutano in baci più volgari e subito dopo più dolci e lenti, nati per assaggiare.
La bacio per ore, accontentandomi del semplice contatto delle mie mani che navigano su di lei.
La bacio per ore, senza mai stancarmi.
La bacio per ore, felice del suo modo intenso di ricambiare ogni mio singolo bacio.
La bacio, fino a che lei non si sistema a cavalcioni su di me.
La bacio ancora.
Ancora e ancora.
La becerei per sempre, senza mai fare altro, senza alcuna monotonia. Solo la mia casa, il mio rifugio personale. 
Sazi di noi, ci stacchiamo.
Le sue labbra rosse e gonfie a causa dei miei baci, mi fanno sentire soddisfatto e desideroso di altri.
Gliene rubo un altro, incantato da una forza sconosciuta a cui non posso oppormi. A cui non voglio oppormi.
Mai mi sarei sognato di trovare clamoroso un bacio a stampo.
Mai mi sarei sognato di darli.
Eppure, eccomi qui.
Il suo viso si poggia sulla mia spalla, le sue braccia si attorciagliano a me, in un contatto che pian piano sto accettando, e il suo corpo si accuccia al mio.
Il suo respiro si regolarizzano, il seno contro di me si abbassa e si alza placido, e in poco tempo si addormenta.
Non posso fare a meno di rimanere così, immobile eccetto per le mani che accarezzano la schiena.

Sono passati un paio di giorni da quella notte al cottage. La mattina dopo ho raccomandato a Jane di portare sempre con se la pistola, non si sa mai.
Nel bagno maschile scolastico fumo la mia sigaretta, aspettando che Metthew arrivi.
Mi ha dato appuntamento qui circa dieci minuti fa e ancora non si va vivo.
La porta si apre rivelando un ragazzino basso gracile, probabilmente del primo o del secondo anno.
"Fuori." Gli intimo, fulminandolo con lo sgurdo.
Il ragazzino spaventato fa qualche passo indietro, scontrandosi contro il petto di Metthew.
"Sean, spaventi ancora i ragazzetti?" Ride il biondo.
Il ragazzino si aggiusta gli occhiali, in imbarazzo e scappa via.
"Che succede?" Chiedo quando mi raggiunge, aspirando dalla mia sigaretta, appoggiato al muro.
"Mi ha chiamato Nick circa dieci minuti fa. La profesoressa si è accorta del cellulare ed ha cominciato a farmi un'inutile predica. Adesso lo richiamo." Digita sul cellulare il numero del cugino, avviando la chiamata che mette in vivavoce.
"Cugino, dov'eri finito?" Risponde Nick.
Il biondo sbuffa, "Una racchia di mezz'età con un estremo bisogno di sesso sfrenato mi ha intrattenuto contro la mia volontà. Che succede?"
Gli angoli delle mie labbra si arricciano leggermente all'insù, divertito dalla battuta del mio migliore amico.
"Ieri sono riuscito a partecipare alla riunione al Bicycle Hotel and Casino. Essendo il nuovo arrivato non hanno parlato apertamente, anzi sono stati piuttosto diffidenti." Sospira, "Alla riunione non hanno detto molto, hanno discusso per lo più di affari."
"Che tipo di affari?" Domanda il biondo.
"Droga e gare. A quanto pare la Maple Syrup Jones Enterprises delle sorelle Jones è davvero una copertura. Gli affari vanno bene all'azienda dello sciroppo, ma con questa scusa trasportano grandi quantità di droga. Insomma, dopo la riunione siamo scesi al casinò del Bicycle Hotel e sono riuscito a fare ubriacare di brutto Mark." Lo sentiamo ridere perfidamente, "Insomma, ha cominciato a parlare a sproposito e tra le tante cazzate mi ha dato l'indirizzo di Grace e Donna, che convivono tristemente senza marito. Domani sera dovrebbe esserci un evento a cui sono invitate, potreste andare."
Il biondo mi guarda negli occhi e mentre Nick gli passa l'indirizzo, lo scrive sul telefono.
"Ottimo, diventa suo amico." Gli ordino.
"Ciao anche a te, Sean." Fa questo ironico, "Come mai così scorbutico, la piccola bruna non ti soddisfa a dovere? Mi sembrava una focosa a letto."
E lo è.
Metthew allontana per precauzione il suo cellulare da me, "Sta' zitto, Foster." Grugnisco possessivamente.
Il fatto che lui abbia immaginato certe cose su Jane, mi manda in bestia irrazionalmente.
Si chiama gelosia.
Mi ricorda una vocina interiore che scaccio, soffocandola.
"Zitto? Guarda che..." Nick viene interrotto dal cugino, che con una risata isterica si mette in mezzo, "Bene Nick, grazie e ciao." Chiude la telefonata.
Un ragazzino del terzo anno entra in bagno, sovrappensiero.
"Sparisci." Ringhio.
Il ragazzo va' via sbuffando, mascherando malamente il suo timore.
"Domani andremo a casa delle Jones?' Domanda Metthew, appoggiandosi al davanzale della finestra.
"Si ma ci andremo solamente io e Jane. Con Alfred è stato relativamente facile perché April ci aveva avvisati di qualcosa, mentre questa volta non abbiamo altre informazioni che non siano l'indirizzo. Meglio non dare nell'occhio." Spiego brevemente.
"Prenderete i dati dei loro laptop come con Adolf?" Chiede curioso.
Annuisco sbrigativo, "Se andrà tutto senza intoppi, si. È il metodo migliore, quello più veloce."
"Bene. Allora spiegheremo tutto alle ragazze, a mensa." Si avvia verso la porta di un bagno, "Ci vediamo dopo."
Mentre chiude la porta del bagno, io annuisco, "A dopo." Ed esco.
Ritorno pigramente in classe, dove il professore continua la sua barbosa spiegazione, lanciandomi un'occhiata quando entro.

Philofobia - Non smettere mai di guardarmi 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora