Capitolo 30 - Sean pt. 2

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“La truffa è necessaria al buon mercante quanto la lucidatura al vasellame di scarsa qualità.”
-Anonimo

Il dottore passa sulla ferita diverse garze, che assorbono il fluido rosso, agendo con velocità ma allo stesso tempo con determinazione e precisione.
Il campanello suona e il dottore Dubé non distoglie lo sguardo da Jane, "Vado a vedere chi è, probabilmente sono i miei amici." Dico, chiedendo velatamente conferma al dottor Dubé.
Guardo Jane un altro momento, accarezzandole i capelli, preoccupato per lei.
Dubé annuisce ed io salgo le scale a due a due, andando fino alla porta d'ingresso spalancando la porta, trovando Mett e le ragazze.
"Sono volute venire ad ogni costo." Mormora lui agitato.
Gli faccio cenno di entrare, scendendo di nuovo in cantina e non curandomi se hanno chiuso la porta o no.
Quando torno, trovo Jane attaccata ad una macchina che segna il battito debole del cuore e altri valori, che non so identificare.
Estrae il proiettile dalla sua carne, con una pinzetta e lo lascia cadere in una bacinella, producendo un rumore metallico.
"Sta perdendo molto sangue, sapete che gruppo sanguigno è?"
Scuoto la testa, nemmeno gli altri lo sanno, "Qualcuno è zero negativo?" Chiede.
"Io." Dice April.
"Perfetto, sapete metterle un ago in vena?" Chiede concentrato.
"Io lo so fare, mia madre è infermiera." Si fa avanti Kate.
D'ora in poi cercherò di farmele andare più a genio.
Il dottore gli indica dove sono gli strumenti necessari, Kate prende un laccio emostatico legandolo al braccio di April, poi con precisione gli buca la vena e il sangue comincia ad affluire in un tubicino che segue fino ad una sacca, appesa in una struttura a tre piedi.
Quando il dottore vede che la sacca è piena, chiede a Kate di staccarla e portala fino al tavolino dove giace Jane.
Il dottore collega il tubicino poi alle vene di Jane e la rossa, stanca, si siede su una sedia, mentre Kate le disinfetta il buco dell'ago, mettendo sopra un batuffolo di cotone idrofilo e una cerotto.
Mi volto a guardare il dottore che fa andare nella ferita una soluzione chiara, poi dopo altri passaggi, fascia il tutto con delle garze.
Toglie guanti, mascherina e bandana, buttando i primi due nel cestino.
"Lasciatela riposare, non si sveglierà prima di domani mattina..." sparisce salendo le scale, mentre la cantina sprofonda in un silenzio interrotto solo dal bip che segna i battiti cardiaci di Jane, adesso più stabili. 
Dubé torna sotto, porgendo alla rossa una tavoletta di cioccolotto, che afferra e comincia a mangiare.
"Ora possiamo parlare del prezzo." Dice il dottore, lo fermo andando a prendere velocemente in auto il libretto degli assegni. Grazie al guadagno delle gare ho una cifra piuttosto alta messa da parte.
Torno e il dottore sorride, "Considerando che mi hai svegliato nel cuore della notte, tutto il materiale che ho usato, mi sono esposto non solo per il mio essere un clandestino, ma chissà che avete fatto voi due, quindi dovrò tenere la bocca chiusa..."
Ci riflette un po' e ci comunica il prezzo con uno schiocco di dita.
Truffatore. E sanguisuga.
Inserisco la cifra sul libretto degli assegni, con la penna che mi passa, scrivo il mio nome e segno la mia firma.
"Vincet Dubé." Schiarisce la gola e scrivo anche i suoi connotati.
Strappo il foglio, richiudendo il libretto e riponendolo nella mia tasca, che gli passo e che lui afferra subito, piegandolo in due.
Vincet sale al piano superiore lasciandoci soli.
Metthew e Kate si siedono sui gradini delle scale, mentre April continua a mangiare la sua tavoletta di cioccolata ed io pulisco le mani sotto il getto d'acqua di un piccolo rubinetto.
Le asciugo con dei fogli di un rotolo di carta e li butto nel cestino e in fine, prendo una sedia sistemandola accanto a Jane, che respira calma, col volto sereno. Mi siedo, poggiando i gomiti sulle ginocchia e passando le mani tra i capelli, cercando di togliermi di dosso il nervosismo, l'agitazione, lo stress e la preoccupazione delle ultime ore.
Cristo, non sono mai stato così preoccupato e in ansia in vita mia, mi sono sentito un cadevere animato solo dalla volontà di salvarla.
"Che è successo?" Chiede con voce sospirata Kate.
"Le hanno sparato, non lo vedi?" Rispondo nervoso, nonostante mi penti un secondo dopo. Sono stati tutti d'aiuto qui, non meritano di certo questo trattamento, ma io sono troppo scosso ancora.
Metthew si avvicina a me, mentre la sua ragazza sale le scale, mi da qualche pacca sulla spalla, "Non preoccuparti Sean, si riprederà e sarà come nuova."
Ci scambiamo un'occhiata d'intesa, in cui mi dice silenziosamente che da bravo amico mi supporterà sempre, "Riposati, ne hai bisogno." E si congenda, seguendo al piano di sopra la sua ragazza.
Rimane April, ancora seduta, che ha appena finito di mangiare la sua tavoletta.
Rimane ferma a guardare Jane che riposa, in silenzio.
"Grazie." Interrompo la quieta, vedo che rimane stupita e al contempo confusa, "Per il sangue." Preciso.
Scrolla le spalle, "Non è stato nulla di che." Mi sorride.
Scuoto la testa, in segno di diniego, "Non è vero, non so cosa sarebbe successo se non..." lascio la frase in sospeso scuotando ancora la testa, ma questa volta per evitare di pensare al peggio.
"Hai intenzione di pagare tutto da solo?" Chiede feblilmente.
Sospiro rumorosamente, sollevano le spalle, "Non potrei chiederle di pagare."
"No, è vero. Ma se chiedessi a Kate e a Metthew ti darti una mano..."
La interrompo, "Me la darebbero senza pensarci due volte, ma non è necessario, non è una cifra così alta."
Non so il perché, ma sento di dover pagare l'intera cifra da solo.
Resta un attimo in silenzio, "Cosa le è accaduto?"
Scuoto la testa, "Mi ha seguito alla vendita di Emily, una ragazza. Mi ha colto di sopresa, ho fatto rumore e quel deficiente ha sparato." Con un tonfo al cuore realizzo che è stata colpa mia se ci hanno scoperti, se Jane è stata ferita.
Un altro peso sulle spalle.
Un'altra colpa.
Sollevo lo sguardo su April, notando solo adesso che indossa la lentina azzurra e un capello nero con la visiera.
Guardo Jane che ancora dorme serena, mi alzo togliendomi la felpa mentre guardo la garza sulla ferita, nel lato opposto a dove sono io e posizione la mia felpa su di lei, coprendole interamente il busto scoperto, la mia felpa è così grande che le arriva più o meno sotto il sedere.
Rimanere in maglietta a gennaio, in pieno inverno, in una cantina, non è il massimo del calore, me ne farò una ragione. Le sollevo un po' la testa, poggiandola sul mio braccio a mo' di cuscino.
Non sarà il massimo della comodità, ma meglio di niente.
Mi siedo poggiando la testa sull'altro braccio, attorcigliato a quello di Jane.
L'adrenalina viene sostiuita dalla stanchezza e ben presto le palpebre calano pesanti, trascinandomi in un sonno senza sogni.

Philofobia - Non smettere mai di guardarmi 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora