"Tutte le più potenti emozioni vengono dal caos: paura, rabbia, amore. Soprattutto l'amore. L'amore è il caos in sé. Pensateci! L'amore non ha senso. Ti scuote e ti fa girare. E poi, alla fine, cade a pezzi."
-Kirsten MillerUna sola parola: Caos.
Ovunque, in questo momento regna il caos.
Fuori e dentro di me.
La sera dopo la morte di Jane, ho ordinato a Metthew di pubblicare in rete tutte le informazioni prese dai laptop di Adolf Mitchell, Donna e Grace Jones e Garcia.
Ed è scoppiato il caos. Ovunque.
Sul web i commenti sono incontabili, abbiamo attirato l'attenzione persino degli sbirri, che hanno provato a capire chi fosse la fonte di quei dati, fallendo.
Davanti all'evidenza e alle gentili sollecitazioni dei cittadini inferociti, la polizia è finalmente scesa in campo.
Caos, ancora caos.
Abbiamo pubblicato tutto solamente la sera prima, e adesso e di nuovo sera: due giorni dalla morte della mia Jane.
Anche in strada c'è Caos.
Uomini e donne di tutte le età si sono già organizzati, formando gruppi contigenti per protestare contro i criminali e contro i poliziotti che a lungo sono rimasti fermi, inermi, a non fare niente.
E oltre le proteste, ci sono inseguimenti. Tanti inseguimenti, più del normale.
Nei laptop di quelle canaglie ci sono prove anche contro altri uomini di malaffare, ragazzi e spacciatori.
La rete sta finalmente crollando ed io dovrei sentirmi felice, soddisfatto.
Dovrei.
Ma non lo sono.
Caos dentro di me.
Rabbia, dolore e voglia di vendetta si mischiano in una danza pericolosa che mi lascia senza fiato, che assorbe tutte le mie energie e che me ne da di nuove.
Non sarebbe dovuto andare così.
Jane avrebbe dovuto essere qui accanto a me, sorridendo vittoriosa, con un'espressione soddisfatta e magari con un bicchiere di Cognac tra le mani. I bagagli avrebbe dovuto già essere pronti, a quest'ora avremmo detto a Jane che non si sarebbe separata con dalla rossa e dalla bionda, e avremmo dovuto dire proprio a loro due il nostro piano di fuga. Saremmo stati indubbiamente tristi di lasciare la nostra città, ma non saremmo stati dilaniati dal dolore, come invece siamo.Avrebbe provato a sollevare il morale, con un sorriso e dicendo qualcosa che avrebbe distratto tutti.
È stata lei ad unire questo gruppo, e adesso questo gruppo mi sembra così distante.
Lei ha unito me, Metthew e Kate a lei stessa, è stata lei a salvare April ed io per un attimo mi sono sentito parte di una famiglia vera e quasi spensierata, ma adesso il senso di solitudine mi opprime, la sofferenza mi soffoca e la mia sete di sangue mi fa prudere le mani, ultimamente spesso contratti in un pugno, desideroso di vedere il sangue scarlatto di Garcia gocciolante nelle mie mani.
Se ne avessi la possibilità lo ucciderei a mani nude, senza coltelli, senza pistole. A mani nude.
Vorrei vedere la sua faccia martoriata a causa dei miei pugni, le mie mani scorticate ed insanguinate, vederlo implorarmi di smetterla.
Anzi, non lo ucciderei.
La morte è qualcosa di effimero, la vita ti viene strappata via in un attimo, lo consegnerei alla polizia e deve passare tutta la vita a pensare a pentirsi dell'errore commesso.
Si, si merita questo.
Si merita di soffrire per il resto della vita, la morte è troppo semplice.
Il silenzio pregno di sconforto nel salotto, è attraversato solamente dal ticchettare dell'orologio, le cui lancette scandiscono il tempo lento, e il soffiarsi il naso delle due ragazze ancora in lutto, che piangono ancora.
Nessuno si è presentato a scuola in questi due giorni, nessuno di noi ne ha avuto la forza.
Metthew sul divano accanto a me, accende la tv trovando il telegiornale in onda.
La giornalista bionda vestita dal tailleur, regge un microfono "E adesso siamo qui, in diretta, alla centrale di polizia davanti il molo di Santa Monica." Con un mano indica la folla inferocita, che protesta con tanto di cartelloni, "I cittadini di Los Angeles hanno organizzato l'ennesima rivolta, l'ennesima protesta. Sono sopratutto genitori, che vogliono che la città sia sicura per i propri figli." Anch'io avrei voluto che la mia città fosse stata sicura per Jane.
"Oh guardate, che succede li?" La telecamera indica un punto della strada, un flebile rumore di sirene della polizia anticipa i colori lampeggianti dell'auto, che ne inseguono una nera.
"In diretta la polizia è impegnata in un inseguimento, sarà l'ennessimo criminale catturato grazie alle informazioni del 'Giustiziere'?" Ci hanno davvero chiamati così? "Ci chiediamo tutti chi sia stato e come abbia fatto ad entrare in possesso di quelle informazioni, alcuni sostengono sia un criminale stanco dei soprusi dei suoi superiori." Commenta la giornalista con un lieve sorriso, come se la questione non fosse così grave come invece è.
Se solo potesse immaginare il dolore che questa rete ci ha comportato, non sorriderebbe cosi, con così tanta spensieratezza.
"Guardate la folla!" Esclama eletrizzata.
I cittadini prima impegnati in una protesta, si riversano nella strada dove sta avvenendo l'inseguimento.
Il criminale abbordo dell'auto nera è obbligato a frenare per non investire tutti i cittadini che circondano l'auto, scuotendola e rompendo finestrini. Il chiasso e le urla della folla costringono la giovane giornalista ad alzare la voce.
"Incredibile, mai vista una cosa del genere. I cittadini hanno fermato l'auto che poco prima era inseguita dalla polizia. I poliziotti adesso si stanno facendo largo tra la calca per raggiungere il crimine, provando a ristabilire l'ordine ma non ci riescono" Descrive minuziosamente.
Il mio cellulare squilla, avvisandomi di una conversazione che la cimice nell'ufficio di Erick sta captando.
Spengo la tv, accento la cosiddetta chiamata e mettendo in viva voce.
"Che cazzo avete fatto!" Sbraita Erick al cellulare, "Avete idea di cosa avete scatenato!?" Urla fuoribondo, "Come hai osato farlo senza consultarmi? Come hai osato prendere il mio tirapiedi?" Sta parlando dell'omicidio di Jane, evidentemente Erick non ne sapeva niente e non sapeva nemmeno che Mark avrebbe partecipato.
"Non mi interessa! Sei un emerita testa di cazzo Garcia! Hai colpito Jane e hai lasciato andare Sean e Metthew? Sei forse impazzito? Era ovvio che quei due si sarebbero vendicati! E l'hanno fatto! Adesso siamo come topi in gabbia, ti rendi conto di ciò che hai fatto?" Strilla. Non l'avevo mai sentito urlare così.
"Alcuni dei nostri subordinati sono già stati catturati, altri guidano da ore o si nascondono come piastrelli dalla luce del sole e avranno la stessa fine dei già caduti. Persino alcuni del circolo più ristretto sono in panico! Grace e Donna, Adolf e persino tu siete in fuga! E dove credete di andare schifosi bastardi? È questione di tempo prima che ci prendano tutti! Le nostre facce sono ovunque! Sui telegiornali, nei manifesti, nei cartelloni delle folle, sul web! Il web è invaso delle nostre informazioni!" Ringhia.
"I controlli al confine della città sono quadruplicati! Non possiamo prendere l'autostrada, non possiamo prendere un aereo, non possiamo prendere una schifosa e misera barchetta bucata. Non possiamo nemmeno uscire dai nostri nascondigli con facilità! Ti rendi conto di che cosa hai fatto!?" Un pugno viene scagliato contro quella che dovrebbe essere la sua scrivania.
Seguono attimi di silenzio, in cui l'unico suono udibile è il respiro ansante di Erick.
"Non me ne fotte un cazzo, emerita feccia!" Urla fuori di sé, "Per colpa vostra, per colpa della vostra disattenzione, adesso quelli là avranno persino le cellule identificative del tuo schifoso buco del culo!"
Erick sbatte un altro pugno, probabilmente nel muro a giudicare dal rumore, "Fa che io non ti trovi Garcia. Ti consiglio vivamente di farti trovare dalla polizia, piuttosto che da me. Se ti trovo, ti uccido lurido infame. E se trovo loro, li ucciderò insieme a te."
Sentiamo una porta sbattere violentemente, poi il silenzio.È ora di fare i bagagli.
Io e Metthew abbiamo meditato tutta la notte sull'argomento fuggire, mentre la sua ragazza ed April dormivano.
Mi ha tenuto compagnia, ha capito che un'altra notte per me sarebbe stata la fine.
Adesso siamo qui, ad un passo dall'alba sul divano, ad aspettare che le ragazze si sveglino.
Gli dirà tutto lui, spiegherà loro tutto il piano, io non credo di potercela fare. Il piano ideato da me e Metthew quella sera in spiaggia a Santa Monica, mi ricorda quando Jane ubriaca danzava con le sue amiche illuminata dalla luna argentea e poi è venuta da me, per stringermi a lei a baciarmi.
"Sean." Mi chiama Metthew, distraendomi di poco dai miei pensieri sulla mia ragazza.
Forse è sbagliato considerarla ancora tale, ma non riesco a farne a meno.
Il mio cuore ancora non vuole mettersi l'anima in pace.
"Mh." Grugnisco.
Non ho parlato molto in questi ormai tre giorni, solo a monosillabi.
Qualsiasi cosa succeda i miei pensieri non cambiano rotta.
"Come stai?" Mi chiede gentile.
"Come potrei stare, Mett? Prova ad immaginare come ti sentiresti se Kate morisse." Rispondo diretto.
Ma non può immaginarlo, non davvero.
"Prova a dormire." Mi consiglia, "Io aspetterò le ragazze e dirò loro tutto. Ho già i documenti pronti, ho preparato già tutto."
Annuisco poco convinto, non so se riuscirò a dormire, l'ultima volta mi sono svegliato in preda agli incubi, boccheggiando in cerca d'aria, in cerca di lei che era sempre il mio conforto, il mio porto sicuro.
Quella stessa ragazza cha mi ha aspettato per un sacco di tempo, sostenendomi nella mia paura di amarla.
Mi sdraglio sul suo letto, il suo odore sulle lenzuola è ancora forte e provo a bearmene, stringendo il cuscino a me.Spalanco gli occhi, l'ennessimo incubo. Ho rivissuto ancora una volta la sua morte, compreso il dolore che ho provato e che ancora provo.
Un dolore viscerale, che ti fa duolere il cuore, letteralmente. Come se una spada lo stesse trapassando.
Mi alzo andando in cucina, trovando un sandwich pronto, devo aver saltato il pranzo. Ancora una volta.
I miei orari sono totalmente sballati, i pasti non hanno più un loro ordine, le ore di veglia e quelle di sonno si mischiano con disordine.
Afferro il panino, masticandolo con svogliatezza e raggiungo Metthew nel salotto, che sta spiegando minuziosamente il piano alle ragazze, che lo seguono annuendo di tanto in tanto, con il viso triste e gli occhi vacui.
Metthew accarezza la schiena della sua ragazza, provando a consolarla come meglio può.
Metthew si sta dando da fare per tutti noi, ha pubblicato le informazioni quando gliel'ho chiesto, è rimasto sveglio sta notte per me seppur visibilmente stanco ed assonnato, consola Kate e prova a sostenere sia April che me. Cucina i nostri pasti, porta i vestiti in lavanderia, pulisce le stoviglie.
Si sta facendo in quattro, lettarlamente.
Non gli sarò mai abbastanza grato.
Il cellulare di Metthew squilla ed il suo viso stupito mi da la conferma che non aspettasse nessuna chiamata.
"È Nick." Mormora.
Accetta la chiamata e mette in vivavoce, "Hey Nick." Prova a sorridere, ma ne esce solo una smorfia.
"Ascoltate, non ho molto tempo. Tra poco la mia pausa finisce e dovrò tornare a fare da sentinella."
Sentinella? Che cosa sta sorvegliando?
"Appena fuori la periferia, nei pressi di West Los Angeles, c'è un capannone enorme, lo riconoscerete, è fetiscente. Dovete venire qui, sta sera alle 9.00 p.m." sospira, "I turni li ha organizzati Mark e siamo accorto di personale grazie al Giustiziere. Credo sappiate chi sia." Dice con ironia, "Non c'è tempo da perdere, siate puntuali. È scoppiato il pandemonio... Dovete assolutamente venire qui... c'è, ci sono..." un forte bussare alla porta lo interrompe, un uomo parla ma non riesco a capire che cosa stia dicendo.
"Certo Franck, dammi cinque minuti e ti lascio il cesso libero." Ride nervosamente.
"Devo andare, siate puntuali." Sussura, e attacca.
"Chi crediate che ci sia?" Sussurra April.
"Non lo so." Abbasso lo sguardo.
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Philofobia - Non smettere mai di guardarmi 2
RomansaSecondo volume di "Non smettere mai di guardarmi." I rapporti di Jane con Sean non vanno di certo a gonfie vele, la loro non è una coppia normale, né dichiarata e ai loro problemi di cuore si aggiungono anche quelli con i loro più cari amici, Kate...