Capitolo 52 - Sean pt. 4

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"Il modo migliore di amare ogni cosa è quello di rendersi conto che ogni cosa può essere persa."
-GK Chesterton

"Rimanete qua." Ordino alle ragazze che ci hanno pregato di venire, preoccupate.
Naturale, l'ultima volta la mia Jane non è più tornata.
"Ma..." prova a ribattere per l'ennesima volta April.
"Ma niente. Rimanete qua, fine della discussione. Non aprite a nessuno, noi abbiamo le chiavi." Dico scorbutico e stanco.
Non so cosa aspettarmi da quel capannone, speriamo che ci sia qualcosa di valido, sta ritardando la nostra partenza.
Io e Metthew in silenzio usciamo da casa e chiamiamo l'ascensore che non tarda ad arrivare. Entriamo dentro, cliccando il tasto del piano terra, le porte si chiudono e cominciamo a scendere.
In breve tempo arriviamo, le porte dell'ascensore si aprono e noi usciamo dal palazzo tornando nella mia auto.
L'ultima volta che ci sono salito è stato appena dopo la sua morte, quando Metthew mi ha preso per le spalle, scuotendomi, e gridandomi che fosse morta.
"Vuoi che guidi io?" Chiede cauto il mio migliore amico.
Scuoto la testa, ed entro nel lato del guidatore, inserendo le chiavi e accendendo l'auto mentre Metthew sale accanto a me, occupando lo stesso posto su cui lei era solita sedersi.
Sospiro stringendo i denti, e guido tra le strade di Los Angeles, come ho fatto parecchie volte con lei, sfrecciando a destra e a sinistra.
Mi chiedo se lo supererò mai, mi chiedo se lo accetterò mai.
Mi chiedo se potrò mai abituarmi alla sua assenza, all'assenza del suo calore, della sua pelle, delle sue curve, del suo profumo, del suo sapore, del suo modo di toccarmi il viso, i capelli, di baciarmi, di accarezzarmi, di sorridermi come solo lei sapeva fare.
La vita con me è stata crudele.
Non avrei mai creduto di potermi affezionare tanto a lei, o di poter sentire tanto la sua mancanza, ma ho superato ogni mia aspettativa.
Superiamo la West LA, il quartiene non sembra molto benestante e via via che mi dirigo fuori la periferia, le case diventano sempre meno, mentre gli alberi e le erbacce incolte sul ciglio della strada aumentano.
I lampioni nei marciapiedi sono quasi tutto rotti e l'illuminazione è davvero scarsa.
In lontanza vedo un grande capannone fatiscente, esattamente come aveva descritto Nick.
Premo sull'acceleratore, correndo annoiato sulla strada e in poco tempo lo raggiungo.
Posteggio un po' più avanti e quando spengo la mia auto, io e Metthew ci scambiamo uno sguardo d'intesa.
In allerta e con circospezione, scendiamo silenziosamente dall'auto.
Ci guardiamo intorno, le poche case sembrano mal ridotte, poche auto passano di tanto in tanto, non sembra esserci niente di sospetto.
Raggiungiamo il capannone alle 9.00 p.m. in punto, ci avviciniamo con passo felpato all'entrata buia, trovando proprio Nick sulla soglia, i cui bordi si mischiano al buio, sfocando la sua figura.
"Non potete stare molto, avete pressoché quindici minuti, prima che l'altra sentinella arrivi." Ci mette in guardia.
"Nick, cosa c'è là dentro?" Chiede Metthew serio.
Nick sorride mesto, "Sbrigatevi. Scegliete bene." E ci da una chiave, che afferro immediatamente.
Trascino Mett dentro il capannone, Nick ha ragione prima entriamo prima ne usciamo.
In fondo al capannone c'è una lanterna, la cui luce fioca illumina a stento ciò che ha intorno.
Aumentiamo il passo, nel silenzio solo il rumore delle nostre suole contro il pavimento viene percepito.
Metthew tossisce per la polvere e quando arriviamo troviamo due gabbie.
Delle vere e proprie gabbie, grandi quanto una piccola stanza.
Aggrotto la fronte, mentre nella mia mente vige il caos più totale.
Prendo la lanterna avvicinandola alla prima gabbia, a destra, dove illuminiamo una figura femminile.  Una ragazza dai capelli rossicci sporchi, ci guarda rannicchiata su sè stessa, talmente impaurita che sembra che gli occhi castani le escano fuori dalle orbite, che saettano da me a Metthew. Il naso cosparso di lentiggini si storce, starnutendo un attimo dopo.
Tra le mani stringo la chiave, accanto alla gabbia di questa ragazza ce n'è un'altra, al cui interno si intravede un corpo steso a terra.
Scegliete bene.
Quindi, non possiamo liberarle entrambe.
Mi avvicino con la lanterna alla ragazza di sinistra, stesa a pancia in sù, con gli occhi chiusi e il volto neutro.
Repira placida e tranquilla, una mano delicata è posata sul suo grembo. Col cuore che batte forte guardo i capelli mossi neri corvini, il naso proporzionato all'insù, la labbra rosee screpolate.
"Metthew." Espiro tremante, "La vedi anche tu?" Chiedo spaesato, come se non riuscissi a credere ai miei occhi. Come se dopo un lunghissimo ed interminabile viaggio nel deserto, io avessi trovato la mia oasi.
"Si. Si, la vedo anch'io." La guarda incredulo.
Inserisco la chiave nella serratura: non ho bisogno di aspettare oltre, ho già scelto.
Giro frettolosamente la chiave nella serratura, spalancandone la porta ed entro fiondandomi sul suo corpo.
La scuoto dalla spalla, provando a svegliarla.
"Jane..." sussurro.
Ma lei non si sveglia, continua a riposare indisturbata.
Felice la prendo in braccio, e con lei esco dalla gabbia.
Metthew ancora incredulo, estrae la chiave e a passo svelto raggiungiamo l'uscita.
Nick ci guarda abbozzando un sorriso, "L'hanno sedata da poco, è particolarmente incline all'aggressività, sapevo che aveste scelto lei. Adesso andate, l'altro ragazzo sta per tornare."
Metthew si avvicina al cugino, "E che dirai?"
Nick solleva le spalle tranquillo, "Mi farò trovare svenuto a terra."
Lo guardo negli occhi, non avrei mai pensato di dirgli una cosa del genere, "Grazie."
"Wow Sean, qualcuno sta facendo progressi." Sorride ironico.
Ci caccia via con un segno della mano e noi torniamo in auto. Do le chiavi a Metthew che sale dal lato del conducente, mentre io dal lato del passeggero, con ancora Jane dormiente in braccio.
La sistemo meglio, avvolgendo il suo corpo con le braccia.
Credevo che non avrei mai più sentito il calore scottante della sua pelle, il suo profumo, la sua presenza.
Ed ora eccola qui, calda e viva tra le mie braccia, sedata per la sua vivacità.
Sorrido, sono a conoscenza del fatto che Jane non è una ragazza che si lasci ammansire o sottomettere, piuttosto ti sbrana o ti scuoia.
O entrambe.
Incantato la guardo e vittima di un incantesimo mi sento in una favola.
Le accarezzo tremante ed incredulo i capelli ed il viso, con cura.
"Non capisco." Mormoro smarrito, guardando Mett.
Metthew guida rigido sul sedile, mi sorride entusiasta "In questo momento, non so te Sean, ma io non ho alcuna voglia di capire. Voglio solo godermi una bella sensazione. Una senzazione che nessuno di noi prova da tre giorni."
Mi lascio contagiare dal sorriso e dalla positività del mio amico, "Hai ragione. Hai proprio ragione."
Annuisce con gli occhi puntati sulla strada, "Devo ringraziarti per tutto quello che hai fatto per tutti in questi giorni, sei stato un tassello fondamentale."
"Cosa sono tutti questi sentimentalismi, Sean? Jane ti sta trasformando in un ragazzo di zucchero?" Mi rinfaccia le stesse parole che gli dissi quella sera, alla spiaggia di Santa Monica quando architettammo il piano per fuggire tutti insieme.
Mi sembra essere successo migliaia di anni fa.
"Chi lo sa." Mormoro sereno, facendolo sghignazzare.
Metthew posteggia sotto il solito palazzo, scendiamo in tutta fretta e chiamiamo l'ascensore che ci fa attendere un poco.
Le porte si aprono e noi entriamo.
Stringo tra le braccia il corpo dormiente di Jane, che non accenna a svegliarsi, mentre io e Metthew la guardiamo meravigliati, ed io reprimo la solita nota di fastidio.
Le porte dell'ascensore si aprono e Metthew scatta fuori, inserendo le chiavi di casa nella serratura.
Lo seguo, ed insieme entriamo a casa.
Mett piomba veloce come un uragano nel salotto, dove trova le ragazze tristi che lo guardano, confuse dal suo sorriso che si estende da un orecchio all'altro.
"Principessa! April! Guardate cosa i vostri cavalieri vi hanno portato!" Sprizza gioia.
"Vorrai dire chi." Lo corrego.
Gli occhi delle ragazze guardano prima me, poi i loro occhi cadono su Jane, sorretta da me.
"Jay-Jay!" Urla euforica Kate.
"Janny!" La segue April.
Entrambe si catapultano su di me, per osservarla lei, come dei cuccioli attratti da un nuovo ed insolito gioco, con gli occhi animati da una luce viva e giocosa. Mi faccio largo sedendomi sul divano, mentre tutti affollano attorno a noi.
Quanto mi era mancato, questo noi.
"Ma come è possibile?" Chiede a bocca aperta Kate.
"Avevate detto che era morta." April continua a guardarla, accarezzandole i capelli.
"Noi lo credevamo veramente." Sussurra Metthew, sedendosi sulla poltroncina.
"Appena si sveglierà, le chiederemo se ne sa qualcosa." Mormoro.
Per i prossimi quindici minuti le ragazze spazzolano i suoi capelli impolverati, sciogliendo i nodi nella chioma corvina e le lavano il viso, il collo e le braccia con un panno umido.
La sollevo ancora una volta, non distogliendo gli occhi da lei nemmeno per un secondo e la porto in camera, distendendola sul materasso.
"Portatemi una bacinella d'acqua pulita e un panno." Ordino risoluto.
Le ragazze si mettono all'opera, istantaneamente e Kate torna qualche momento dopo con una bacinella azzurra ed April con un panno.
"Bene, ora tutti fuori." Le caccio ignorando bellamente le loro proteste.
Le chiudo fuori la stanza, chiudendo la porta a chiave e avvicinandomi di nuovo al letto, su cui Jane giace, illuminata dalla artificiale della lampadina appesa al soffitto.
La spoglio delicatamente, facendo attenzione, e quando rimane in mutandine immergo il panno nella bacinella.
Lo strizzo con forza e lo passo, strofinando delicatamente sul petto e sul seno bello e armonioso cone lo ricordavo. Tengo a bada i miei istinti nei miei boxer e mi concentro a strofinare il panno sul ventre, seduto su una sediolina. Poi sulle coscie, sulla gembe e infine, sollevandola, sulla schiena.
Sciacquo il panno ancora una volta e ripeto la stessa azione ancora un paio di volte.
Poi la vesto del suo pigiama, avvolgendo il suo corpo sotto le coperte.
Io mi alzo, sgranchendomi per bene la schiena e prendo un cambio, da un cassettono.
Apro la porta ed esco, sentendo Mett e le ragazze chiaccherano spensieratamente nel salotto.
Io vado nel bagno, spogliandomi dei miei indumenti, apro l'acqua calda e mi fiondo sotto il getto bollente poco dopo.
I muscoli si rilassano e si distendo ed io mi affretto a spalmare il bagnoschiuma su tutto il corpo, sciacquandolo un momento dopo.
Esco, asciungando il mio corpo con un asciugamano e mi vesto del mio cambio, con i capelli ancora un po' umidi.
Ho voluto lavarmi così velocemente per tornare prima da lei, lo ammetto.
Spalanco la porta del bagno e rientro nella sua stanza, quasi emozionato di essere tornato alla realtà che mi appartiene.
Quasi emozionato che l'equilibrio sia stato ripristinato.
Chiudo la porta della camera e mi avvicino a lei, la scosto delicatamente e mi distendo accanto a lei, sotto le coperte.
La guardo ammaliato, accarezzandole il corpo con affetto.
Non vedo l'ora di poter rivedere quei magnifici occhi azzurri ghiaccio.
La tringo dai fianchi a me, abbracciandola e chiudendo gli occhi.
Finalmente vengo trascinato in un sonno senza incubi.

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