Il museo Picasso, nel cuore della zona vecchia della città, era davanti a noi. Era poco prima dell'orario di chiusura. Le parole che Jaspreet erano rimaste nell'aria, schiumose. Mi soffermai ad osservare la strada che terminava davanti al museo. Era stretta, i muri fatti di pietra. Poche o nessune vie d'uscita. Quella zona di Barcellona aveva la solita aria magica, sebbene decadente, piena di vita e di turismo. Vita che però io non riuscivo a percepire, vedevo soltanto povertà, barboni che si preparavano per il rifugio notturno, alcuni già seduti sui marciapiedi che tenevano per sé come diritto acquisito. Nessuno chiedeva denaro e nei loro occhi rimaneva qualche simulacro di dignità. I negozi erano ancora aperti, ma tristi e sporchi. Anche questo è Barcellona.
In fondo alla via, un uomo vestito elegante passeggiava con il suo cane diretto verso di noi ed il suo portamento, le sue scarpe lucide, così come il pelo perfetto dell'animale, stonava con tutto il resto.
Ricercai in me le ragioni per cui avevo amato quella città nei miei precedenti viaggi, i ricordi dei miei viaggi precedenti mi arrivarono lenti: i viali della città, le spiagge, il cimitero monumentale, Montjuïc, la scalinata di Piazza di Spagna. Mi resi conto di non appartenere più a quei ricordi. Ero cambiato nel tempo. E mi piaceva quel cambiamento.
Jaspreet mi guardava. Io la ignorai. Non era il tentato omicidio alla mia vita la priorità, ma la vita stessa, quella che era stata e che ora volevo disseppellire e abbandonarla. Era possibile farlo? Così, assorto nel mio mondo, iniziai a cancellare mentalmente tutti quei ricordi, e tutte le emozioni che sapevo di aver provato, come in un processo di eliminazione. Il reset del mio io, già iniziato con l'infarto e che era continuato con le scoperte avvenute subito dopo, aveva una necessità palpabile di proseguire nel suo percorso soppesando ogni frammento del passato e, dopo averlo valutato, cancellandolo ineluttabilmente. Una liberazione che sembrava essere definitiva, come se la mia memoria non fosse più in grado di trattenere. Un'espulsione del passato, un ricambio totale, come una nuova pelle.
Ma non sapevo quanto in profondità avrei dovuto scavare.
Non lo immaginavo affatto.
Non stavo più seguendo quella donna, ma la mia vita a ritroso.
"Tra poco chiude", dissi alludendo agli orari esposti all'ingresso principale.
"Non importa", rispose Jaspreet, "però entriamo".
"Entriamo allora".
Lei salutò la persona in biglietteria, un uomo basso e tarchiato. Mi presentò come suo ospite come se fosse naturale farlo. Parlarono in catalano.
"Ci vengo spesso", mi spiegò Jaspreet lasciando intendere qualcosa che non compresi e superando l'ingresso e dirigendosi nella prima sala, "anche questo museo è assicurato dalle compagnie per cui lavoro", specificò.
Mi avviai rimanendo dietro di lei.
Si muoveva con sicurezza attraverso le sale.
Poi, si fermò davanti ad un quadro: "Ecco, iniziamo da qui", disse indicando una pittura astratta.
"Non so nulla di Picasso. Speravo di essere qui per avere una spiegazione".
"Per comprendere quello che ho da dirti, è necessario partire da qui. Cosa vedi?", indicò la parte centrale del quadro.
"Un blu intenso, non saprei".
"E qui?".
"Un tratto, rosso porpora".
"Potrei continuare e tu non potresti sbagliare a specificare la sfumatura, ma in generale la tua capacità di "vedere" il colore è impressionante".
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A pelo d'acqua
Mystery / Thriller@ pubblicato cartaceo da Edizioni della Goccia: Andrea è un medico. Vive a Torino, la sua è una vita solo apparentemente normale. Ha una sola passione: l'arte. Ed è proprio questa che lo porta ad imbattersi in una storia che cambierà la sua vita r...