La casa in cui mi aveva condotto Jaspreet, nel centro del Barrio Gotico di Barcellona, non era una semplice abitazione, ma una chiesa sconsacrata. Un capolavoro che sapeva molto della mano di Gaudì, ma probabilmente così non era. Quando mi resi conto di entrare proprio in quell'edificio, lo stupore era tale che non seppi formulare alcuna domanda. Convinto che si trattasse di un equivoco, che quella non fosse casa sua.
Lei aprì una piccola porta in legno sul lato est della costruzione, poi si voltò verso di me. Mi fece entrare, poi richiuse rumorosamente.
Precipitammo in buio totale, poi lei accese delle luci che illuminarono un lungo corridoio.
Ci trovavamo nell'edificio civile della chiesa, quello costruito come abitazione dei preti o dei custodi.
Ci spostammo velocemente in una seconda stanza, ampia e umida. Jaspreet vi si muoveva a suo agio, attivando l'illuminazione artificiale lungo il percorso delle stanze e, sempre, richiudendo la porta dopo avermi fatto passare da un luogo ad un altro.
Attraversammo così una serie di stanze confinanti, che segnava un passaggio obbligato, poi entrammo in una grande sala dalla quale partiva una scala di legno massello. Intorno a noi avevamo libri, ovunque, decine di centinaia di libri! Se fosse stata una favola, e non la mia vita reale, oppure se fosse stato un racconto di Zafòn, sarebbe stato lo scenario perfetto. Talmente perfetto da sembrarmi fuori luogo, artificiale, come tutta quella storia che mi stava avvolgendo misteriosamente.
Ero a disagio e silenzioso.
Camminavo tenendomi poco distante da Jaspreet.
La scala accedeva ad un piano sopraelevato a sbalzo sulla libreria sottostante. Salendovi si arrivava ad una balconata interna che permetteva la vista dei libri e dei mobili perfettamente allineati alle pareti.
Stavo per dire qualcosa, ma lei, avvicinandosi di scatto, mi bloccò le labbra con le sue dita, proprio come nei film, ma non si trattava di un film e quello non era un set.
Senza dire una parola, dunque, Jaspreet aprì ancora una porta che proponeva l'accesso ad una nuova scala, più piccola e malferma di quella precedente.
Il passaggio era stretto. Le mie spalle, dietro le sue, quasi toccavano i muri, mentre il fiato iniziava a mancare.
Chissà perché mi venne in mente un'amica che soffriva di claustrofobia: da lì non ci sarebbe mai passata. Questo rendeva l'idea di quanto fosse angusta quella scala.
Il mio disagio allora aumentò, ero esausto di quelal messa in scena.
Avevo anche perso il contatto con la realtà: se avessi dovuto dire che ore fossero, non ne sarei stato in grado di farlo. Mi sembrava di essere proiettato in un'altra epoca, vivendo una vita non mia, e di dover gestire una situazione che non mi apparteneva.
Stavo per rinunciare, avrei voluto dirle che ne avevo abbastanza dei suoi trucchi e delle sue stranezze, e quando ero proprio intenzionato a farlo, la scala terminò in una piccola stanza.
Eravamo entrati dal lato est dell'edificio, ma ora la stanza in cui ci trovavamo si trovava rivolta a sud. Lo compresi perché la grande finestra, che illuminava interamente la stanza i cui scuri erano rimasti aperti, prendeva luce direttamente.
Il soffitto era molto alto, sei metri forse.
Lei aprì la doppia anta che ci separava dal balcone ed in un attimo fummo proiettati fuori, attratti da quella luce bellissima.
Nonostante la tensione che provavo, alla vista di insieme che il balcone offriva, concessi un silenzioso: "WOW". Sono certo che l'espressione vi sia nota, e non saprei come meglio descrivere ciò che provai nel momento stesso in cui le mie gambe furono su quel balcone e i miei occhi si posarono sulla città di Barcellona: il Barrio Gotico era davanti a me, nella sua immensa e malinconica magnificenza.

STAI LEGGENDO
A pelo d'acqua
Mystery / Thriller@ pubblicato cartaceo da Edizioni della Goccia: Andrea è un medico. Vive a Torino, la sua è una vita solo apparentemente normale. Ha una sola passione: l'arte. Ed è proprio questa che lo porta ad imbattersi in una storia che cambierà la sua vita r...