Trentatré

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Ida Gelmini attese oltre un'ora prima di lasciare gli uffici della AKP. Dopo aver controllato meticolosamente che ogni finestra fosse ben chiusa, attivò il sistema d'allarme. Indossò una giacca leggera che aveva lasciato sulla sedia, si guardò intorno come se avesse dimenticato qualcosa. Poi il timer del sistema d'allarme iniziò a segnalare che rimanevano pochi secondi per lasciare gli uffici.

Ida richiuse la porta dietro di sé, poi chiamò l'ascensore, sebbene fossero soltanto due i piani che la separavano dal piano terra.

Era stanca, ma non era sorpresa né stupita per quanto fosse accaduto durante la giornata. In fondo si era sempre attesa che il suo titolare, Michele Bombati, sarebbe prima o poi finito in un guaio così grande da non saperne più uscirne. Dopo che la Polizia si era arresa all'evidenza di non trovarlo nell'ufficio, Ida aveva provato a chiamarlo più volte, ma il telefono era inesorabilmente muto.

Comprese così che qualcosa di definitivo era accaduto. Riaccese il suo telefono cellulare, che teneva sempre spento in ufficio. Controllò i messaggi, ma non ve ne erano, tantomeno del suo titolare. Poi andò nelle notizie del sito di La Stampa e vide la notizia.

Rimase per un lungo minuto in silenzio. picchiettante, un pensiero di insinuò nella sua mente.

Così, si era lasciata dietro di sé la grande porta a vetri del palazzo pensando che forse non vi sarebbe mai più ritornata.

Nei passi che la separarono dalla sua auto, Ida si convinse che lo strano comportamento tenuto negli ultimi giorni da Michele Bombati fosse strettamente collegato a quella morte. Si infilò in una Lancia Delta, accese il motore, inserì disciplinatamente la freccia per indicare l'uscita dal parcheggio, e sì avviò diretta verso il centro città.

Subito dietro di lei, l'auto della Grimaudo.

"C'è ne ha messo di tempo", disse il vice ispettore Mancini seduto a fianco.

"Neppure poi molto", rispose con tono pratico l'ispettore Grimaudo.

"Detta così, sembra che non valga la pensa seguirla".

"Detta così, sì. Ma sottovaluti le persone, ed il caso".

"Ed io avrei gran voglia di mangiare qualcosa. Avremmo potuto farla seguire da altri colleghi e che ci avrebbero avvisato nel caso ci fosse qualcosa".

"Tu usi sempre questa parola –qualcosa- te lo hanno mai fatto notare?", rispose l'ispettore Grimaudo.

"Non me lo hanno mai detto, non mi pare".

"Allora è la prima volta, ma in realtà volevo dirti che parli spesso a proposito".

"Solo perché ammetto di aver fame?", erano soltanto parole per riempire il tempo, poi tacquero e si concentrarono soltanto sulla Gelmini.

Le due auto erano una dietro l'altra, ma il traffico ed i semafori mettevano continuamente in difficoltà l'inseguimento. Ida Gelmini infatti bruciò una serie di gialli ed anche un rosso.

Mancini sembrava divertito da quella guida, mentre la Grimaudo sembrava seccata.

"Ma cosa fa?!".

"E ti lamenti? Se guida così avrà qualcosa di urgente da fare!", rispose Mancini.

"Se fa così, non andrà lontano".

All'altezza del Po, Ida svoltò a sinistra indirizzandosi verso corso Cairoli costeggiando l'argine e dirigendosi nel cuore del centro città.

"Strano", disse Mancini mentre guidava tenendosi molto vicino al Lancia della Gelmini.

"Perché?".

"Anche lei abita in collina, mi sarei aspettato che prendesse quella direzione".

"Magari ha un fidanzato".

"Ed allora stiamo perdendo tempo", disse indispettito Mancini.

"Mancini sei scontroso. Dovresti sapere che faccio di tutto per far finta di non apprezzare il tuo lavoro", lo canzonò la Grimaudo.

"Non ho dubbi, non mi hai neppure chiesto come facessi a sapere della abitazione della Gelmini".

"Touché. Come ti ho detto faccio di tutto per.... ATTENTO!".

Per poco non tamponò un'altra auto che, approfittando della momentanea distrazione dei due poliziotti, si era infilata tra la loro e quella della Gelmini.

"Nicole, ti prego facciamo facciamoci dare il cambio, perdiamo soltanto tempo".

"Ancora quindici minuti al massimo, poi ti prometto che chiediamo una sostituzione".

Mancini si rassegnò alla richiesta.

Continuarono a seguire l'auto e senza credere nel fatto che fosse una buona idea.

Poi, finalmente, la Gelmini fece una serie di svolte, districandosi nel traffico e compiendo alcuni giri come per verificare se fosse seguita.

Le cose stavano cambiando, pensò l'ispettore Grimaudo, poi capì dove stesse indirizzandosi Ida Gelmini.

"Ora parcheggia".

"Ora parcheggia", ripeté il collega, "adesso prevedi anche cosa farà eppure fin d'ora abbiamo girato a vuoto!".

Ida Gelmini svoltò effettivamente verso un parcheggio privato.

La Grimaudo fermò la marcia.

"Ma così la perdiamo", protestò Mancini.

"So dove sta andando, non ti preoccupare".

E nel pronunciare quelle parole scese dall'auto.

"Mi lasci così?! Senza dirmi nulla?".

"Sì, tesoro, senza dirti nulla!".

Quel –tesoro- lo fece sorridere, ma soltanto per unmomento.

A pelo d'acquaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora