Quarantadue

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Poi i poliziotti ci presero in consegna. Provai ancora ad obiettare, ma l'ispettore Grimaudo fu irremovibile.

Ci fecero salire in due auto separate e la cosa non mi sfuggì affatto: la pressione psicologica che la Grimaudo, o qualcuno per lei, aveva messo in atto nei nostri confronti mi irritò ulteriormente.

La piccola colonna delle due auto della Polizia si mosse. A fianco a me, si era seduto il vice ispettore Mancini e nel suo assoluto silenzio, mi ignorò completamente. Il poliziotto che era alla guida comunicò qualcosa alla radio, forse chiedendo istruzioni o fornendo la nostra posizione, in tutti i casi non compresi le sue parole.

Ci allontanammo dall'ospedale velocemente, e quando la strada parve più libera, l'andatura delle due auto iniziò ad aumentare.

Poi successe l'inatteso.

Un pulmino tagliò la strada alla prima delle due auto della polizia, nella quale appunto ero seduto io.

Vidi immediatamente il volto di Mancini irrigidirsi. Ricordo anche la frenata e la sterzata violenta verso destra per evitare lo scontro.

Fu tutto inutile perché l'autista non riuscì a controllare completamente la manovra e ci trovammo in un amen contro un piccolo camion posteggiato lungo la strada.

Lo scontro fu violentissimo.

L'auto, una Peugeot, si accartocciò. Esplosero gli airbag e per un lunghissimo attimo credetti di morire.

Non persi i sensi, né riportai alcun danno grave. Fu Mancini a salvarmi trattenendo il mio corpo durante l'urto.

Lo guardai stupito e mi accorsi che sanguinava copiosamente dal naso e dalla testa: un oggetto metallico lo aveva colpito ferendolo.

Ma anziché preoccuparsi di sé, si sincerò immediatamente delle mie condizioni e dei due colleghi spagnoli.

Scendemmo dall'auto frastornati, dovevano essere trascorsi almeno due minuti ed intorno a noi la gente aveva formato un cerchio intorno all'auto.

Parlavano concitati, non riuscivo a capire cosa dicessero.

Poi una donna, che comprese la gravità del fatto, disse: "Sono morti".

Noi la guardammo senza renderci conto che le sue parole fossero rivolte ai due poliziotti spagnoli che erano rimasti in auto, immobili.

Facendoci largo tra la gente, ci accorgemmo di un secondo gruppo di curiosi che erano intorno ad un'altra auto: quella in cui era scortata Irene.

Gridai e mi misi a correre in quella direzione.

Dalla piccola folla, spuntò l'ispettore Grimaudo che

mi bloccò facendomi cadere.

Irene era riversa a terra.

La portiera dell'auto aperta.

Doveva aver fatto alcuni passi, poi era stata uccisa da un proiettile sparato a bruciapelo.

Anche i due poliziotti spagnoli della scorta erano stati colpiti.

Uno di essi si trovava ancora al volante e probabilmente non si era accorto di nulla.

L'altro, aveva invece tentato di difendere mia moglie ed era morto subito dopo.

Anche l'ispettore Grimaudo piangeva, continuando a trattenermi a terra.

"Due", mi disse sottovoce.

Intendeva dire due killer.

Gli stessi di Torino.

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