Quarantotto

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Dopo le sue ultime parole, Toscani mi aveva concesso una pausa e mi lasciarono solo nella stanza. Due ore e che a me sembrarono giorni, perfino peggiori di quelli trascorsi in ospedale. Mi accorsi troppo tardi che stavano mettendo alla prova la mia resistenza e che fin dal primo momento avevano gestito il mio interrogatorio per portarmi fino a questo punto.

Quando l'attesa si trasformò in angoscia, rientrarono con un tempismo perfetto. E sospetto.

Cercai nei loro occhi qualche appiglio per uscire dal precipizio che vedevo delinearsi a quell'orizzonte del mio io. Un precipizio irreale ma ugualmente spaventoso che le parole di Toscani avevano perfettamente stagliato sotto i miei piedi. Un passo ed era fatta. Un baratro nel quale mi sentivo scivolare inesorabilmente.

Tutta quella attesa, quel continuo stillicidio di domande, e di sguardi, quel intendere di sapere senza dichiararlo, e quella sensazione di essere coinvolto in una trama a conosciuta, alla fine aveva aperto una breccia che, dal mio punto di vista, era pericolosa quanto un chiodo conficcato nella mia mente capace di far affiorare ricordi seppelliti, volontariamente, ed involontariamente al contempo, da molto tempo.

Ormai lo avevo compreso, sapevano di un passato che avevo creduto di poter rimuovere per sempre. In me cercavano soltanto conferme alle loro "certezze".

Toscani riprese dal punto in cui mi aveva lasciato trafitto: "Negli anni settanta, ottanta e pensiamo anche novanta, c'era un gruppo terroristico che operava nel nord Italia e che si finanziava attraverso la vendita di opere d'arte. Durante le indagini di quel tempo questa storia è sempre stata considerata una leggenda priva di prove concrete. Evidenze che, appunto, non abbiamo mai avuto nelle nostre mani, comunque. Ma la storia continua a girare tra i carcerati, ex brigadisti, e non solo, e le dichiarazioni di alcuni pentiti confermavano la storia. Il riferimento a quei quadri, si possono trovare in molti verbali a cui, credo a volte in modo troppo affrettato, e a volte in modo sospetto, gli investigatori non hanno mai voluto credere".

Toscani lasciò cadere le ultime parole centellinandole. Io assunsi l'aria di una sfinge, ma si vedeva chiaramente la mia tensione. Qualcosa affiorava, appunto, ma non dissi nulla. Così mi parve esplodere.

L'ufficiale, soddisfatto, proseguì.

"Ora queste indagini sono passate al mio gruppo investigativo. Non le nego che la tentazione di dichiarare questa storia come conclusa abbia richiamato la mia attenzione più volte. Per mesi tutto è rimasto in una cartellina chiusa con sopra un nome e niente di più. Indagini che sembravano ormai definitivamente arenate. Ma qualcosa poi è successo".

Si fermò per vedere l'effetto che le sue parole aveva su di me. La tensione era tesa su tutta la mia pelle.

"Gli omicidi di sua moglie e di sua cognata, chiaramente. Perché? Hanno un elemento in comune con alcuni delitti commessi anni prima. Il modus operandi dell'incidente causato a sua moglie sembra la fotocopia perfetta di un attentato eseguito molti anni fa ad un giudice. L'analisi balistica del proiettile che ha ucciso sua moglie ci riporta invece ad un'arma compatibile con un altro omicidio. Bonelli: stiamo parlando di giudici, di poliziotti, di carabinieri e di civili... mi guardi dottore! Per favore!".

"Non capisco", risposi ritornando improvvisamente in quella sala dopo che le parole dell'ufficiale mi avevano proiettato in un altrove lontano.

Lui riprese allora a parlare: "Come le ho detto, non abbiamo mai avuto alcun riscontro preciso sul gruppo terroristico o criminale a cui ora stiamo facendo riferimento, salvo in alcuni interrogatori nei quali alcune persone, le ripeto oggi tutte in carcere, quindi poco attendibili, hanno ammesso in parte quei fatti ed hanno, appunto, raccontato che le loro capacità economiche derivavano dalla vendita di opere di grande valore".

Io li guardavo attonito. Il loro sguardo ora sembrava perforante.

"Lei, forse, conosce alcune di queste persone", chiese Toscani senza darmi il tempo di reagire alle sue parole.

Scossi la testa.

Sentivo chiaramente un dolore alla bocca dello stomaco.

"Quali persone?" chiesi con una voce insicura.

Toscani aprì la cartellina che per tutto il tempo era rimasta nelle sue mani.

Dentro vi trovai nuovamente delle facce.

Fui obbligato ad osservarle una ad una.

Dopo alcuni minuti e il mio continuo scuotere la testa, confermai negativamente ogni tipo di rapporto con quelle persone.

"È certo, Bonelli? Non ricorda nessuno di loro?" chiese Toscani.

"Nessuno".

Toscani si alzò dalla sedia.

Mi parve muoversi nervoso, poi ammisi a me stesso, di non essere in grado di interpretare i comportamenti di chi stesse interrogando.

Toscani si voltò verso l'ispettore Grimaudo.

"Lei cosa ne pensa?"

Guardai Nicole Grimaudo con una stupida aspettativa.

"Forse potrebbe osservare meglio le fotografie", rispose lei.

Ebbi un sussulto di disperazione.

"Vi ho detto di no. Non saprei come essere di aiuto".

"Forse provando a ricordare meglio...".

"E dove dovrei averle viste?" chiesi ingenuamente.

"Me lo dica lei, dottore" rispose Toscani irrigidendo l'espressione nel viso.

Senza volerlo, ripresi a guardare le fotografie.

Mi soffermai su un uomo. Nella fotografia era biondo, i capelli corti, gli occhi chiari, una piccola cicatrice sul mento.

In quel momento stesso, trattenendo ogni mio cenno che potesse svelare la verità, dovetti domare una scarica elettrica che stava attraversando il mio corpo infuocando tutti i nervi.

Mi apparvero come dei flash.

Ma senza mettere a fuoco i soggetti.

Memorie che si riattivavano senza un ordine preciso.

Ero teso dentro ad una fionda che mi avrebbe proiettato chissà dove.

In lotta nel domare le emozioni, presi la testa tra le mani, ma non dissi una sola parola.

Forse, ma non sono certo, piansi.

Il capitano Toscani e l'ispettore Grimaudo mi guardarono come due abituati a tutto.

La forza d'urto dell'onda dei miei ricordi doveva essere stata evidente anche a loro, in fondo per loro era una rivelazione come per me. Un'intera indagine su crimini indicibili irrisolta per anni da una parte, ed un uomo, io, spaventato nell'esserne parte dall'altra.

Ma le mie emozioni non erano legate a quello soltanto.

Si trattava anche di altro.

A pelo d'acquaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora