Venticinque

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Non ci mise molto ad individuare il portone. Decisa, suonò il campanello e, dopo la risposta di mia moglie, salì al piano sotto lo sguardo attento di un vicino che proprio in quel momento usciva.

Irene l'accolse vestita con i jeans stretti ed una camicia. Le scarpe con il tacco. Era più forte di lei: l'eleganza prima di ogni cosa.

"Ispettore Grimaudo, piacere".

"Prego, si accomodi".

Si piacquero subito.

"Qui, la prego", aggiunse mia moglie aprendo la porta del salone.

"Grazie".

"Le preparo un caffè?".

La Grimaudo avrebbe voluto rispondere di no per educazione, ma l'obiezione non le riuscì: "Sì, grazie".

In poco, Irene tornò ed iniziarono a parlare.

"Da quanto vivete qui?", una domanda banale, ma era un modo per sapere di più di noi.

"Io ed Andrea ci conosciamo dall'università. Ho studiato medicina, esercito come medico di famiglia. Abitiamo qui da dieci anni ormai. Prima invece non abitavamo in città, ma non ci piaceva. Quando mio figlio aveva sei anni, abbiamo trovato questa casa e da allora non ci siamo più mossi".

"Lei sa dove si trova adesso suo marito?".

"Credo a Barcellona".

La Grimaudo apprezzò la sincerità della donna.

"E conosce il motivo?".

"No. Andrea ultimamente non mi dice molto. Forse ha parlato con nostro figlio di questo viaggio, ma ora lui non c'è. Non credo torni presto, solitamente poco prima di cena".

"E non vi siete sentiti da quando è partito...".

"No, mi dispiace".

"Neppure una telefonata".

"No, non ha chiamato. E io neppure. Devo preoccuparmi?".

L'ispettore Grimaudo si detestò. Era andata a casa dei Bonelli senza neppure un filo logico da esporre, nella sola speranza di ottenere delle informazioni, ed invece ora si ritrovava costretta a dare risposte che non aveva.

Ma qualcosa doveva pur dire.

"Non abbiamo notizie certe di suo marito. Lo cerchiamo per verificare alcuni aspetti di quanto gli è accaduto. Avrebbe dovuto presentarsi in Questura, ma non era in obbligo di farlo, anche se non mi aspettavo un suo viaggio. Se lo sente, la prego di farmi chiamare".

La conversazione era terminata e si congedò a mani vuote, ma quando fu sulla porta, la situazione cambiò. Irene la salutò stringendole la mano e ringraziando per la conversazione. Mentre la figura dell'ispettore era già voltata di spalle, con un piede sul primo gradino della scala, ed il secondo su quello successivo, dalla voce di mia moglie uscì una frase incontrollata, uscita dalla bocca senza volerlo.

"Forse mia cognata sa qualcosa".

Non era gelosia, dedusse l'ispettore Grimaudo dalla voce di Irene.

"Sua cognata?".

"Non so perché l'ho detto, mi scusi. A volte mio marito e lei si confidano più che con me o con il marito di lei, mio fratello. Forse lei sa qualcosa che io non so. Si chiama Camilla De Luca, abita in collina, verso Superga".

"Possiamo chiamarla?".

Lo fecero insieme, ma lei non rispose.

L'ispettore Grimaudo trascrisse il numero e l'indirizzo e questa volta il congedo fu definitivo.

Scese le scale di corsa, e si precipitò verso l'auto.

Il suo telefono squillò, era nuovamente il Vicequestore.

Ignorò la chiamata, non aveva voglia di una seconda reprimenda. E c'era in lei la fretta di salire in auto, un presentimento la spingeva a farlo, quello dei poliziotti.

Mise in moto, evitando l'uomo che l'aveva vista entrare nel portone e che protestava per il parcheggio poco consono scelto dalla Grimaudo.

"Mi scusi, non ho tempo", ma quello aveva già alzato le spalle e se ne era andato.

Al primo semaforo rosso ebbe l'impulso di inserire il lampeggiante e di uscire velocemente dal traffico, ma il pudore la trattenne. L'intenzione era di recarsi a Caselle e di prendere il volo per Barcellona, ma il presentimento c'era e lei lo sentiva chiaramente, materializzato in lei come una piccola pulsazione, un "bip" leggero di un tracciato di un ecocardiogramma di un cuore in perfetto tono.

Suonò ancora il cellulare. Ancora il Vicequestore al telefono. Il sistema vivavoce dell'auto si attivò all'istante.

"Che palle!", pensò e chiuse la comunicazione. Avrebbe inventato qualcosa

Poi, al secondo semaforo rosso, quando stava già stava pensando alle cose che avrebbe dovuto fare una volta arrivata a Barcellona, le arrivò un messaggio.

"Sono io, Grimaudo risponda! È urgente!".

Allora lei si arrese e chiamò il capo.

"Era ora, quando richiamo, risponda per Dio!".

"Sono in ferie e...", ma lui non la fece finire.

"Ispettore, la pianti per favore e mi ascolti attentamente. Un omicidio, in pieno centro! Un'esecuzione in pieno giorno. Due o tre colpi da arma da fuoco. Stanno cercandoli, ma sembrano esserci sfuggiti. Dove sei tu?".

Nicole non rispose subito, perché era impegnata ad ascoltare quel "bip" che ora era molto più intenso e non sapeva darsene una ragione.

"Sono impegnata dottore, non posso andare io".

"Ascolti bene: deve invece!".

"Dottore...", ma lui le parlò sopra.

"Si tratta di una donna. Le hanno sparato. Ma non è questo l'unico motivo che richiede la sua presenza. Si chiama Camilla De Luca. La cognata del "suo" Bonelli! Ha capito adesso? Deve andare subito! E deve richiamarmi al più presto! Questa, ora, è una faccenda a livello della Questura!".

Ed eccolo quel segnale.

Bip Bip Bip BIP.... Poi il silenzio dell'eco che zittava il cuore, le pulsazioni, tutto. Quel cuore non era più sano, ora apparteneva ad un morto: mia cognata.

In un lago di sangue.

A pelo d'acquaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora