Ventisei

684 26 3
                                        

I primi soccorritori trovarono Camilla esattamente così, con la faccia macchiata del suo stesso sangue, il petto informe, esangue. Occhi aperti rivolti verso il cielo, ma che non avrebbero più visto alcuna nuvola. Le gambe stranamente incrociate e le scarpe sporche.Per me, per me solo forse, Torino non sarebbe mai più stata la stessa. La crudeltà riservata a Camilla era come una voragine capace di inghiottire l'intera città, ed inghiottendo lei, divorava anche me. Avrei dovuto pensarci.Le auto della Polizia viaggiavano come impazzite, con le sirene pulsanti e i motori a pieni giri. Tutte martoriavano il centro cittadino costruendo una ragnatela con l'intento di intercettare l'auto dei due killer. Un tentativo che sarebbe poi risultato vano. L'omicidio di Camilla era opera di professionisti la cui fuga non era stata certamente improvvisata. Questo la Mobile lo sapeva ed anche i Carabinieri a supporto, sebbene le strade percorse dalle forze dell'ordine erano coordinate tra loro potevano far ben sperare. In pieno centro, di giorno, come potevano averlo fatto! Un errore può sempre accadere, e la casualità avrebbe potuto giocare a favore dei "buoni", così la procedura di ricerca, messa immediatamente in moto dalla Questura, continuava con determinazione da almeno un'ora. E i cittadini partecipi, come risvegliati da un letargo, si accanirono nelle segnalazioni. L'auto dei fuggitivi fu segnalata prima in corso Regina Margherita, poi in corso Belgio, ed infine verso l'imbocco autostradale. Poi, a rendere inutili le precedenti comunicazioni, un'ulteriore segnalazione la localizzava in una direzione totalmente opposta. E ancora, e ancora, i centralini dei commissariati e delle stazioni dei carabinieri continuarono a ricevere telefonate di segnalazione. La verità era chiara anche ai poliziotti meno esperti: nessuno aveva visto sparare i killer e nessuno aveva identificato l'auto e tanto meno la targa dei fuggitivi. Soltanto qualche ora più tardi, e quando la polvere sollevata dalla fuga e dagli inutili inseguimenti si era ormai depositata a terra con un ghigno, analizzando i filmati ottenuti dalle telecamere della zona, la Mobile identificò il mezzo in una Volvo rubata a Milano la notte precedente. La stessa auto, soltanto due giorni più tardi, venne infine ritrovata in una zona remota in piena campagna vicino a Leinì, a nord di Torino, facendo pensare che le prime segnalazioni, che descrivevano appunto l'auto a velocità folle nelle zone circostanti, fossero corrette. Ma ormai era tardi per qualsiasi reazione, anche perché non si trovarono altre tracce. Fu quindi il momento delle indagini a mente fredda. Gli operatori della Polizia, attraverso frammenti delle videoregistrazioni riuscirono a ricostruire il percorso della fuga. Tutto inutile comunque, un risultato buono soltanto per i verbali e per dimostrare di aver fatto bene il proprio lavoro. Questo però sarebbe avvenuto nei giorni successivi, mentre ciò che più era impellente nel momento del primo intervento era la necessità di impostare una minima idea investigativa.Il campo era aperto a diverse opzioni, o scenari come spesso si citava in Questura: avrebbe investigato la Mobile della Questura Centrale, ma si optava anche sul fatto che le indagini sarebbero rimaste a capo del Commissariato in cui operava l'ispettore Grimaudo. Dopo un breve colloquio avvenuto per telefono con lo scopo di coordinare le indagini e di operare senza commettere errori (compresi errori di immagine), il dirigente della Mobile della Questura di Torino, accettò di collaborare con l'ispettore Grimaudo e la sua squadra.La Grimaudo ebbe quindi un lungo confronto con il dottor Antonio Secchi, appunto il dirigente incaricato delle indagini, e visto che un'esecuzione del genere a Torino aveva antichi e cattivi precedenti, quasi tutti di stampo criminale politico, era su quel punto che il dirigente insisteva cercando tesi che al momento non erano rette da alcun indizio iniziale."Ma non vedo come possa identificare la radice politica", disse tra le altre parole l'ispettore Grimaudo cercando invece di spiegare il possibile nesso delle sue indagini che collegavano il Bonelli (cioè io) e, appunto, mia cognata Camilla De Luca.A quelle parole, Antonio Secchi, esperto e con molti anni di servizio alle spalle, si aggiustò la giacca con uno scatto che denotava un certo disagio. Un movimento preciso: pollice indice della mano sinistra che tiravano la manica destra, e viceversa.Nicole Grimaudo notò quell'incertezza e cercò di dissimulare l'averlo notato."Non saprei Grimaudo. Questa è un'esecuzione. Killer capaci. Qualcosa di più complicato di un omicidio. Ricorda piuttosto lo stampo mafioso o, come sostengo, la trama politica. O entrambe le cose, non crede?", disse il dirigente. Poi, con una smorfia a sottolineare l'argomento, aggiunse: "Omicidi diversi appunto. Mentre quelli consumati all'interno di regolamenti famigliari sono tutti sporchi, maldestri, quasi sempre con un uso eccessivo della violenza, quelli delle organizzazioni criminali sono..." non trovava il termine esatto, ma poi riprese: "...perfetti. E questo, appunto, sembra –perfetto-. Due colpi e due colpi a segno. Petto e testa per essere certi della morte. Vede?", indicò i fori dei proiettili muovendo impercettibilmente il mento, "armi di grosso calibro. Ma soprattutto, nessuno spreco di energie, nessuna violenza non necessaria allo scopo. Si sono mossi sicuri di sé in pieno centro a Torino. E quello che non capisco è perché non l'abbiano sorpresa a casa, fermando la sua auto sulle strade della collina, dove abitava la vittima. Ecco, questo proprio non me lo spiego. Lì non avrebbero corso il minimo rischio. Nessun testimone, strade libere che offrono vie di fuga più semplici. Nessun semaforo a rallentare la loro corsa, aperta campagna tutto intorno dove nascondere una seconda auto. Ed invece no. Hanno agito in pieno centro, a pochissimo dalla Questura. Eppure, viste le modalità, sono certo che fossero già pronti a farlo. Questo mi sembra scontato, devono essersi trovati nella necessità di anticiparne l'azione. E su questo che dobbiamo meditare, Grimaudo. Fila, secondo te?".La Grimaudo conosceva molto bene Secchi. Era un uomo d'azione e di ragionamento, e le sue domande, non erano vere domande, servivano soltanto per specchiarsi mentre parlava tra sé."Fila. Ma non sappiamo perché"."Lo penso anche io, Grimaudo. Lo penso anche io. Serve allora capirlo in fretta. Per ora fallo tu, con i tuoi, io tengo buono i vertici e dico al Questore che ci parliamo tutti i giorni. Ma tu fallo. Chiamami e aggiornami"."Tutti i giorni", ripeté la Grimaudo facendo il segno di giurare con le dita."Sì, vabbè Grimaudo, vedi di non farmi pentire di quello che ho detto".I primi soccorritori trovarono Camilla esattamente così, con la faccia macchiata del suo stesso sangue, il petto informe, esangue. Occhi aperti rivolti verso il cielo, ma che non avrebbero più visto alcuna nuvola. Le gambe stranamente incrociate e le scarpe sporche.

A pelo d'acquaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora