"Sei tu?", aveva risposto la voce appiccicosa di Mancini, il suo assistente. Era ancora arrabbiato con lei.
"Sono io, sei solo?!".
"Non credo tu debba saperlo, che ore sono?".
"Lascia perdere".
"Aspetta un momento, mi alzo".
Si sentì il rumore del letto e dei passi.
"Ci sei?", incalzò l'ispettore Grimaudo, "ho bisogno di un controllo ulteriore su Miche Bombati".
"Nicole, scusa, e me lo chiedi in piena notte?!".
"E che ci ho pensato soltanto ora".
"Ed io alle tre di notte, che faccio? Telefono a Roma, chiedo un ulteriore controllo dicendo che ci hai pensato soltanto ora?".
"Tu chiama questo mio amico dei Servizi, lui può fare quel controllo per me, cioè, per noi, anche a quest'ora".
Mancini si arrese, non l'avrebbe mai capita fino in fondo e, alle tre del mattino appunto, non ne sentiva neppure il bisogno di farlo.
"Dettami il numero, lo chiamo alle sei, va bene?".
"Alle sei".
"Cosa devo chiedere?".
"Ricordi l'informativa sulla ragazza? Jaspreet? Quella riguardante le sue presenze nelle sedi diplomatiche di alcuni paesi a Roma?".
"Sì, è l'unica cosa che abbiamo di lei".
"Bene. Chiedi al mio contatto di verificare lo stesso per Michele Bombati".
Dall'altra parte del telefono, Mancini rimase a bocca aperta, stupito, anche lui era uno sbirro, poliziotto fino al midollo, ma non ci avrebbe mai pensato, ammise.
La conversazione riprese e l'ispettore Grimaudo pensò di fare il punto della situazione con il collega. Ritornò sui fatti della giornata ripartendo dal fatto che a farne le spese fino a quel momento c'era Camilla De Luca. Dei killer non sapevano nulla e l'unica nota stonata in quella perfezione omicida sembrava essere la mia mancata uccisione. La Grimaudo aveva speso ore su quel punto: se chi aveva qualcosa da nascondere erano Michele Bombati e sua moglie, perché colpire anche me?
Su quel punto si lasciarono.
Poi, si erano fatte le sette, Mancini non aveva ancora chiamato, e Ida Gelmini non era ancora uscita da quella casa.
All'ispettore Grimaudo giunse un dubbio sgradevole: forse c'era un'uscita secondaria.
Ed invece Ida Gelmini era ancora in casa mia, e tra lei e mia moglie Irene era in corso una vera e propria trattativa.
Fu Ida a rompere gli indugi.
"Voglio molti soldi. E una casa, lontano da qui. E la garanzia che non verrete mai a cercarmi, né voi, né altri".
"Cercarti?".
"Avete ucciso Camilla, so bene che siete stati voi", rispose Ida, senza l'ombra della paura.
"Ti sbagli, non è così. Se pensi che in qualche modo io possa c'entrare con la morte di mia cognata, allora sei pazza".
"Tu forse no, forse, ma tuo fratello certamente sì".
"Non è vero, non è possibile", le rispose Irene.
"Conosco tutto della vostra famiglia, anche come è morto tuo padre e tua madre".
"Non sai cosa dici, smettila! Sono morti in un incidente stradale molti anni fa!".
"In una strada isolata, di campagna...", Ida lasciò intendere di sapere altro.
"Non sai cosa stai dicendo. Era buio, mio padre non ha visto un trattore parcheggiato sul ciglio e... e il proprietario ha anche avuto grossi guai. Se solo avessimo voluto rovinarlo, avremmo potuto farlo!".
"Appunto!", rispose Ida Gelmini con la voce spinosa e gli occhi serrati.
"Appunto, cosa?!", urlò minacciosa mia moglie Irene.
"Non l'ho avete denunciato perché quel trattore l'ha messo qualcuno su quella strada!".
"Sei pazza!", concluse Irene.
Ida Gelmini prese la sua piccola borsa in pelle, aprì un porta documenti, scelse con cura un foglio che aveva ancora i segni di essere stato accartocciato e poi disteso nuovamente. Si accertò che fosse quello voluto, perché in quella cartellina ne aveva molti altri, e tutti nelle stesse condizioni di essere stati nuovamente distesi dopo essere stati accartocciati.
"Legga Irene", le disse Ida con una voce insicura ma di chi vuole andare fino in fondo alle proprie intenzioni.
Mia moglie, scossa, incerta, allungò entrambe le mani per prendere quel foglio, poi cercò gli occhiali sul mobile del salotto.
Lesse.
Più volte.
Ida le aveva dato le spalle.
Senza più parlare, quasi disconoscesse quanto avesse fatto, uscì dalla stanza e da lì andò sulla porta di casa, portando con sé la borsa.
Il foglio pieghettato era rimasto sul tavolo.
Irene lo guardò come se, con lo sguardo, lo potesse incenerire. Poi, constatando che le parole scritte su quel pezzo di carta lì rimanevano, scosse la testa e le lacrime scesero senza rendersene conto. Non seguì Ida, né l'accompagnò alla porta.
Nè la odiò.
Non si sarebbero mai più incontrate.
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A pelo d'acqua
Mystery / Thriller@ pubblicato cartaceo da Edizioni della Goccia: Andrea è un medico. Vive a Torino, la sua è una vita solo apparentemente normale. Ha una sola passione: l'arte. Ed è proprio questa che lo porta ad imbattersi in una storia che cambierà la sua vita r...