Le piste da seguire erano quindi diventate due. L'ispettore Grimaudo scelse quella che portava direttamente a me, ora che ero nuovamente a disposizione e ancora nello stato in cui ci eravamo lasciati: in ospedale. Ida era invece pedinata dai colleghi e probabilmente ne era anche consapevole: uscita dai Musei Reali, dopo un breve colloquio per informarsi su come avrebbe potuto recuperare gli effetti personali di Camilla, si era chiusa in casa e da lì non sarebbe più uscita per giorni.
Al centro di tutto ritornava quindi un elemento che già lo era stato: per intenderci il mio infarto.
Il primo, non il secondo, quello che mi era appena accaduto, dovuto, a mio insindacabile giudizio soltanto allo stress. E siccome nel mio modesto e personale zaino delle mie conoscenze, potevo vantare anche un discreto spagnolo (ed un pessimo inglese), avevo a lungo dibattuto con il collega dell'ospedale di Barcellona che non credeva alla mia versione dei fatti.
E dovetti constatare che neppure questa volta, fosse il mio infarto la parte più importante della giornata: ai poliziotti che piantonavano la mia camera d'ospedale, la curiosità e i dubbi erano molti e la polizia locale, approfittando del mio stato tutto sommato buono, mi aveva rivolto moltissime domande sempre sotto l'occhio attento medico.
"Non ero solo su quella spiaggia", avevo dovuto ripetere più volte, "Con me c'era una donna", "no, come detto, conosco soltanto il suo nome, ma non il suo cognome". Era estenuante. Dovetti anche mentire dicendo che forse me lo aveva anche detto, ma era un cognome indiano e quasi impossibile da memorizzare.
E ancora: "Alla spiaggia non ero arrivato da solo, l'ho già detto. No, la donna era già con me. Stavamo scappando a...", su quel punto ero costretto a fermarmi, ed era chiaro che seppure le parole fluissero dalla mia bocca nella loro lingua, sembrava lasciare interdetti i poliziotti.
"Per prima cosa", disse a questo punto il poliziotto più alto in grado, non conoscevo i gradi della polizia spagnola, ma intuivo ci fosse una certa autorità in quella voce, "... nessuna auto della polizia, né della Guardia Civil, è arrivata sulla spiaggia, abbiamo controllato. Quindi quello che lei dice, cioè di essere stato soccorso da noi, non corrisponde al vero".
Mossi il capo per dissentire, ma quello non mi fece parlare.
"Secondo..." e qui rimarcò la parola "segundo" come se fosse un'ammonizione, "... lei sulla spiaggia era solo e l'ha trovata un passante ed ha chiamato i soccorsi".
Ed allora cos'erano quelle luci lampeggianti blu che avevo chiaramente visto prima di perdere i sensi? E poi Jaspreet c'era, era con me, non potevo certo essermi sognato tutto, provai ad obiettare.
Sbagliai ad utilizzare il verbo sognare, e soprattutto a nominare il nome della ragazza, perché anziché convincerli, diedi ai poliziotti la strada di ogni spiegazione: avevo sognato, forse avevo bevuto, l'unica cosa certa ai loro occhi era il mio infarto, ma soltanto perché c'era un medico, ed un ospedale intero alle sue spalle, che ne decretavano la veridicità.
La Polizia insistette con altre domande fintanto che il medico sciolse l'incontro: "y ahora es suficiente", e non sarebbe servito il mio spagnolo per comprendere, né la loro impazienza di mettermi alle corde fu tale da fare resistenza alla voce del medico.
Uno sbandato in più, disse il capo dei due, ed io in qualche modo colsi le sue parole.
Poi, alla dose dei calmanti, si aggiunse una stanchezza così pesante che l'intero Everest avrebbe fatto fatica e vincerla su un'ipotetica bilancia con due piatti.
Dormii molto, era l'effetto dei medicinali.
Sprofondai nel ricordo di una fotografia.
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A pelo d'acqua
Mystery / ThrillerAndrea è un medico. Vive a Torino, la sua è una vita solo apparentemente normale. Ha una sola passione: l'arte. Ed è proprio questa che lo porta ad imbattersi in una storia che cambierà la sua vita riportandolo nel suo passato. E poi c'è Jaspreet u...