Le nuvole biancastre erano frastagliate e non ben definite lasciando grandi spazi vuoti nel cielo. L'aereo diretto a Los Angeles percorreva la rotta in modo regolare. Regnava quasi del tutto il silenzio all'interno del mezzo che sorvolava sulle nuvole, se non per il grande frastuono che si sentiva dalle cuffie che avevo costantemente alle orecchie e che portavo con me ovunque. Non badai ai continui rimproveri delle hostess che mi accusavano di disturbare il resto dei passeggeri con quel frastuono. Il mio aereo era quasi pronto ad atterrare all'aeroporto di Los Angeles. Ero nervosa al fatto di dover iniziare tutto da capo.
*
Stoppai di scatto la musica quando mi sentii toccare la spalla destra. Era mia madre. Bionda e occhi azzurri, sempre curata e alla moda, il contrario di me: rossa e occhi verdi e che se ne infischiava della moda del momento. Al contrario di lei, i miei capelli erano sempre fuori posto, sistemati in una treccia o liberi di vagare sulle spalle.
Fino a un paio d'ore fa adoravo la mia vita, vivevo a Brooklyn, dove avevo le persone a me più care: le mie migliori amiche Maia e Lola. Di parenti non ne avevo molti lì, solo qualche cugino ridottosi a pulire i bagni nelle stazioni di servizio, perché avevano abbandonato gli studi. Il resto della mia famiglia chissà, forse era sparsa in tutto il mondo.
Eccoci atterrati per la felicità di mia madre all'aereoporto di LA. Presi in fretta la mia valigia che avevo posto sullo scaffale a mezzo metro dalle nostre teste, la quale conteneva CD e i block notes su cui adoravo disegnare. Abbandonai l'aereo e seguii mia madre giù per le scale. Potetti respirare aria che non fosse quella condizionata dell'aereo, anche se molto simile a quella di Brooklyn, se non peggio; l'aria era contaminata da smog, bastava guardarsi intorno per capirlo.
"So wake me up when it's all over..." sentii strapparmi le cuffie dalle orecchie. Era mia madre che non sopportava che avessi costantemente con me le cuffie, perchè per lei era importante il 'dialogo'. Avrei voluto spiegarle però che il dialogo non era solo ed esclusivamente parlare di manicure o permanente, ma qualcosa che interessasse entrambe.
"Roxy quante volte ti devo dire che ..."
"Bisogna dialogare?" Dissi irritata con una smorfia. Con un gesto liquidai le sue parole. Mia madre sbuffò cercando di chiamare un taxi agitando delicatamente la mano. La guardai ridendo mentre rimettevo le cuffie alle orecchie.
"Perché ridi ora Maria Roxanne?" Chiese mia madre. Sapeva quanto odiavo essere chiamata con il mio vero nome ma lo faceva lo stesso per stuzzicarmi. Sollevai il pollice e fischiai forte verso un taxi in arrivo. Quest'ultimo si fermó facendoci salire. Guardai mia madre altezzosa e soddisfatta di aver rimediato un taxi prima di lei.
"Ci porti allo Sweet Cafe." Ordinó mia madre. L'autista annuì. Arrivammo in un'oretta a causa del traffico mattutino, ma tuttavia ci rilassammo un po' appena arrivate. Era tutto così imponente a Los Angeles -non che Brooklyn non lo fosse- grattacieli di trenta piani, musei e bar ovunque. Pensai: "Piacere di conoscerti Los Angeles."
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EYES
FanfictionRoxanne Hastings è una ragazza di sedici anni, dovutasi trasferire con la propria madre a Los Angeles a seguito della morte del padre. Il suo progetto di ricominciare da zero si concretizzò quando incontrò Harry: apparentemente ragazzo chiuso e scos...