Ho perso il conto

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Mi accorgo di star sorridendo prima ancora di svegliarmi.

È una sensazione strana, come se il mio corpo avesse iniziato a reagire al nuovo giorno prima ancora della mia mente e, evidentemente, ha già deciso che questa sarà una bella giornata.

Quando anche il cervello inizia a riattivare i vari recettori che lo collegano al mondo esterno vengo inondato da una serie di sensazioni contrastanti che danno un'improvvisa accelerata al battito cardiaco.

Il ricordo del modo in cui Louis mi ha abbracciato ieri sera prima di addormentarsi mi attanaglia lo stomaco insieme alla consapevolezza del fatto che durante la notte non si sia mosso se non per aderire maggiormente al mio corpo. Il suo braccio destro è steso sotto il mio collo, oltrepassando la mia figura fino a far penzolare la mano fuori dal letto. Il sinistro, invece, mi avvolge la vita sparendo al di sotto del mio maglione.

Riesco a percepire distintamente ogni singolo centimetro della pelle che sembra stia bruciando sotto il tocco della mano di Louis poggiata sulla mia pancia. Sotto il maglione. A contatto con la pelle.

Respiro.

Come dovrei riuscire a calmarmi se non riesco ancora a metabolizzare il fatto che la mano di Louis si trovi sotto il mio maglione?

Cerco di distogliere l'attenzione da quel banalissimo particolare concentrandomi su altro. Ha un piede incastrato tra i miei, mentre tutto il suo peso è abbandonato contro la mia schiena. Il suo respiro regolare mi solletica la base del collo dandomi i brividi e accentuando lo shock termico a cui sto andando incontro per via delle diverse sollecitazioni che rischiano allo stesso tempo di mandarmi a fuoco e di darmi la pelle d'oca.

Il mio termostato interiore è ufficialmente andato in tilt insieme al cervello, ormai disconnesso, e al cuore che non vuole saperne di tornare a un ritmo regolare.

La soluzione sarebbe piuttosto semplice, dato che basterebbe alzarsi per porre rimedio al tutto ma è un'opzione che non ho neanche preso in considerazione. Forse perchè so perfettamente che se in questo momento mi muovessi finirei per non resistere alla tentazione di girarmi e baciarlo.

Chiudo gli occhi sforzandomi di non riaddormentarmi perché – in fondo devo essere masochista – voglio assorbire come una spugna ogni sensazione.

Voglio abituarmi a tutto questo in modo da non avere più paura che le farfalle scatenandosi nel mio stomaco riescano a far spostare quella mano o che Louis si svegli a causa delle percussioni che rimbombano sulla pelle tramite il mio battito cardiaco.

Mi chiedo che musica verrebbe fuori se eseguissi questo spartito con una batteria.

Smetto di preoccuparmene quando un urlo stridulo riempie il corridoio, seguito dalla sonora risata di Niall. Louis grugnisce contro la mia schiena e le vibrazioni scaturite dalla sua gola percorrono la mia spina dorsale fino a far esplodere quella bolla di calore che sembrava aver trovato stabilità e che, invece, dallo stomaco precipita irrimediabilmente più in basso fermandosi nell'unico punto che avrebbe dovuto ignorare.

Sono fottuto.

La mia sanità mentale ha deciso di andarsi ad ammazzare nel momento meno opportuno perché, seriamente, non c'è niente di normale in quello che mi sta succedendo.

Cerco di riprendere il controllo di me stesso o almeno di quel briciolo di razionalità che riesco a ripescare dal fondo del cervello per dirmi da solo che sono un ragazzo di sedici anni e, soprattutto a quest'età, capita spesso di svegliarsi con una sensibilità più accentuata del solito. Insomma, sono più le mattine in cui succede che quelle in cui va tutto liscio, è perfettamente normale, comprensibile e per nulla imbarazzante. Per nulla.

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