Princess Park

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Quando ci hanno comunicato che i nostri appartamenti erano pronti nessuno di noi ha pensato a quale fosse il vero significato nascosto dietro quella semplice frase. Per tutti voleva dire solo una cosa: indipendenza. Quale ragazzo tra i diciassette e i diciannove anni non sogna di poter essere indipendente? Di avere una casa propria o di condividerla con i propri amici, di abitare in una delle città più belle al mondo per fare il lavoro dei sogni. Avere in mano le chiavi dei nostri appartamenti era stato come tenere tra le dita la chiave del proprio futuro. Quando siamo stati accompagnati presso il residence che con il tempo impareremo a chiamare casa, non è servito aggiungere nulla per rendere memorabile il momento, non è servito dire neanche una parola per sapere che per tutti noi quel Princess Park inciso sulla targhetta all'ingresso sarebbe diventato molto più che un semplice indirizzo o un piacevole ricordo. Nessuno, di certo, aveva messo in conto montagne e montagne di scatoloni a rendere meno poetico questo momento di svolta delle nostre vite.

<< E questo cosa sarebbe?>>

La voce di Louis mi coglie alla sprovvista mentre sistemo alcuni libri su uno scaffale. Quando mi volto lo trovo poggiato con una spalla allo stipite della porta con uno sguardo perplesso – quasi nauseato oserei dire – rivolto al dvd che tiene tra le dita e che ha evidentemente tirato fuori da uno dei miei scatoloni.

<< Questo è mio>>, glielo strappo dalle mani, << E si dà il caso che sia uno dei miei film preferiti>>

<< Orribile>> risponde con una smorfia facendo qualche passo all'interno della stanza e iniziando a curiosare qua e là.

<< Lo hai mai visto?>>

<< Qualche scena forse, non è il mio genere>>

<< La penserai diversamente quando lo guarderemo insieme>>

Si mette a ridere mentre si lascia andare a peso morto sul mio letto. << Non succederà mai>>

<< Vedremo>>, gli sorrido con sguardo malandrino, << Adesso non dirmi che hai già finito di sistemare tutte le tue cose>>

<< Non ho neanche iniziato>>, ammette ridacchiando mentre rotola su un fianco per far scivolare una mano nello scatolone più vicino e iniziare a curiosare tirando fuori oggetti a caso.

<< E cosa aspetti?>>

Faccio il giro del letto in modo da trovarmi di fronte a lui e togliergli, ancora una volta, tutto ciò che aveva preso borbottando un << Anche questo è mio>>

<< Mi piaceva quella maglietta>> piagnucola tornando a stendersi a pancia in su.

Come sempre la mia soglia di resistenza è quasi sotto zero quando si tratta di Louis, così appallottolo la maglia in questione lanciandogliela in faccia. Sento la sua risata soffocata dalla stoffa subito prima che mi ringrazi con il suo tono più dolce.

<< Comunque adesso viviamo insieme quindi non dovrebbe esistere più un "è mio" o "è tuo">> aggiunge tirandosi leggermente su in modo da poter seguire meglio i miei movimenti.

<< Quando mai è esistito?>>

<< Sei tu che continui a ripetere "è mio">> risponde imitandomi con una vocina acuta e irritante.

Approfitto della posizione favorevole in cui mi trovo, con le spalle rivolte al letto, per nascondere il rossore che ha improvvisamente invaso le mie guance. 

C'è un motivo se mi sento a disagio vedendo il suo interesse nel curiosare tra le mie cose e non è neanche lontanamente legato ad una gelosia materiale nei confronti di ciò che possiedo. All'interno di questi scatoloni si trova gran parte della mia vita, tanti dettagli del ragazzino di Holmes Chapel un po' sfigato e con pochi amici. 

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