Capitolo 72

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Mi ritrovo di fronte a una piccola casa abbastanza rovinata. Entriamo e il cigolio del pavimento di legno quasi mi spaventa. È davvero piccola e mal messa. C'è confusione e tanta polvere. Non mi sarei aspettata una villa pulita ma, come fa a vivere con questa sporcizia?.
"Scusa per il casino, ma sono più le volte che sto fuori che in casa" dice cercando di coprire l'imbarazzo. Resto in silenzio e mi guardo intorno. Un divano con di fronte una mini tv, a pochi metri una porta aperta da cui intravedo il bagno, dopodiché una cucina sporca dove si intravede ben poco a causa delle confusione.
"Dovresti pulire, non ti fa bene dormire qua dentro" dico restando in piedi mentre lui si siede nel divano
"Ogni volte che ci provo mi passa la voglia dopo poco" fa una risata ma resto seria. Come fa a stare in queste condizioni?.
Mi chiede cosa mi va da mangiare ma gli dico che non ho fame, stare qua dentro me l'ha fatta passare. Ordina da mangiare, non potendo mettere mano in quello schifoso spazio chiamato cucina, e aspettiamo che arrivi l'ordine.
"Come stai? Raccontami di questi anni" spunta guardandomi con occhi lucidi
"Beh, sarei stata meglio se ti avessi avuto accanto, ma ormai ci ho fatto l'abitudine" dico acida
"Non mi perdonerò mai per quello che ho fatto, ma voglio cercare di sistemare le cose. Sono stati anni difficile anche per me, guarda dove sono finito" dice riferendosi alla sua casa e al suo aspetto 
"Sei finito qua perché l'hai voluto tu, avresti potuto avere una vita migliore se non ti fossi buttato sull'alcol" lo rimprovero. Ritrattare questi argomenti fa sempre male, perché è quel momento in cui ti rivedi il passato davanti.
Parliamo e lui cerca di farmi capire che rimedierà e che mi ha cercata tanto perché sia io che Yuri gli mancavamo, ma io resto della mia idea. È mio padre e lo amo, ma ha fatto cose tremende, non ha mai pensato a come fosse difficile per me a soli 11 anni ritrovarmi da sola a casa o dentro un carcere a fargli visita ogni giorno. Mi spiega che in questi anni la sua dipendenza è stata sempre presente e che si è cacciato in molti casini ritrovandosi pure in carcere o senza una casa. Ma quando ha capito che doveva svegliarsi ha iniziato a lavorare e ha preso questa casa, ma non ci sta quasi mai tra lavoro e bar per bere. Ha cercato di farmi capire quanto sia stato difficile per lui affrontare quella perdita e che anche se sa che ha fatto la cosa sbagliata con noi, non voleva metterci in altri casini restando a casa, non voleva che io lo vedessi tornare ubriaco ogni sera, la sua scusa è che l'ha fatto per noi, ma a me fa solo ridere. Le sue parole potranno anche essere vere, ma la delusione che mi ha lasciato è più grande di qualsiasi cosa. Un suono strano proviene dalla porta e mio padre va ad aprire. Prende il cibo che aveva ordinato, paga e chiude la porta.
"Sicura di non voler nulla?" Mi chiede iniziando a mangiare, annuisco e rimango in silenzio "Il fidanzato?" Chiede dopo un po'
"Non sono affari tuoi" dico acida
"Dai, non giudicherò" mi avverte
"Anche perché non puoi permetterti di giudicare gli altri quando sei messo cosi" dico riferendomi al suo aspetto e situazione
"Hai ragione. Chi è lui?" Domanda di nuovo
"Un ragazzo dell'Università" mi limito a dire
"Molto vaga come risposta. Ha un nome?" Sorride
"Cameron" dico e lui smette di mangiare improvvisamente.
"Stai scherzando?" Mi chiede alzandosi con volto preoccupato
"No, lo conosci?" Domando confusa a questa sua reazione
"Cameron è un ragazzo pericoloso, c'ho avuto a che fare qualche anno fa quando avevo ripreso a drogarmi. Mi ha cacciato in tanti casini, non posso credere che ti sei buttata tra le sue braccia. Tuo fratello lo sa?" Inizia a dire. Come cavolo fa a conoscerlo? Conosce tutti, è sempre stato qui, tutto questo mi inquieta.
"Avevi detto che non avresti giudicato" scuoto la testa
"Lo so piccola ma lui è così-" lo interrompo
"Tu sei uguale a lui, fate le stesse cose e usate le stesse sostanze, almeno però lui c'è stato e mi ama, quindi non aprire bocca se non sai le cose" dico arrabbiata. Da quale pulpito vengono dette quelle cose?.
"Scusa, io... mi preoccupo per te" sussurra
"Non devi, sono cresciuta da sola e mi sono sempre fatta coraggio da sola in tutto quello che facevo, non ho bisogno di te che ti preoccupi per me" sputo acida. Lui resta in silenzio davanti alle mie parole.
"Scusa" dico all'improvviso. Non so nemmeno perché gliel'ho chiesto, forse perché sapere che quest uomo è mio padre mi limita dall'essere stronza quanto dovrei per quello che ha fatto.
"Tu hai ragione, non devi nessuna scusa. Spero solo che lui ti renda felice" mi guarda sincero
"Lo fa" lo rassicuro
"Ottimo" sorride.
Passiamo il resto della giornata a parlare, tra una discussione e l'altra, gli racconto per bene questi anni e perché mi ritrovo a lavorare al bar di Tyler. State con lui mi è servito, perché so che non sto parlando con una persona qualunque, e visto che con Yuri non ci parlo per bene ormai da mesi, parlare con un famigliare mi fa davvero bene, pure se mi ha fatto male. In tarda giornata mi porta all'Università.
"È il mio numero" dice passandomi il suo telefono. Faccio una foto allo schermo e lo salutò con un piccolo sorriso. Quando scendo dalla macchina mi sento bene ma male allo stesso tempo. Sto meglio perché ho rivisto mio padre, ho parlato con lui, su alcune cose ci siamo chiariti, ma il male che mi ha fatto non va via dopo poche ore. Oggi non mi sarei dovuta vedere con Cameron ma essendo che non sono andata a lavorare voglio vederlo e dirgli tutto. Lo chiamo.
"Ehi" risponde dopo poco "Dimmi" procede
"Hai da fare?" Chiedo
"No, tutto okay?" Si preoccupa
"Un po' confusa, devo dirti una cosa" vado dritto al sodo
"Dimmi dove sei che vengo" dice preoccupato, che carino
"Al parco" dico e dopo un po' stacchiamo.
Sto aspettando Cameron seduta sul prato e i miei pensieri non riescono a calmarsi, penso a Yuri e a come potrebbe reagire. Non vorrebbe più avere a che fare con lui, non accetterebbe nemmeno che io facessi pace con lui perché mi ha fatto troppo male, ma io ho bisogno di un padre affianco e spero che questo lui lo capisca.
"Spero sia una cosa seria" arriva Cameron con il fiatone
"Si, grazie di essere venuto" gli do un bacio a stampo. Si siede accanto a me e fa un sospiro.
"Dimmi" esclama con volto preoccupato
"Ho incontrato mio padre" dico diretta senza troppe parole
"Cosa?" Spalanca gli occhi
"Si, sono stata con lui oggi" gli spiego. Racconto tutto, dettaglio per dettaglio, dandogli pure qualche informazione in più sul mio passato. Gli ho pure spiegato chi è e si è subito ricordato di lui, è stato uno dei suoi primi clienti, con cui però non è andata bene.
"Sono contento per te credimi, anche se quello che ha fatto è imperdonabile, hai bisogno di lui" mi fa capire e mi fa piacere che ha capito la situazione
"L'ho trovato diverso, disposto a farmi capire che è davvero pentito" spiego
"Dagli questa possibilità, non avere paura" è così bello quando mi da consigli sensati
"C'è solo un problema, che non ti sopporta" rido
"Nessuno mi sopporta, ma riusciró a farmi perdonare" sorride e mi abbraccia. Sfogarmi con lui mi è servito tanto, per questo mi sento meglio oggi, ho ritrovato mio padre con cui ho parlato del più e del meno e in più mi sono sfogata con Cameron e questo anche mi ha aiutata, devo dire che è stata una giornata strana ma bella. Si è fatto tardi e entrambi abbiamo fame, così mi porta al bar dell'Università a mangiare qualcosa. Siamo tranquilli a mangiarci il nostro hamburger fino a che un messaggio non arriva nel telefono di Cameron.
-Anche io spero di rivederti presto-
Dice. Resto confusa finché non vedo il nome di chi l'ha inviato... Madison. Rimango bloccata di fronte a quella frase e lo stomaco e la testa iniziando a non ragionare.

Ti odio ma ti amoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora