36.

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ANNE

Sedevo in terrazza in compagnia di un bel tè e di questo bellissimo romanzo che avevo scovato nella mia camera.
Ero rimasta sorpresa quando avevo trovato più di una copia e in diverse lingue di questo libro; turco, italiano, inglese, giusto per citarne alcune.
Inizialmente avevo iniziato a leggerlo in italiano ma successivamente avevo deciso di continuare la lettura in spagnolo.

Mio padre aveva origini uruguaiane e fin da piccolina mi aveva sempre parlato in spagnolo; adoravo la fluidità e l'armonia intrisa nelle sue parole. Mia madre lo parlicchiava e da dopo la loro morte erano state pochissime le occasioni in cui avevo potuto usarlo. Nonostante anche mio zio, dato che era fratello di mio padre, parlasse lo spagnolo, Fabrizio riusciva giusto giusto a capire qualche frase e quindi anche con lui non avevo mai potuto parlarlo.

Mi voltai quando sentii dei passi provenire dal patio; erano troppo leggeri per essere quelli di Can. Infatti subito dopo scorsi la figura del maggiordomo più gentile che esistesse sulla faccia della Terra. Tenni il segno con un dito e alzai il viso verso di lui.

Era il primo sabato dal suo ritorno quindi il primo giorno che rimanevo sola con lui, dato che non lavoravo. Mi era mancato questo vecchietto premuroso.

"Milady." Mi salutò con il suo solito piccolo inchino.

Sorrisi ormai sconfitta dal fatto che avrebbe continuato ad inchinarsi a me come se fossi una regina. "Rubino." Replicai, chinando il capo e facendolo sorridere.
Sembrava irradiato di gioia da quando era tornato; beh, l'Italia era un toccasana e anche io avrei voluto tanto tornarci.

"Vuole che le porti una coperta più calda?" Chiese dolcemente, vista l'aria fresca che aveva iniziato a soffiare.

Schioccai la lingua. "Hayır canım. Sto molto bene così, grazie." Gli sorrisi anche con gli occhi; a volte mi stupiva quanto oltre potesse andare la sua premura. Di sicuro lui era in possesso della maggior parte di quella di Can.

Fece un cenno di assenso col capo. "Non sono venuto qui solo per sapere se avesse freddo." Fece una piccola pausa in cui lo invitai a proseguire. "C'è il signor Burak all'ingresso."

Alzai un sopracciglio. "Beh digli di ripassare, sai anche tu che Can in questo momento non c'è." Risposi, non riuscendo a capire perché me lo avesse detto.

"Milady sono vecchio ma la memoria mi funziona ancora. Il signor Burak è qui per vedere lei."
Non riuscii a trattenere la mia sorpresa, Burak era qui per me? Seriamente?

Sbattei le palpebre ed annuii. "Ehm sì, fallo entrare." Risposi infine, congedandolo.

Chinò il capo e si diresse verso casa.

Presi la matita e feci un piccolo segno al punto dove ero arrivata per poi mettere il segnalibro e chiudere il libro.
Mentre posavo il romanzo sul tavolino accanto alla sdraio sentii uno strisciare di ciabatte che veniva verso di me. Eccolo che arrivava.

"Hoş geldin." Mormorai, alzando il capo verso la sua direzione.

"Hoş bulduk." Replicò, rimanendo in piedi di fronte a me.

"Can non è casa in questo momento, come puoi vedere." Gli feci notare, continuando a non capire perché fosse venuto.

Inclinò il capo. "Oh, questo lo so molto bene."

Alzai le sopracciglia. "Beh? Te ne rimani lì con le mani in mano?" Domandai dopo alcuni attimi, non capendo perché allora non si accomodasse.

Sorrise. "Allah, sei propria italiana."

"Non so in merito a cosa sia dovuta questa osservazione, ma lo prendo come un complimento." Replicai, appoggiandomi allo schienale.

Fece un risolino. "Lo è Anne. Comunque avevo pensato di passeggiare un po' anziché stare ad ibernare su delle sedie." Nonostante la frase dovesse suonare come una specie di proposta, me la impose, esattamente come Can.
Sentire il mio nome, quello vero, mi fece perdere un battito; Burak era l'unico che mi concedeva questo onore.

𝗦𝗔𝗕𝗕𝗜𝗘 𝗠𝗢𝗕𝗜𝗟𝗜 {𝙲𝚊𝚗𝚎𝚖}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora