10.

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CAN

Raggiungemmo il deposito nel totale silenzio dopo circa due ore.
Per il momento potevamo considerarci al sicuro.

Burak parcheggiò il fuoristrada ed io balzai fuori, aprendo la porta posteriore. Mi concessi un attimo per osservarla; il suo viso era rilassato, il suo corpo si muoveva impercettibilmente ad ogni respiro. Era bella, ma non ci trovavo niente di eccezionale.

La scossi, posandole una mano sulla spalla, finché non aprì di colpo gli occhi color nocciola. Non appena si accorse di dove si trovava e di me, il suo viso si contrasse di dolore e paura, ritornando alla realtà.

Senza che mi aspettassi una reazione del genere, mi tirò un calcio in pieno viso, facendomi andare a sbattere contro la portiera. Cercò di aprire l'uscita dall'altro lato ma con scarsi risultati dato che la afferrai e la tirai fuori con uno strattone. Sibilò sottovoce per la mia brutalità, ma non disse una parola.
Di colpo sembrava riaver acquistato tutta la carica che di certo avevo notato non possedesse con Erkan. Di lui aveva paura e quindi aveva imparato a rimanersene buona al suo posto. Di questo passo avrebbe avuto presto paura anche di me.

La feci camminare davanti a me, tenendola sotto controllo. Cercava di non darlo a vedere ma i suoi occhi e di conseguenza il suo capo, guizzavano da una parte all'altra cercando una via di fuga. Dovevo ricredermi; aveva più grinta di quello che mi aspettassi. Mi sarei divertito come un matto.

Entrammo nella base per ultimi. Gli uomini e Burak si stavano togliendo i giubbotti antiproiettili e deposero le armi, ora che il pericolo era passato. Camminavano e si muovevano ad un metro di terra per la vittoria.

Raggiunsi Burak e imitai i loro gesti, per poi versarmi un bicchiere di whiskey.

"Che diavolo ti è successo? Hai deciso di provare a sentire cosa si prova pizzicando la bocca nella portiera?" Chiese divertito, indicando le mie labbra.

Non capendo che minchiate stesse dicendo, mi passai una mano sulle labbra vedendo poi del sangue su di esse.
Era riuscita a farmi sanguinare il labbro. Mi voltai verso di lei, indicandola con il capo, facendolo ridacchiare. "È stata lei? Ah beh, Allah ci ha mandato un bel peperino." Continuò a ridere, versandosi del whiskey come me.

Mi appoggiai al tavolo e osservai la nostra nuova prigioniera; se ne stava in piedi al centro della grande stanza, scrutandoci tutti quanti e continuando a cercare di individuare una via di fuga. Col suo vestito bianco contrastava tantissimo con tutti noi che vestivamo di nero. Ma non era solo per come eravamo vestiti che eravamo diversi; lei non faceva parte di questo mondo, ma ormai ne era stata risucchiata.
In volto si imponeva di mantenere un'espressione fredda ed impassibile, rifiutandosi di mostrare la paura.

"La prossima volta che mi dici che il mio ruolo in un'operazione è quello di interpretare un consulente per gli spurghi, ti giuro che non lavorerò più con te." Mi informò, voltandosi anche lui, sorseggiando il suo liquido ambrato.

Gli sorrisi ma il mio sguardo continuò a rimanere su di lei. Non ricordavo il suo nome; Anna, Ana, Angela... beh, tanto poco importava.
"Allora me lo ricorderò, così forse sarà la volta buona che non ti avrò più tra i piedi. E poi te lo avevo detto che avresti fatto Cenerentola." Lo derisi, alzandomi e posando il bicchiere.

Andai da lei, passandomi ancora una volta la mano sul labbro. Non sanguinava quasi più; l'alcool aveva disinfettato. Quando si accorse che mi stavo avvicinando, raddrizzò la schiena, mostrandosi sicura.
Sembrava una persona completamente diversa da quella di giorni fa.

Mi fermai ad un palmo dal suo viso, facendo quasi scontrare i nostri nasi. Tenni gli occhi fissi nei suoi, per vedere la sua reazione. Sostenne il mio sguardo nero come la notte per pochi secondi e poi voltò il viso dall'altra parte.

𝗦𝗔𝗕𝗕𝗜𝗘 𝗠𝗢𝗕𝗜𝗟𝗜 {𝙲𝚊𝚗𝚎𝚖}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora