46.

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Ero sdraiata su una coperta.

Il sole era caldo. L'erba dell'immenso prato era di un verde luminoso. Il cielo era terso, privo di ogni nuvola.

Improvvisamente sentii freddo, come se un vento freddo stesse avvolgendo solo il mio corpo. Mi strinsi, mi chiusi cercando di scaldarmi, ma non ci riuscii. Poi di nuovo calore, calore umano tornò a scaldarmi.

Ora sulla coperta insieme a me c'era Can, che mi stringeva tra le sue braccia forti e mi cullava, portandomi via da qualsiasi brutto pensiero, qualsiasi brutto ricordo. Ero semplicemente al sicuro, nel posto in cui avrei voluto rimanere per sempre.

Tornai a socchiudere gli occhi, sentendomi finalmente amata.

***

Un rumore leggero e costante, mi strappò lentamente dalle braccia di Morfeo.

Come tutte le mattine irrigidii tutto il corpo, stiracchiandomi: allungai le gambe e le braccia. Solo che sotto ai miei piedi sentii come il vuoto e le mie braccia si scontrarono con della morbida pelle, anziché il solito ferro battuto del mio letto.

Aprii all'istante gli occhi e cercai di mettere a fuoco dove mi trovavo.

Indosso avevo ancora il pigiama che avevo messo ieri sera. Il mio corpo era coperto da due calde coperte in pile di colore grigio che contrastavano con il sedile in pelle color crema su cui mi trovavo.
La seduta era stata allungata e lo schienale reclinato leggermente in modo che io potessi dormire comoda.

Sentii il mio cuore in gola non appena spostai lo sguardo alla mia sinistra trovandovi un oblò. Un cavolo di oblò di un cavolo di aereo.
Avevo preso solo due volte un aereo in tutta la mia vita. Una per un'esperienza in Spagna al quarto anno di superiori e l'altra non me la ricordavo nemmeno, dato che ero stata drogata.

Il lusso di quell'aereo privato, visto le ultime persone che avevo affrontato negli ultimi sette mesi, mi spaventò.
Eppure non c'erano delle manette a stringermi i polsi. Non sentivo dolore da nessuna parte.
L'unica cosa che sentii ancora di più di ieri fu la nausea.

Di chi era quell'aereo?

Mi tirai a sedere quando la figura di Can apparve da dietro il mio sedile.
Possedeva pure un jet privato? Che domanda stupida Anne; se non possiedi anche un aereo non hai tutti gli accessori per il essere il ricco, cattivo, e presuntuoso.

Si accomodò nella seduta singola di fronte a me, guardandomi divertito e felice. "Günaydın." Mormorò con un mezzo sorriso.

Non risposi al suo saluto. "Pur di costringermi a parlare con te ora mi rapisci pure?" Chiesi allibita, appoggiandomi al comodo sedile. Vedere che ero con lui mi tranquillizzò.

Ghignò. "Penso che tra un'ora non sarai così dispiaciuta." Disse, sicuro di sé. Questo lo avrei deciso io.

Non gli risposi e mi voltai verso l'oblò, ammirando le nuvole illuminate dalla luce del sole. A giudicare dal colore del cielo doveva essere mattina, il sole era praticamente appena sorto. Che vista meravigliosa, non l'avrei mai dimenticata.

"Cosa vuoi per colazione?" Mi chiese con premura tant'è che non sembrava quel uomo super stronzo e odioso delle ultime settimane.

Mi girai una ciocca dietro l'orecchio. "Va bene qualsiasi cosa, basta che ci sia anche della coca cola o della pepsi." Replicai, cercando di non usare un tono troppo accusativo.

Alzò entrambe le sopracciglia. "A colazione?" Domandò stranito e leggermente schifato.

"Mhm." Risposi, giocherellando con le mie dita.

𝗦𝗔𝗕𝗕𝗜𝗘 𝗠𝗢𝗕𝗜𝗟𝗜 {𝙲𝚊𝚗𝚎𝚖}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora