76.

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COOPER

"Io comincio ad essere un po' preoccupato... per il tuo amico intendo." Dissi infine, passandomi una mano tra i capelli. Dall'altra parte sentii un sospiro lungo come il mio tragitto dalle macchinette al mio ufficio. A quanto sembrava i sospiri in Turchia erano delle vere e proprie risposte.

"Io non posso dirmi preoccupato... vorrei solo capire che diavolo sta succedendo in quella suite. Sei sicuro che i tuoi amici russi abbiano fatto il loro lavoro." Mi domandò ed io roteai gli occhi, per poi buttarmi sulla poltrona e posare i piedi sul bordo della mia scrivania.

Risi. "Sei un ex mafioso o un ex reginetta, non ricordo? Hanno fatto il loro lavoro." Replicai, aprendomi il cartone della pizza avanzata di ieri sera; ancora più buona il giorno dopo.

Sospirò per la milionesima volta da quando aveva avuto inizio questa telefonata. "Credo che siamo andati troppo oltre. Stessa suite forse era già abbastanza, le manette forse porteranno alla distruzione dell'intero hotel."

"Ma non eri tu quello con un po' di brivido dell'avventura tra i due? Mi sembra di parlare con un pappamolle." Trangugiai mezza fetta di pizza, per poi continuare. "Sì, sono preoccupato anche io... perché so quanto tutto questo sta facendo male a Anne, ma è l'unica possibilità che hanno per provare a chiarirsi, dato che quel zuccone del tuo amico è un idiota." Sentii vibrare il telefono, quindi lo allontanai dall'orecchio, vedendo cosa fosse. La mia bambina mi stava chiamando.

Diedi un altro morso e informai il mio complice, con la bocca ancora piena. "Burak, Anne mi sta chiamando... forse Can farà lo stesso con te. Teniamoci aggiornati." Misi giù e risposi al mio raggio di sole.
"Pulce! Pensavo ti fossi dimenticata di me. Com'è la Ru-"

"Tu e la tua Russia potete benissimo andare a quel paese insieme. Ci sei tu vero dietro tutto questo?!" Mi interruppe furibonda, parlando a bassa voce.

Sorrisi e presi un'altra fetta. "Ma che stai dicendo Pulce? È successo qualcosa?" Gli chiesi, fingendomi preoccupato, ma credo con scarsi risultati; in fondo mi conosceva più di chiunque altro.

"Calogero hai poco da scherzare." Mi ammonì, chiamandomi con il mio vero nome, facendo sospirare pure me ora. Lo avevo sempre detestato. "Anche le manette sono opera tua vero?"
Non le risposi, troppo impegnato a gustarmi la salsiccia per poi bere un po' di caffè: in qualsiasi caso la risposta la conosceva già.

La sentii sbuffare sonoramente. "Sentimi e ascoltami bene. Sappi, sappi, che quando tornerò o oggi o domani, mi sentirai. Ti consiglio di nasconderti bene, così da risparmiare un po' di tempo." Mi minacciò, ed io dovetti allontanare il telefono per non farle sentire che stavo ridendo. Non c'era niente che mi facesse meno paura delle sue minacce.
"D'accordo, andrò nelle catacombe... ma aspetta! Devo lasciarti, è appena arrivata Angelina Jolie nel mio ufficio, sai che aspetto questo momento da tutta la vita. Un bacio Pulce." Non le diedi neanche il tempo di rispondere, che spensi la chiamata. Ero sicuro che ora fosse ancora più sulle furie, ma era giusto così.

Reclinai leggermente la poltrona, incrociando le mani sulla pancia, sorridendo. Mai avrei pensato di essere in qualche modo padre, specialmente di una femmina... era tutto più complicato con loro. Eppure lo ero diventato ed era stata la cosa più bella che mi fosse capitata. Ora però era una situazione difficile, volevo il meglio per lei e nonostante ora fossi certo stesse soffrendo e stesse odiando il mondo intero, ero anche certo che avrebbe portato a buoni risultati.
Speravo che potesse riscattarsi e forse, grazie a lei, ci sarei riuscito anche io con il mio passato.

Appoggiai la testa contro lo schienale e sorseggiai un po' di caffè. "Spero di star facendo bene le tue veci." Mormorai, guardando il soffitto e socchiudendo gli occhi.



𝗦𝗔𝗕𝗕𝗜𝗘 𝗠𝗢𝗕𝗜𝗟𝗜 {𝙲𝚊𝚗𝚎𝚖}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora