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ANNE

Imboccammo una strada sterrata circondata da centinaia e centinaia di filari di viti. Era stupendo. Era tutto stupendo.

Ero di nuovo in Italia.

Da quando ero scesa dal jet privato di Can, non ero ancora riuscita a proferire una sola parola ancora scombussolata da tutto questo.

Perché mi aveva portata in Italia? E perché Rubino era stato sull'aereo con noi?

Continuavo a stare appiccicata al finestrino della macchina che Can si era fatto trovare all'aeroporto, osservando ogni minimo dettaglio con gli occhi di una bambina.

Nonostante i grappoli d'uva non ci fossero ancora, mi sembrava di percepirne il dolce profumo e tutto questo mi ricordò la bellissima vista che ero solita vedere tutti i giorni dalla grande finestra della mia casa a Roma. Mi si formò un groppo in gola, che cercai di scacciare non appena Can parcheggiò nel grande piazzale di quello che sarebbe stato il nostro hotel.

Spense il motore della BMW e sentii il suo sguardo su di me.

Mi voltai, volendo incrociare i suoi occhi.

Da questa mattina mi sembrava di scorgere uno sguardo diverso nei suoi occhi, a cui però non sapevo dare un senso o un perché.

"Perché siamo qui? Cioè, qualsiasi cosa sia, perché mi hai portata con te?" Gli chiesi dopo qualche minuto passato a guardarci e a perderci negli occhi dell'altro.

Sorrise. "Quando saremo nella nostra camera ti spiegherò tutto." Rispose, uscendo dall'auto.

Prima di scendere presi un bel respiro, cercando di tranquillizzarmi e controllare i miei sentimenti e le mie emozioni.

Dopo che Can si impuntò per prendere le valige di entrambi, ci avviammo verso l'hotel.
Come da quando ero scesa dall'aereo, portai il naso all'insù osservando quel luogo meraviglioso.

Era un hotel di lusso, chiuso tra le rovina di un vecchio e grande castello. Le parti ristrutturate e le grandi finestre, si accostavano magnificamente alla storia intrisa in quelle mura antiche e alle piccole finestre tipiche di quei secoli. A renderlo ancora più affascinante era tutto il verde, tutti i vigneti, tutta la natura in cui era immerso. Sembrava di essere fuori dal mondo.

Raggiungemmo la reception dove Can parlò in italiano fluente e si fece dare la chiave della nostra stanza.
Prendemmo l'ascensore e in quel piccolo minuto che ci volle per raggiungere il nostro piano, mi sentii mancare l'aria e travolta da un caldo improvviso.
Tutto questo era colpa di due cose: primo per lo spazio ristretto dell'ascensore e secondo per colpa della persona con cui stavo dividendo quello spazio ristretto, il suo sguardo mi stava bruciando la pelle.

Grazie a Dio le porte dell'ascensore si aprirono ed io mi precipitai fuori, aspettando che quell'uomo che volevo odiare ma non riuscivo, uscisse a sua volta.

Superammo tre stanze per poi arrivare alla nostra.
Infilò la chiave nella toppa, guardandomi intensamente ed io non riuscii a non arrossire. Dannazione Anne!

Quando la porta scattò, la aprì e allungò un braccio, facendomi entrare per prima.

Una volta entrata mi sembrò di essere tornata indietro di secoli e secoli. La stanza aveva mantenuto quel clima lussuoso e di corte, che solo un nobile castello poteva aver avuto. Accanto al tema nobile c'erano pregiati mobili in legno che definivano il salotto e la camera da letto.
Era enorme e mozzafiato, questa meraviglia sarebbe stata per sempre impressa nella mia mente.

Mi tolsi la giacca in pile che avevo sostituto alla giacca di Can, appendendola accanto al grande divano.

Quando mi girai, trovai Can impegnato a scrutare ogni parte del mio corpo.
Si soffermò sullo spacco della gonna sulla mia gamba sinistra e subito dopo portò gli occhi nei miei, guardandomi malizioso.
Arrossii di botto e abbassai per un attimo gli occhi, non riuscendo a sostenere quello sguardo.

𝗦𝗔𝗕𝗕𝗜𝗘 𝗠𝗢𝗕𝗜𝗟𝗜 {𝙲𝚊𝚗𝚎𝚖}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora