74. Prima parte

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CAN

Allah che mal di testa. Le luci del corridoio erano insopportabili.

Non potevo nemmeno usare la scusa del jet-lag, dato che non c'era diversità tra il mio paese e questo.

Arrivai davanti alla porta della mia stanza e rimasi qualche secondo a fissarla.
L'alcool in Russia era molto più forte, per questo solo la metà dei bicchieri che bevevo di solito, mi avevano steso. Altrimenti non riuscivo a spiegarmelo.

Mi toccai il cappotto, cercando la tasca in cui avevo messo il badge. Dopo un po' lo trovai, quindi lo passai davanti al riconoscimento.
La serratura scattò e rimisi in tasca quell'aggeggio. Mi strofinai gli occhi, per poi spalancarli, cercando di inquadrare le misure.

Entrai, ma non fui accolto dalle tenebre del buio. Corrugai la fronte e alzai lo sguardo, passandomi una mano tra i capelli, vedendo le luci soffuse del salotto accesse. Mi appoggiai di peso alla porta, guardandomi attorno. Eppure non mi era sembrato di aver acceso nessuna luce; che fosse già passata la donna delle pulizie?
Vidi una figura nel corridoio che portava al bagno e... vidi una figura nel corridoio del bagno!

Mi rivoltai verso di lei, cercando di mettere a fuoco. Quando vi riuscii, il cuore cominciò a battermi in gola. Quella non era la donna delle pulizie.
No, non poteva essere... l'alcool russo doveva avere anche più effetti allucinogeni, perché altrimenti anche questo non me lo spiegavo.

Rimase immobile com'era, con una mano posata tra i seni. Mi portai nuovamente i capelli all'indietro e avanzai di qualche passo verso quell'immagine così familiare. Quello che mi straziò però, fu il fatto che lei indietreggiò e seppur nella penombra, riuscii a vedere i suoi occhi scuri velarsi di lacrime.
Misi male un piede, quindi barcollai leggermente e lei ne approfittò: mi sorpassò, correndo dalla parte opposta, trafiggendomi con il suo profumo.
Cercai di fermarla, ma con scarsissimi risultati, anzi rischiai quasi di cadere.

Sentii una porta aprirsi e poi richiudersi immediatamente, a chiave. Si era chiusa nella camera da letto.
Mi posai le mani sulla faccia, ancora incredulo. Che diavolo ci faceva lei qui?

Trascinai il mio corpo fino al divano, dove la mia testa provò immediatamente sollievo entrando in contatto con il cuscino scomodo, ma freddo.
Socchiusi gli occhi più per il dolore che per vero e proprio sonno, dato che mi era passato appena avevo incontrato i suoi occhi.
Non poteva essere tutta una coincidenza, doveva esserci qualcuno dietro... ed ero sicuro di sapere chi potesse essere.


***


Aggrottai la fronte, avvertendo dei rumori.
Cessarono per un momento, ma oramai avevo sentito qualcosa, non potevo più far finta di niente.

Aspettai che qualsiasi cosa fosse, ricominciasse. Non appena fu così, scattai e misi immediatamente a fuoco la vista.
L'afferrai per il polso e la tirai a me. Solo ora vidi che era lei, per davvero.
Allora non mi ero immaginato tutto.

Il suo sguardo spaventato si trasformò nella frazione di un secondo, in uno pieno di rabbia e furia.
Si liberò dalla mia presa, indietreggiando di un passo e massaggiandosi il polso. In quegli istanti in cui abbassò gli occhi su quest'ultimo, io potei osservarla attentamente.
I suoi capelli erano poco più lunghi, delle ciocche di un marrone più chiaro si mischiavano con le sue naturali. Alcuni ciuffi corti le ricadevano davanti al viso, dandole un'aria ancora più sexy.

Riportò quel suo sguardo ipnotico nel mio, trucidandomi. Allah se era bella.
"Si può sapere che diavolo ci fai nella mia suite?" Mi chiese acida, sprezzando disgusto ad ogni secondo che passava.

Alzai un sopracciglio. "Si può sapere che diavolo ci fai tu, nella mia suite." Ripeti, sottolineando quel 'tu' che avevo aggiunto.

Incrociò le braccia al petto. "Non ti è già bastato tutto quello che mi hai fatto?! Devi pure iniziare a perseguitarmi ora?" Mi domandò, con il viso imbronciato come quello di una bambina lagnosa.

𝗦𝗔𝗕𝗕𝗜𝗘 𝗠𝗢𝗕𝗜𝗟𝗜 {𝙲𝚊𝚗𝚎𝚖}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora