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ANNE

CIRCA OTTO MESI DOPO

"In nome del Popolo Italiano, la Corte d'Assise di Roma, in ordine ai reati ascritti all'imputato, ha pronunziato e pubblicato, mediante la lettura del dispositivo, la seguente sentenza. Visti gli articoli cinquecentotrentatre e cinquecentotrentacinque, del codice di procedura Penale dichiara: Montero Juan, colpevole dei reati a lui ascritti al capo A della sua rubrica, esclusa la circostanza aggravante di cui all'articolo sessantuno, numero due, numero quattro, numero cinque, numero otto, codice penale, limitatamente alle condotte contestate come commesse sino all'anno precedente. Condanna il qui presente Montero Juan, alla pena di anni trenta di reclusione, nonché al pagamento delle spese processuali. Visti l'articolo cinquecentotrentotto e seguenti, codice procedura penale, rigettata ogni diversa domanda, condanna Montero Juan al risarcimento dei danni in favore alla parte civile lesa Montero Anne, liquidati in euro complessivi un milione." Sentenziò il giudice, battendo il martelletto per l'ultima volta.

Chiusi gli occhi e alcune lacrime sfuggirono al mio controllo, scivolando sulle mie guance fredde. Cooper mi sedeva accanto in alta uniforme e vidi che una lacrima rigò anche il suo viso. Mi guardò con uno sguardo indescrivibile e mi abbracciò forte forte.
Dopo sei mesi, ventisei giorni e sette ore, avevamo avuto giustizia: per i miei genitori, per mia zia, zia Bea, e per tutte le persone che avevano sofferto per mano sua e di suo figlio.

Non riuscivo ancora a crederci.

Ci alzammo in piedi ed io puntai gli occhi dritti in quelli di quel uomo spregevole che aveva finalmente ricevuto la sua punizione. Mi guardò a sua volta e mi sorrise. Che stronzo.
Prima che i poliziotti lo ammanettassero e lo portassero via, mi salutò per l'ultima volta con una sorta di saluto militare, posandosi due dita sulla fronte. Lo guardai con disgusto, quando Coop mi posò una mano sul fianco, facendomi capire di andare avanti. Non meritava più nulla da me.

Uscimmo dalla sala e una volta varcate quelle porte, uno dei più grandi pesi che mi fossi mai portata dietro, sembrò svanire. Mi sentivo molto meglio.
Indossai il cappotto e Cooper si sistemò il capello del corpo di polizia. Si era vestito così per l'occasione di oggi ed era una delle prime volte che lo vedevo vestire elegante, non mi sembrava neanche lui.

Nel mentre che mi stavo tirando fuori i capelli rimasti pizzicati nel cappotto, Francesco mi arrivò accanto con la solita compostezza che lo contrastingueva, baciandomi la guancia. Aspettò che mi sistemai, per poi abbracciarmi, accarezzandomi la schiena per confortarmi.
"Te l'avevo detto che ce l'avremmo fatta piccola." Disse e da appoggiata sulla sua spalla, potei vedere Coop roteare occhi e capo. Sorrisi, ma lo fulminai con lo sguardo e lui mi chiese che aveva fatto, solo con un movimento del capo.
Questa volta fui io a portare gli occhi al soffitto per poi staccarmi da Francesco.

Mi girai una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Beh il grande lavoro lo hai fatto tu." Gli dissi, cercando di non guardare la faccia di Coop.
In risposta Francesco si posò una mano sul petto, ringraziandomi per il complimento.

"Che ne dici de annà a pranzare per festeggiare la chiusura del processo?" Mi domandò, portandosi le mani sui fianchi, evidenziando il corpo asciutto da sotto la camicia. "Se vuoi puoi venire anche tu." Aggiunse, come se si sentisse costretto, guardando quell'uomo baffuto che ci stava accanto.

"Gentilissimo, ma ho già pranzato una settimana fa." Replicò sorridendogli, prendendolo per il culo. A volte non sapevo da dove gli uscissero. Francesco ridacchiò ma non credo capì cosa lui volesse intendere.

La mia voglia di uscire e socializzare nell'ultimo periodo era pari a zero. Da quando avevo deciso di aprire il processo contro mio zio, dato che i suoi traffici non erano circoscritti solo all'Italia, media e giornalisti mi assalivano. Per fortuna ora molto meno, ma in qualsiasi caso non mi piaceva stare in luoghi affollati o in generale insieme ad altra gente.
Sorrisi amareggiata. "Francè mi dispiace, ma oggi non me la sento proprio, vorrei stare un po' tranquilla." Declinai l'invito, vedendo la delusione sul suo volto.
Abbassò il capo e fece spallucce. "Stai tranquilla piccola, faremo un'altra volta." Fece una pausa in cui sorrise, quasi preoccupato. "Non mi mollerai ora che è tutto finito." Scherzò, ma a me diede un briciolo di fastidio.

𝗦𝗔𝗕𝗕𝗜𝗘 𝗠𝗢𝗕𝗜𝗟𝗜 {𝙲𝚊𝚗𝚎𝚖}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora