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CAN

Sedevo sul balcone del mio studio, con l'aria fredda di novembre ad abbracciarmi, mentre aspettavo il momento giusto per andare da lei.

Sorseggiai il whiskey, il mio migliore amico ormai, osservando il cielo illuminato dalle stelle e dalla Luna.
Quest'ultima settimana era stata un inferno e il grande e doloroso livido sul mio petto poteva confermarlo. Chissà cosa sarebbe successo se non fossimo andati con le giuste protezioni... probabilmente ora non sarei qui.
Gli italiani erano imprevedibili. D'altronde proprio un'italiana viveva qui con me e penso che persona più imprevedibile non la abbia mai incontrata nell'arco della mia vita.

Dalla nostra litigata era diventata il mio chiodo fisso. Appena avevo la mente libera ecco che i miei pensieri correvano a lei e tutto questo non mi andava affatto bene. Ma dopo stanotte tutto sarebbe cambiato; finalmente l'avrei posseduta e così avrei smesso di pensare a lei.

Quando l'avevo raggiunta oggi pomeriggio, prima di coglierla di sorpresa mi ero preso un attimo per guardarla. Osservava quella vecchia amaca con gli occhi di una bambina che aveva ricevuto il giocattolo che tanto desiderava. Il suo viso era sereno e quasi spensierato. I suoi occhi ammiravano anche il paesaggio che aveva di fronte a sé con adorazione e le sue labbra erano contornate da un sorriso che non le avevo mai visto in volto.
Quando sentì la mia voce tutto quello si tramutò; la sua fronte si corrugò, la sua bocca si strinse in una linea piatta e i suoi occhi non furono più quelli di una bambina spensierata.

Nel momento in cui l'avevo tenuta tra le mie braccia e mi ero trovato a tanto così dalle sue labbra carnose, avevo fatto davvero fatica a resistere all'impulso di prenderla all'istante. L'avevo osservata attentamente, cercando di capire cosa le passasse per la testa. Quando le avevo prospettato cosa sarebbe successo stanotte le sue palpebre si erano chiuse rapidamente un paio di volte e il suo respiro si era interrotto per qualche secondo.
Aveva poi abbassato il capo e da lì in poi non avevo più sentito la sua voce.

La cena se l'era fatta portare in camera, evitando il più possibile di stare con me.

Sospirai e mi alzai. Aveva avuto abbastanza tempo per prepararsi.
Posai il bicchiere sulla scrivania e lasciai la stanza, dirigendomi verso la mansarda.

Entrai senza bussare, facendola voltare di scatto e dalla sua espressione potei capire che non aveva gradito il fatto che fossi entrato senza bussare.
Rimase ancora qualche attimo seduta sul suo divanetto per poi alzarsi e venire timidamente verso di me. Indosso aveva un pantalone della tuta, come me, ed una maglia stretta bianca. Non aveva fatto nulla per rendersi più sexy ma sinceramente non le serviva, mi eccitava da morire anche così.

"Possiamo per favore usare un'altra stanza? Qui mi sento al sicuro e vorrei continuare ad amare questa camera..." Chiese con voce ferma senza guardarmi negli occhi.

Sospirai. Ancora non l'avevo toccata ma ero impaziente di farlo.

La guardai di traverso ma capii quello che voleva dire e annuii. L'afferrai per la mano, e solo quel contatto fece crescere il mio desiderio. Dovevo sbrigarmi, non resistevo più. Allah. Dovevo avere il suo corpo sotto di me.

Scendemmo al piano di sotto in una delle camere per gli ospiti. "Qui può andare bene?" Domandai scocciato, aprendo la porta.
Annuì e sempre senza alzare lo sguardo entrò nella stanza.

Finalmente. Chiusi la porta alle mie spalle e mi addentrai a mia volta a grandi passi, raggiungendola.

Rimasi fermo ed inserii le mani nelle tasche aspettando di vedere quali sarebbero state le sue mosse. Quando notò che non feci nulla mi guardò negli occhi, non capendo. Con la potenza di uno sguardo le feci capire tutto.

𝗦𝗔𝗕𝗕𝗜𝗘 𝗠𝗢𝗕𝗜𝗟𝗜 {𝙲𝚊𝚗𝚎𝚖}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora