77.

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BURAK

Yaman continuava a camminare avanti e indietro. I suoi pugni erano serratissimi lungo i fianchi e temevo che potesse frantumarsi le dita da un momento all'altro.
Non aveva ancora tolto il cappotto, nonostante le gocce di sudore che stavano imperlando la sua fronte. Potevo solo immaginare quello che stava passando; io ero andato nel panico quando ad Hulya le si erano rotte le acque, ed ero stato in ansia fino alla fine, ma per lui era diverso.

Quando è successo c'era Leyla con lei, e non lui. L'unico giorno che si era recato in azienda era avvenuto questo incidente e conoscendolo, in questo momento si stava incolpando, ero sicuro che pensasse che tutto questo fosse avvenuto a causa sua, che se fosse stato con lei non lo avrebbe permesso. Ma ormai era successo, e non si poteva tornare indietro.
Oltre a dei lunghi sospiri non aveva proferito quasi nessuna parola. Lo avevo dovuto bloccare, prima che prendesse per il collo un dottore, che gli aveva detto di rimanere fuori, data la situazione delicata.

Belle sbucò dal fondo del corridoio, con due caffè in mano. La guardai fino a quando non ci raggiunse: teneva gli occhi bassi, sentendosi in colpa anche lei. Aveva smesso di piangere solo un'ora fa, ma le sue iridi azzurre continuavano ad essere lucide. Mi passò uno dei due bicchieri e la ringraziai con un sorriso. Portò l'altro a Yaman, che però lo rifiutò cortesemente.

"Per favore." Sussurrò, offrendoglielo nuovamente. Inspirò ed infine lo accettò, ringraziandola. Gli sorrise, stringendogli per qualche secondo il braccio, per dargli un po' di conforto, poi si venne a sedere accanto a me.
Mi appoggiai alla sedia in plastica e posai il braccio sulla sua. Mi guardò con quelle enormi pozze blu, che mi distrussero, vedendole così tristi. Si poggiò allo schienale, quindi la coccolai.

Erano passate poco più di tre ore e mezza e non facevano altro che passarci accanto infermieri, ginecologi, ostetriche, dottori e altri mille, e nessuno ci aveva ancora fato sapere nulla. Se per noi era lunga, potevo solo immaginare quanto fosse interminabile ogni minuto per Yaman.
Pochi istanti dopo, un'ostetrica andò incontro al mio amico ed io e la mia fidanzata, scattammo in piedi.

"Siamo riusciti a fermare l'emorragia interna. Procederemo con un parto cesareo perché il rischio delle spinte, riaprirebbe il punto da cui è partita l'emorragia. Il bambino in questo momento è in sofferenza e la mamma è sfinita, quindi cercheremo di agire il più velocemente ma cautelarmente possibile. I tempi comunque di un parto cesareo vanno tra i trenta e i quarantacinque minuti, in situazioni normali. Al più presto verremo a darle notizie." Ci informò con tono affrettato ma tranquillo, cercando di non far aumentare la nostra ansia. Yaman annuì semplicemente e noi le sorridemmo sofferenti, ringraziandola.

Puntai lo sguardo su di lui, sentendo che il suo respiro non faceva che diventare sempre più pesante: stava impazzendo. Si voltò di scatto, tirando un pugno contro la parete. Leyla sobbalzò, portandosi le mani a coprirle la bocca e il naso, mentre alcune lacrime abbandonarono i suoi occhi.

Posai una mano sulla sua spalla e l'altra attorno al suo polso, provando ad allontanarlo dal muro. "Yaman, cerca di rimanere calmo. Fallo per lei e per il tuo bambino o la tua bambina. Tra circa un'ora li potrai vedere." Mormorai, cercando il suo sguardo, ma con scarsi risultati dato che era puntato nel vuoto, cercando di dare un perché a tutto questo.

"È tutta colpa mia, dannazione! Lo sapevo che non dovevo andare e invece l'ho fatto, allontanandomi da lei in un momento così delicato delle nostre vite. Lei ora è lì dentro a rischiare la vita per la mia assenza." Farfugliò a denti stretti, mentre una lacrima rapida, cadde a terra.

Sospirai. "Smettila di incolparti, non hai nessuna colpa! Ora davvero, devi cercare di tornare il solito te, quello che ha sempre tutto sotto controllo, che non si lascia sopraffare da nulla." Gli imposi, con tono fermo e per un attimo ebbi paura di ricevere un bel cazzotto dritto sulla mia bella faccia.
Buttò fuori tutta l'aria che aveva in corpo, facendo avanti e indietro nei miei occhi.

𝗦𝗔𝗕𝗕𝗜𝗘 𝗠𝗢𝗕𝗜𝗟𝗜 {𝙲𝚊𝚗𝚎𝚖}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora