ANNE
In silenzio, ma ammirando tutto quello che ci circondava, raggiungemmo e sorpassammo Piazza Venezia e poi diedi voce alla mia curiosità.
Gli feci seguire la via sulla nostra destra e il cuore prese a martellarmi nel petto, man mano che ci avvicinavamo a quel posto a me così familiare.Senza rendermene conto strinsi di più la mano di Can e iniziai a rallentare il passo.
L'uomo accanto a me si accorse che c'era qualcosa che non andava quindi si fermò davanti a me, si tolse gli occhiali da sole e mi guardò dritto negli occhi, cercando di capire cosa avessi.
Tuttavia i miei occhi non si fissarono nei suoi, ma su quel largo piazzale che non era cambiato per niente, sui garage aperti con alcuni dei miei uomini che lavoravano e altri che si facevano una pausa. Artù era seduto all'ombra, accanto alla porta dell'ufficio... aperta.
Mi chiedevo chi avesse rilevato l'officina; Fabrizio no di certo, il lavoro in ospedale e coi medici di senza frontiere era già abbastanza. Eppure chi l'aveva presa, l'aveva mantenuta esattamente uguale; il nome, gli uomini che ci lavoravano, il suo aspetto in generale e soprattutto aveva tenuto Artù.La nausea piombò improvvisamente nel mio stomaco... di nuovo.
Una volta tornati a casa avrei dovuto far visita a un dottore, capire il perché di questa nausea improvvisa e fastidiosa."Aşkım, noldu?" Domandò con la fronte corrugata e uno sguardo super preoccupato negli occhi, seguendo i miei occhi.
"O..." Inspirai, mentre lui si rimise accanto a me, guardando meglio quel posto. "Quella era l'officina che avevo ereditato da mio padre." Furono le uniche parole che riuscii a dire, dato che mi si mozzò il fiato in gola.
I miei occhi si velarono di lacrime ricordando la me piccola che rubava qualsiasi cosa ai meccanici per poi nasconderle nell'ufficio di papà e ricordando la me grande che veniva accolta con il modo tutto suo di quell'uomo che era stato un secondo padre per me, quell'uomo per cui io ero sempre stata la sua "pulce".Lasciai la mano di Can, incamminandomi a piccoli passi verso il grande cancello aperto.
Mi girai una ciocca bionda dietro l'orecchio, quando numerosi fiori appassiti e non, accanto all'ingresso, catturarono la mia attenzione.Aggrottai le sopracciglia e mi avvicinai; una volta raggiunti, mi fu difficile respirare.
Mi piegai sulle ginocchia, leggendo quello che c'era scritto dietro quei fiori."A te che sei stata il sorriso di quest'officina, a te che con i tuoi sogni, le tue speranze e la tua forza, ci hai sempre fatto invidia. Ti porteremo sempre nei nostri cuori e continua a sorridere e a ballare anche da lassù. Anne Montero."
Ero morta.
Per tutti loro ero morta.
Si erano arresi al fatto che io potessi essere viva da qualche parte.E in quel momento mi sentii proprio così.
Mi portai una mano sulla bocca per cercare di soffocare i singhiozzi, mentre non riuscii a trattenere le lacrime, continuando a rileggere quella frase.
Can mi raggiunse e mi posò le sue grandi mani sulle spalle, aiutandomi ad alzarmi.Una volta in piedi, mi girai, e mi rifugiai sul suo petto.
Can sospirò e mi strinse forte forte tra le sue braccia possenti, accarezzandomi la schiena.Dopo un paio di minuti riuscii a calmarmi.
Can si scostò leggermente, di modo che riuscisse a vedere il mio viso.
Mi asciugò le ultime lacrime con i suoi pollici. "Perché non mi hai detto che volevi venire qui?""Pensavo che non me lo avresti permesso, che ti avrebbe dato fastidio." Mormorai con la voce rotta da un ultimo singhiozzo.
Sospirò infastidito. "Sanem, tu sei la mia donna, la mia compagna. Già prima e ora meno che mai, devi chiedermi il permesso per qualcosa. Quello che vuoi fare, fallo, ma ti chiedo di condividerlo con me, così che io possa esserti accanto e supportarti nel migliore dei modi." Disse, facendo avanti e indietro nei miei occhi.
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𝗦𝗔𝗕𝗕𝗜𝗘 𝗠𝗢𝗕𝗜𝗟𝗜 {𝙲𝚊𝚗𝚎𝚖}
RomanceCi si può salvare dalle sabbie mobili? Si può trovare la forza o qualcuno che ci aiuti a salvarci o si è destinati ad affondare lentamente, completamente soli? Lui deve vendicarsi e lei è la pedina per farlo. Tutti e due con un passato bugiardo e os...