CAPITOLO 62

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SARAH

«Lasciami andare, figlio di puttana!»... «Scommetto che questa troietta è ancora vergine. Vediamo di scoprirlo subito. Divertiamoci un po', bambolina».

Mi sveglio all'improvviso, sudata, agitata e con un grido in grado di squarciare le note del silenzio più profondo. Jack Moore, il mio incubo più grande è tornato a farmi visita e il merito, se così vogliamo definirlo, è tutto di Jax. In questi anni ho faticato davvero tanto a trovare finalmente una stabilità emotiva e una sicurezza nel riposo notturno; Lexy e Tyler, dopo averli messi a conoscenza della mia disavventura adolescenziale, mi sono stati di grande aiuto. Per molte notti hanno sorvegliato i miei incubi come guardiani fidati, rassicurandomi e prendendosi cura delle mie ferite ancora non rimarginate. Perché sono bastate due semplici mani a riportarmi indietro nel passato e farmi rivivere quel maledetto giorno di ormai quindici anni fa. «Hey, hey! Calmati Sarah, è solo un brutto sogno» mi sussurra dolcemente Lexy, stringendomi a sé mentre mi accarezza la fronte e i capelli madidi di sudore. Il cuore, così in subbuglio, sembra volermi uscire dal petto. Senza nemmeno rendermene conto inizio a piangere. Un pianto disperato, con singhiozzi in grado di provocare uno tsunami che non lascia via di scampo. Mi stringo sempre più a lei, nella speranza che le sue braccia riescano a placare anche una minima parte del dolore che sto provando, ma nulla; la paura è ancora lì, radicata nel mio profondo come un maledetto cancro incurabile. «Sarah, tesoro, così mi metti in difficoltà. Non so più che fare per calmarti» le sento dire. Ora come ora solo una persona potrebbe fare il miracolo, ma non so come dirglielo. Il ricordo dello sguardo iniettato di rabbia e lussuria di Jack, paragonato a quello simile di Jax, mi ha completamente ammutolita. «Distenditi e aspetta qui. Faccio una telefonata». "Non serve che chiami, Ty. È impegnato con il turno di notte e non può lasciare la reception", vorrei ricordarle, ma non ci riesco. Le parole non vogliono uscire dalla mia bocca cucita. «Grazie» è l'unica parola che le sento pronunciare prima che faccia ritorno al mio capezzale. Pochi minuti dopo sento bussare alla porta.

Ansia.

Agitazione.

Paura.

«Tranquilla Sarah. Non è nessuno con brutte intenzioni, okay? Fidati di me». Lexy, Lexy, Lexy... ti ho mai detto che ti voglio un mondo di bene? 

Fidandomi delle sue parole torno a sdraiarmi nel letto. «Scusa se ti ho svegliato nel cuore della notte, ma non so più che fare e tu sei l'unico in grado di poterla aiutare». Non era Ty la persona che aveva chiamato, ma Matt; l'ho riconosciuto subito dal suo inconfondibile profumo di uomo. Nemmeno un battito di ciglia e sono tra le sue braccia, protetta e al sicuro da qualsiasi nuovo incubo intenzionato a spaventarmi. 

Sono a casa.

MATT

Guardo l'orologio: l'una e mezza di notte.

Il telefono della stanza inizia a squillare.

Se è uno dei ragazzi che si diverte a fare il coglione, giuro che lo uccido a suon di addominali e calci al sacco.

Con la voce assonnata, rispondo. Tutto mi sarei aspettato tranne sentire quella particolarmente agitata di Alexis. «Lexy? Che succede?» le domando confuso. Senza nemmeno attendere una sua risposta, mi alzo velocemente dal letto e indosso al volo i pantaloni della tuta e una t-shirt. Un gesto che mi viene automatico senza nemmeno conoscere il motivo della sua chiamata. «Si tratta di Sarah. Credo abbia fatto uno dei suoi incubi». Uno dei suoi incubi? La sua famiglia aveva assicurato la mia che stava bene e che il passato non si era più ripresentato. A questo punto credo che qualcuno abbia mentito, e non credo siano stati i nostri genitori. Scommetto anche che le mani di Logan ne sono la causa. «Arrivo» dico di getto, con un piede già fuori dalla stanza. 

Matt (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora