CAPITOLO 6

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ANGEL - Dicembre 1980

Sono passati due mesi da quando Jack ha iniziato a lavorare per Donald Craig. Il lavoro che inizialmente doveva impegnarlo saltuariamente, lo sta tenendo lontano più del dovuto. Da un lato sono dispiaciuta, perché il piccolo, ignaro di quello che accade tra di noi quando è a casa, sente molto la sua mancanza. Dall'altro, mi sento decisamente più sollevata, perché tutte le volte che rientra è intrattabile e puntualmente se la prende con me. Ormai sono diventata la sua valvola di sfogo. Ora, non contento, sta concentrando tutta la sua rabbia sul sesso. Pretende di avere rapporti anche quando sono indisposta e ogni volta diventa sempre più rude e violento. Non ho mai sentito dolore durante la penetrazione, ma da quando si comporta come un vero e proprio animale, fare sesso con lui è diventato un incubo. Durante il rapporto cerco di camuffare il dolore che provo, nascondendomi ai suoi occhi, ma solo alla fine di tutto, quando sono sola sotto la doccia a prendermi cura dei dolorosi segni con cui mi ha marchiato, crollo, lasciandomi andare alla disperazione. Piango fino a esaurire le lacrime, fino a quando gli occhi iniziano a bruciare dal dolore. So che non dovrei permettergli di trattarmi come un oggetto da buttare dopo essere stato usato a proprio piacimento, ma ho il terrore che se non faccio come vuole, possa decidere di sfogare le sue frustrazioni sul piccolo, e non voglio che accada, nella maniera più assoluta.

Nessuno deve permettersi di farlo.

«Mamma?» Parli del diavolo ed ecco che spuntano le corna. La vocina del mio ometto mi reclama dalla sua cameretta. Mi guardo velocemente allo specchio, rendendomi conto di essere ancora in intimo. Accidenti! Dopo avermi scopato come un indemoniato, lasciandomi lividi sui fianchi per colpa dalle dita che stringevano la mia carne con possesso, è sparito, abbandonandoci per l'ennesima volta.

«Finisco di vestirmi e arrivo.»

In fretta e furia infilo un pantalone, una felpa e corro da lui. «Tutto bene, ometto?» gli domando, sedendomi accanto a lui sul suo lettino. I suoi occhioni blu mi osservano con attenzione. Quando mi guarda in quel modo mi sento a disagio, nuda, priva di ogni difesa. È piccolo, è vero, ma ha un potere incredibile: capire al volo quando qualcosa non va. «Dov'è papà?» mi domanda con tono triste. Odio dovergli dire che Jack è dovuto partire ancora, ma piuttosto che mentirgli gli racconto la triste verità. Mi sdraio accanto a lui e dopo un lungo e angosciante sospiro, perché so che con le mie parole farò soffrire il suo piccolo ma immenso cuoricino, gli dico che non è in casa. «È dovuto uscire.»

«Non ci vuole più bene, mamma?» La sua domanda, come un meteorite, arriva dritta al cuore. «Certo che sì! Sai, sta lavorando tanto perché vuole che il suo bambino sia felice e orgoglioso del suo papà.»

«Ma io sono felice!» esclama, prima di aggiungere altro. «Però sono anche tanto triste, perché quando torna a casa è sempre stanco, arrabbiato e non vuole mai giocare con me.»

Purtroppo ha ragione. Quando rientra dopo diversi giorni di assenza, lo cerca in continuazione, ma lui lo respinge continuamente. Spesso, mentre si trova in salotto a giocare con le macchinine e lui è disteso sul divano a guardare la televisione, gli urla di abbassare quella cazzo di voce solo perché non riesce ad ascoltare il notiziario. Matt, d'altro canto, impaurito dal tono malevolo del padre, corre a rifugiarsi tra le mie braccia in lacrime. Più di una volta ho dovuto consolarlo, anche nel pieno della notte, perché nei suoi incubi appariva la figura contorta e mostruosa del padre mentre lo sgridava. Per una madre è straziante vedere il proprio figlio in preda a tremori e presunti attacchi di panico causati proprio dall'uomo che più ama al mondo. Così, quando so che Jack è di ritorno, lo invito a giocare in cucina insieme a me, evitandogli di incappare in inutili rimproveri. In realtà, lo faccio esclusivamente perché non voglio che cresca con la paura del padre. Preferisco di gran lunga che se la prenda con me piuttosto che vederlo imprecare contro un innocente bambino di soli tre anni.

Matt (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora