CAPITOLO 36

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STEVEN

Che bella scopata! Nonostante l'inutilizzo momentaneo delle gambe, il mio membro ha fatto la sua porca figura. Non ricordavo quanto fosse divertente sbattersi Karen. Quella donna è un vero portento. Chissà, forse è stata proprio lei ad inventare il Kamasutra. Non immaginavo nemmeno potessero esistere certe posizioni. Per di più per uno come me, che devo restarmene seduto su questa maledetta sedia per non so quanto. Forse per tutta la vita. Ma non voglio pensarci; voglio essere positivo e credere nelle risorse della medicina, che giorno dopo giorno fa passi da gigante. 

«Devo andare» afferma Karen, mentre la osservo rivestire il suo corpo perfetto. «Okay» mi limito a risponderle. Vorrei chiederle se per il processo è tutto a posto, ma... «Stai tranquillo, Craig. La tua posizione agli occhi della legge non subirà nessun cambiamento drastico» mi rassicura nonostante il suo viso trasmetta ben altro. 

Perché è diventata improvvisamente tesa? 

«Dici sul serio? Posso considerare il mio culo salvo? Non è che poi al prossimo incontro mi freghi?» chiedo scrupoloso. Non mi sono mai piaciute le sorprese. Karen sospira. «No, Steven. D'altronde... Tu non hai commesso nessun delitto, giusto?» mi domanda e io improvvisamente inizio a sudare freddo. 

Reagisci Steven. Non farti vedere preoccupato. In fin dei conti, hai ammesso tu stesso che è stato il padre di Angel a non rispettare la segnaletica stradale. Giusto? 

«Esatto. Io non ho ammazzato nessuno. Lo testimoniano i rilievi della stradale. Quindi... Sono tranquillo» affermo serio, o almeno ci provo. «Se lo dici tu» commenta con nonchalance, aprendo la porta del mio appartamento per andarsene. «Lasciati dire una cosa» aggiunge prima di sparire. Il suo sguardo non promette nulla di buono. È sempre stata una donna tenace, impavida. Una donna che non le manda a dire, ma che ti vomita in faccia tutto quello che pensa. Nel bene o nel male. 

«Sentiamo.»

«Le bugie hanno le gambe corte, ricordalo. Non ci sarà il paparino in eterno a salvarti il culo. Sei un uomo, così ti definisci. Vedi di esserlo fino in fondo, perché i veri uomini si assumono le proprie responsabilità. Non scappano davanti a nulla» e così dicendo se ne va, sbattendosi violentemente la porta alle spalle. Cazzo.

Qualche giorno dopo...

ANGEL

L'ansia è diventata, dopo Allison, la mia seconda migliore amica. Richard e Matt stanno facendo il possibile per tenere alto il mio morale, ma non è facile. Per niente. La paura di dover sborsare migliaia di dollari, che non ho, a quell'assassino, mi manda in panico. Richard ha detto che può aiutarmi, che può prestarmi quella somma richiesta dal pazzo, ma non voglio approfittare di lui. Non voglio approfittarmi di nessuno.

«Piccola, stai ancora pensando a quel denaro?» mi chiede all'improvviso facendomi trasalire. «Scusa. Non volevo spaventarti» mormora a fior di labbra, baciandole dolcemente. «Sono terrorizzata, Richard. Non so come fare. Stavo pensando di vendere la mia villetta, ma...»

«Non puoi farlo, piccola. È l'unico ricordo che hai della tua infanzia e dei tuoi genitori. Anche se sono successe cose alquanto spiacevoli per colpa di quel figlio di puttana» ringhia, «mi rifiuto di credere che tu voglia farlo realmente». No, non voglio. Ma come posso fare? L'appartamento dall'altra parte della città in cui vivevano i miei è piccolo, e ho promesso alla mamma di un compagno di scuola di Matt che glielo avrei affittato ad un buon prezzo per il nipote che si è iscritto alla nostra università. Non mi resta altro che rinunciare alla mia tanto amata villetta. 

«Amore, guardami» sussurra Richard, mentre una lacrima mi accarezza la guancia. «Aspettiamo il responso del giudice. Rebecca farà il possibile per incastrare quel bastardo. Te lo prometto.»

Matt (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora