SARAH – Giugno 2014
Casa dolce casa.
Dopo mesi di lavori incessanti, i preparativi per le nozze programmate per settembre, la scelta dell'abito e il trasloco, che ci ha portato via più tempo del dovuto, da due mesi a questa parte io e Matt possiamo finalmente goderci la nostra nuova casa. Sono esausta, ma vedere la soddisfazione sul suo volto mi riempie di gioia e orgoglio, perché tutto quello che trasuda da queste quattro mura è puro amore; amore per l'uomo che ha reso possibile tutto questo e per il quale sono disposta a fare di tutto, anche morire.
In tutto questo marasma c'è però una cosa che continua a ronzarmi in testa; qualcosa di importante che so di aver scordato e che non riesco a ricordare. Pensa Sarah, pensa. "Cosa dovevi fare, dove dovevi andare", continuo a ripetermi mentre raggiungo a fatica casa dei miei genitori. Sono giorni che non sto affatto bene e la causa di questo mio malessere credo sia dovuta alla cena di qualche giorno fa a casa di Jen e Mike. Non mi abbufferò più di costine di maiale in salsa bbq. Il solo pensiero mi dà il voltastomaco. «Tutto bene, tesoro? Hai una certa faccia» mi chiede mia madre una volta entrata in casa. Tra qualche giorno è il compleanno di mio fratello e come da tradizione lo festeggeremo nel loro giardino, con festoni, palloncini e una torta al doppio cioccolato come piace a lui. Ed ecco che, mentre penso al cioccolato, un conato prende vita dal mio stomaco pressoché vuoto. Se non raggiungo il bagno alla svelta rischio di vomitare sul parquet in rovere scuro del salotto. «Sarah, tutto okay? Sei così pallida, tesoro mio». Mia madre, un angelo di donna perennemente preoccupata per i suoi ormai cresciuti bambini. «Quelle maledette costine! Temo di averle digerite male» le spiego, tirando lo sciacquone prima di togliermi quel sapore acre dalla bocca. Mia madre, perplessa, osserva tutti i miei gesti in completo silenzio. Poi, eccola sganciare la bomba che mai mi sarei aspettata e che mi investe in pieno petto come uno tsunami, riportandomi non solo alla realtà dei fatti, ma facendomi pure tornare alla mente chi ho dimenticato di vedere in questi mesi. «Non mi hai poi più detto com'è andato l'incontro con la dottoressa Becker» mi chiede, mentre esausta e con ancora lo stomaco in subbuglio esco dal bagno. Un'uscita che, se non fosse per quella domanda non del tutto casuale – conosco fin troppo bene mia madre - potrebbe fare invidia a un classico dei film con gli zombie. Con gli occhi sbarrati e ormai colmi di lacrime, mi volto verso di lei e inizio a piangere disperata. Mentre le sue braccia tentano di consolare l'inconsolabile, perché temo di aver capito la gravità della cazzata colossale che ho combinato, cacciandomi in un guaio serio, ripenso alle ultime parole dette alla volta di novembre dalla ginecologa che mi ha seguito nel periodo che ho vissuto a New York. «Signorina Spencer, sono anni che prende questo anticoncezionale e a mio avviso sarebbe il caso di sospenderlo per qualche mese. Diciamo... sì, fino ai primi di aprile. Poi, se lo riterrà opportuno, potrà nuovamente farselo prescrivere dalla collega che la seguirà una volta rientrata nella sua città natale» aveva suggerito, rassicurandomi di non incappare in una gravidanza inattesa o peggio ancora... indesiderata, anche se lo sarebbe al cinquanta per cento. Con la voce tremante e il corpo in preda a spasmi incontrollabili, mi accascio al suolo, sempre sorretta dalle braccia di mia madre. «Dimmi che è solo un indigestione, mamma. Ti prego, dimmelo» la supplico, anche se il pensiero è rivolto più a me stessa che a lei. «Se vuoi che menta per farti stare meglio, lo farò. Se invece vuoi sentirti dire l'amara verità, non esiterò a fare nemmeno quello» mi sussurra all'orecchio, mentre gentili carezze mi riportano indietro nel tempo, quando più e più volte ha dovuto consolarmi perché l'uomo che sta per diventare mio marito non voleva saperne di me. «Andrà tutto bene, piccola mia».
«No, mamma. Sai come la pensa Matt. Dimenticarmi dell'appuntamento con la dottoressa Backer è stato un errore che mi costerà caro. Non mi perdonerà mai per... per...»
«...per essere incinta? È questo che credi?» termina la frase per me, mentre i suoi occhi celesti mi fissano preoccupati. Annuisco, perché ripetere quella parola mi mette i brividi. Invece di essere felice e piena di gioia, nonostante mi sento uno schifo, sono letteralmente terrorizzata. Perché nel mio caso l'essere incinta è sinonimo della fine di un sogno che sta per diventare realtà. «Ascoltami: Matt, ne ha passate tante. Conosciamo benissimo la sua storia, giusto? Quella di diventare genitore è una fobia che Jack non gli ha inciso solo sulla pelle con quella maledetta cinta dei pantaloni, ma si è talmente radicata nel profondo della sua anima da non rendersi conto che nessuno meglio di lui è più adatto ad amare follemente un piccolo frugoletto».
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Matt (IN REVISIONE)
ChickLitMatt é un giovane insegnante di educazione fisica con un passato difficile; un passato segnato da un padre che ha reso la sua breve infanzia e la vita di sua madre un inferno; un passato che lo ha portato a non fidarsi più di nessuno. Grazie all'ai...