CAPITOLO 37

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ANGEL

Dopo aver girovagato per le strade della mia bellissima città, sconfitta e con un macigno sul cuore, rientro a casa. Richard è ancora lì dove l'ho lasciato qualche ora prima. «Si può sapere dove diavolo sei stata?» mi domanda preoccupato. Alzo lo sguardo verso l'orologio da parete meravigliandomi del tempo che effettivamente ho trascorso fuori casa: quattro ore. «Scusami, ho perso la cognizione del tempo» mi limito a rispondere. Mentre ero fuori ho pensato alle parole giuste da dirgli in merito alla mia decisione, e temo che nessuna verrà presa seriamente. Anzi. So di essere una delusione, ma non potevo fare altro. Agli occhi di tutti, la famiglia Craig è troppo potente per essere sconfitta da una sempliciotta come me. 

Ma cosa diavolo pensavo di risolvere andando a casa di Steven? Solo una povera illusa come me poteva credere nel miracolo. "Sei una stupida, Angel", mi ripeto, mentre con la vergogna dipinta in volto mi sposto verso il piano di sopra per farmi una doccia rigenerante. Richard, testardo come sempre, mi è alle calcagna. «Piccola, parlami» insiste, ma io non gli do ascolto; continuo a preparare il mio cambio da portare in bagno per il post - doccia. «Angel» tuona definitivamente. Il suo tono non promette nulla di buono. Quando mi chiama con il mio nome di battesimo significa che qualcosa non va. «Molla quella cazzo di maglia e parlami. Sono stanco di rincorrerti per tutta casa come una trottola. Vuoi dirmi cosa succede?». Con delicatezza afferra il mio mento, lo solleva ed ecco che i nostri occhi tornano a fissarsi. Una lacrima scivola solitaria sulla mia guancia, mentre tutto quello che ho stretto tra le mani cade sul parquet della camera. Non posso mentire all'uomo che amo, non dopo quello che ha fatto per me e mio figlio. «Sono andata da Steven» confesso, mentre il cuore inizia a battere incessantemente. Lo sto deludendo profondamente, lo vedo dall'espressione di rammarico che gli è spuntata in viso. «Dovevo vederlo, Richard. Lo capisci? Tutti sappiamo che quello che ha architettato è una farsa bella e buona, e io...» Richard, già statuario di natura, diventa di pietra. «Sei andata a casa di quel criminale?» mormora, enfatizzando con disprezzo l'appellativo con cui ha definito Steven. Annuisco. Ormai sono diventata brava a farlo. «Non poteva passarla liscia, non dopo quello che si è inventato» gli spiego giustificandomi, ma a lui sembra non importare nulla delle mie parole. «Cazzo, Angel! Ma come ti è saltato in mente di fare una cosa del genere? Sei nel bel mezzo di una sentenza, per Dio! Ci avrebbe pensato Rebecca e lo sai». Rebecca, questa volta, non avrebbe potuto fare proprio nulla. Solo un miracolo potrebbe salvarmi da questa situazione di merda. E io non credo ai miracoli. «Ritirerò la denuncia nei suoi confronti» dico di getto lasciandolo ulteriormente di stucco. «Cosa? Ma sei impazzita!»

«No. Se non voglio rinunciare ai ricordi che mi legano ai miei genitori, devo farlo. Rebecca non può nulla contro il potere dei Craig, credimi.»

«Stai scherzando? Non siamo nel remake de "Il Padrino", vero?» ironizza facendomi sorridere. «Non siamo dentro a nessun film, Richard. Questa è la mia decisione e non ammetto repliche. Dopo cena la comunicherò anche a Rebecca» dico, e senza aggiungere altro mi incammino verso il bagno, lasciandolo solo in camera. Una volta spogliata dei pochi indumenti che indosso, mi infilo sotto il getto tiepido della doccia e con l'acqua che mi scivola sul corpo scoppio in un pianto irrefrenabile; un pianto pieno di dolore e di rabbia; un pianto che per l'ennesima volta mi vede come una perdente.

RICHARD

Non posso credere che Angel abbia preso questa assurda decisione. È vero, non conosco nulla della famiglia di quel figlio di puttana, ma arrendersi così, su due piedi, non è da lei. Dopo quello che ha passato per colpa di Moore, mi aspettavo una reazione completamente diversa. Invece, si è lasciata schiacciare per l'ennesima volta.

Perché Angel? Io e Rebecca avremo fatto di tutto per rendere giustizia ai tuoi genitori. 

Privo di qualsiasi forza, mi siedo sul letto e mi sdraio supino. Con le mani mi copro il volto e inizio a pensare. Provo ad entrare nella sua mente e a mettermi nei suoi panni. Penso e ripenso poi finalmente capisco il perché di questa sua resa: l'amore; l'unico sentimento per il quale darebbe la propria anima. 

Matt (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora