CAPITOLO 55

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MATT - Chicago, giugno 2010

Ancora non riesco a crederci che quello scapestrato di mio cugino Robbie, diventato un noto avvocato in quel di Chicago come sua madre e suo padre, si sposi. Dopo dieci anni di sopportazione, Jenna ha finalmente detto sì, ed è un vero miracolo. Ricordo ancora la sera in cui le ha fatto la proposta. È avvenuta pochi mesi fa, a Salt Lake City, durante un breve weekend di passaggio. Weekend che ha visto casualmente coinvolte entrambe le famiglie dei futuri coniugi. Eravamo a cena a casa dei miei, davanti al camino del salotto, quando prima del dessert si è avvicinato alla sua amata e inginocchiandosi le ha chiesto di sposarlo.

Un momento molto romantico che ha commosso tutti, me compreso.

Un momento così speciale da mettermi in completa difficoltà, perché mi ha fatto pensare subito a lei. Al mio angelo ormai lontano dalla mia vita. Per non parlare di quando mi ha proposto di essere il suo testimone insieme ai miei fratelli! Una gioia indescrivibile, perché sarebbe la mia seconda volta dopo il matrimonio del mio migliore amico. Così, dopo soli quattro mesi, eccoci qui, in una splendida villa poco distante dal centro città, completamente addobbata per l'occasione. La cerimonia si terrà nel parco all'esterno, un'ampia zona verde di non so quanti ettari. Villa che ospiterà anche la nostra permanenza fino a domani, giorno del rientro. Finisco di abbottonare i polsini della camicia quando qualcuno bussa alla porta della mia stanza. È Mia, che fa capolino con la testa dalla porta. «Hey! A che punto sei? Tuo fratello e Jesse ci stanno aspettando di sotto». È bellissima.

Indossa un abito color avorio molto semplice, lungo e con stampe floreali sparse per tutta la lunghezza

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Indossa un abito color avorio molto semplice, lungo e con stampe floreali sparse per tutta la lunghezza. Le sta divinamente. I capelli sono raccolti in una coda alta e ai piedi calza dei sandali dello stesso colore dell'abito con un cinturino rivestito da strass luccicosi. «Hai sentito cosa ti ho detto?» ripete, destandomi dallo stato di trance in cui ero momentaneamente caduto. «Scusami, ma mi hai completamente lasciato sbalordito. Sei bellissima, Mia. Davvero» confesso. «Anche tu non sei affatto male» dice avvicinandosi. «Lo smoking ti dona. Questo firmato D&G in particolar modo» conclude, sistemando al meglio il colletto inamidato della camicia. Adoro questa ragazza. La conosco da una vita e solo pochi mesi fa ho deciso di iniziare a frequentarla. Ci siamo incontrati per caso a una cena organizzata da amici comuni e da quella sera non ci siamo più separati. È una persona divertente e simpatica, con la quale trascorrere giornate piacevoli. Abbiamo tante cose in comune, soprattutto il passato: il mio violento, il suo... decisamente peggiore del mio. Dopo aver vissuto per anni tra orfanotrofi e famiglie affidatarie (è stata abbandonata alla nascita davanti al sagrato di una Chiesa), grazie al fratello di Albert Carter, Simon, all'età di dieci anni è sbarcata in America. Inizialmente, non le è stato facile adattarsi, in primis per la lingua. Ma grazie all'amore di Simon e April, la nuova famiglia adottiva, è riuscita a lasciarsi tutti i brutti ricordi alle spalle e a sbocciare come una rosa a primavera. Tutto è filato liscio fino a quando una sera d'estate, sotto una pioggia torrenziale, l'auto dei suoi genitori, per evitare un pedone sbucato improvvisamente da un vicolo poco illuminato, ha perso il controllo schiantandosi contro il muro di un palazzo. Per April non c'è stato nulla da fare, è morta sul colpo a causa dell'impatto. Simon, dopo dieci giorni di agonia al Salt Lake Medical Center, è deceduto a causa di un'emorragia interna. I medici hanno fatto di tutto per salvarlo, ma le lesioni subite nello schianto erano troppo gravi per essere curate. Un periodo di merda non solo per Mia, ma anche per colui che poi si è preso cura di lei fino a oggi: Albert. Meno male che c'era lui, o questa ragazza avrebbe potuto finire nuovamente nelle mani della famiglia sbagliata. «Ecco fatto» mormora, fissandomi negli occhi. «Allora è meglio raggiungere quei due, altrimenti chi li sente». Mano nella mano scendiamo e raggiungiamo le famiglie.

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