CAPITOLO 34

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STEVEN

Dopo aver passato l'estate in questo maledetto ospedale, finalmente è arrivato il giorno delle mie dimissioni. La riabilitazione va, ma le mie gambe ancora non vogliono saperne di muoversi. «Signor Craig, deve mettere un'ultima firma sul questo modulo poi è libero di andare», mi comunica l'infermiera. Prendo la penna che mi porge e siglo la mia libertà. Fuori, ad attendermi, trovo Connor. «Sei pronto?» mi domanda. «Sì. Non vedo l'ora di tornarmene a casa. Questo posto mi ha letteralmente sfiancato.»

«Capisco, ma se sei rimasto per tutto questo tempo, è solo per il tuo bene, Steven». Comprendo le parole di Connor, ma, ad ogni modo, non auguro a nessuno questa situazione di merda. Questa vita di merda. Quell'incidente non ci voleva proprio. 

Arrivato al mio appartamento, trovo ad attendermi una giovane donna. «Lei chi è?» chiedo confuso a mio zio. «Si chiama Elisabeth ed è la tua infermiera personale» risponde tranquillo, mentre mi aiuta a scendere dalla macchia e a sedermi su quella fottuta sedia a rotelle."Se non ha altro ne ha trovata una figa", penso, mentre la osservo con attenzione. Alta, snella, con i capelli color oro e due occhi nocciola impressionanti. Ottimo lavoro, zio Connor.

Entro in casa, seguito da entrambi, e noto con piacere che tutto è perfettamente pulito e organizzato alla mia situazione di merda. «Come puoi notare, ho chiesto ad Elisabeth di farmi un elenco di tutto il necessario da installare per la tua permanenza. Direi che ha fatto un ottimo lavoro, che ne pensi?»

«Penso che odio tutto questo, ma che dovrò comunque conviverci fino a quando non si troverà una soluzione per le mie gambe» dico amareggiato. «Signor Craig, le ho fatto preparare la stanza. Se vuole seguirmi, le mostro le modifiche». 

Riluttante, seguo la bella infermiera. Mentre spingo la sedia a rotelle noto con estremo piacere che la dolce Elisabeth non è solo una bellissima ragazza, ha anche un culo non niente male. Qualcuno sotto alla cintola inizia ad agitarsi. Almeno quello funziona ancora. Chissà se sarà proprio lei la prima con la quale potrò di nuovo scopare. È così invitante che... 

«Steven,tutto bene?» mi chiede Connor, riportandomi con la mente nel mondo reale. «Sì, scusa. Stavo solo pensando» confesso, raccontando una piccola bugia. Meglio non dirgli a cosa stavo realmente pensando; non vorrei far scappare prima del previsto la bella e aitante infermiera. 

«Se è tutto, io andrei. Ho un udienza tra meno di un'ora e sono già in ritardo» mi comunica guardando il suo rolex. «Grazie Connor» mi limito a dire, rimanendo finalmente solo con la dolce Elisabeth.

Una settimana dopo...

Durante una delle massacranti sedute di fisioterapia, il telefono di casa inizia a squillare. «Puoi rispondere tu, Litz?» le chiedo, apostrofando il suo nome con un piccolo diminutivo che a lei sembra piacere. «Certo». Mentre attendo il suo ritorno nella mia stanza, ormai adibita a piccola palestra riabilitativa per un paraplegico come me, sento i suoi piccoli passi muoversi proprio verso la mia direzione. «È suo zio Connor, Signor Craig» dice, passandomi il cordless. «Basta darmi del lei, Litz. Ti ho già detto mille volte che puoi chiamarmi Steven» le ricordo, e un piccolo cenno di rossore compare sulle sue gote. «Mi scusi. Ehm... volevo dire... scusa». 

Prendo il telefono e con enfasi rispondo a mio zio. «Hey! Come va?» ma dall'altra parte non sento nulla. «Connor? Ci sei?» domando nuovamente. «Dobbiamo parlare. Subito» e riattacca. Dal tono rude e piuttosto distaccato con il quale mi ha risposto, ho avuto l'impressione che fosse alquanto incazzato. Chissà cosa avrà di così urgente da dirmi. 

Finisco la mia seduta, stanco e piuttosto provato, senza più badare alle parole di Connor. «Litz, mi puoi aiutare? Vorrei fare un bagno» le chiedo, dal momento che mi sento decisamente sporco e sudaticcio. Da brava infermiera qual è, mi accompagna in bagno e inizia a preparare la vasca idromassaggio. Mentre è girata di spalle inizio a spogliarmi. Non riesco a togliermi molto, solo la maglia fradicia. «Potresti aiutarmi?» le chiedo, indicando i pantaloni della tuta. Faticando ad alzarmi non sono proprio in grado di toglierli da solo. Con il viso in fiamme e in estremo silenzio, fa esattamente quello che le chiedo, sfilando con estrema delicatezza i pantaloni della tuta. Purtroppo, però, la giovane donna non sa che sotto al pantalone non porto nessun indumento intimo. Infatti, non appena si imbatte nella mia asta dura e vogliosa, indietreggia all'istante. «Scusami, ma mi fai questo effetto» ammetto senza vergogna. 

Matt (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora