CAPITOLO 54

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MATT – Natale 2009

Serate come quella appena trascorsa, in compagnia di non so chi e con una bottiglia vuota di Vodka che giace a terra sul pavimento, non fanno per me. Sto di merda e non so più da che parte sbattere la testa. Devo assolutamente prendere un antidolorifico o chi lo sente mio padre se non mi presento alla palestra. Fortunatamente, il medicinale fa effetto abbastanza in fretta. Dopo una doccia rigenerante e una bella arieggiata all'appartamento, ne aveva davvero bisogno visto l'odore pungente di sesso (l'unica cosa che mi riesce bene ultimamente), mi vesto e raggiungo Richard alla "Parker Gym&Fitness". «Che brutta cera, Moore. Nottataccia?» mi domanda uno dei ragazzi che allena mio padre non appena mi vede. «Fatti i cazzi tuoi, Jayden» rispondo scontroso mentre mi dirigo verso il sacco da boxe che non fa altro che invocarmi. La musica alta mi aiuta a dare sfogo alle mie frustrazioni, ma quando la melodia cambia lasciando spazio a un pezzo che conosco fin troppo bene, la cosa cambia.

"Sitting here wasted and wounded at this old piano. Trying hard to capture the moment this morning I don't Know. 'Cause a bottle of Vodka's still lodged in my head and some blonde gave me nightmares..."

Bed of Roses dei Bon Jovi è diventata la mia ossessione, una specie di punizione che ho deciso di infliggermi a causa di quello che mi sono lasciato scappare.

*****

Sono passate diverse ore da quando ho iniziato a colpire questo povero sacco innocente.

Ore che sottopongo il mio corpo a sforzi sovrumani dettati dalla mia mente ormai priva di qualsiasi sensazione di dolore. E la colpa è solo mia e della capacità con la quale sono in grado di tenere a distanza le persone, di tenere lontana lei, l'unica che nel bene o nel male è riuscita a farmi provare sensazioni diverse dal dolore facendomi sentire vivo; l'unica che amo e che con coraggio (quello che non ho mai avuto io) si è ripresa in mano la propria vita senza più guardarsi indietro; senza più sperare che prima o poi Matt Moore, il figlio di un mostro, un pervertito come mi hanno sempre etichettato, sarebbe finalmente capitolato ai suoi piedi; senza rendersi conto che proprio quel ragazzo fragile che ha sempre ammesso di amare ha una paura fottuta dell'amore e di quello che comporta una relazione con il gentil sesso. L'esempio avuto da bambino, e non parlo dell'uomo meraviglioso che mi ha cresciuto, mi ha segnato per l'eternità e ora senza di lei non so se sarò mai in grado di cancellare quelle cicatrici che con tanta fatica avevo iniziato a dimenticare. «Matt, sei qui?» mi chiama mio padre.

«Sì, mi sto allenando» rispondo tra un colpo e l'altro. «Ne sei proprio sicuro? A me sembra che tu voglia demolire quel povero sacco ormai logoro». Certo che non gli si può nascondere proprio niente. E che cazzo! «È solo una tua impressione» ribadisco, continuando a colpire senza pietà quell'ammasso di stoffa strappata e sabbia. «Cosa volevi?»

«Semplicemente ricordarti che è ora di chiudere. Siamo a cena da Allison e Sam, lo hai dimenticato?». Oh, cazzo! Lo avevo completamente rimosso. «È meglio se ti fai una doccia, io ti aspetto fuori» annuisco e raggiungo il più in fretta possibile lo spogliatoio. Dieci minuti dopo sono in macchina diretto a casa Spencer, luogo che da quel 29 agosto frequento di rado, e me ne vergogno. «Hey ragazzone! Come stai? È da un po' che non ti si vede in giro» mi domanda Alli abbracciandomi, non appena mi vede salire i primi gradini di casa. Un gesto dolce e naturale che ha sempre fatto da che ho memoria. «Scusa se non mi sono fatto vivo, ma è un periodo piuttosto impegnativo. La scuola e il lavoro come istruttore di autodifesa nella palestra da mio padre mi portano via più tempo libero del previsto».

Matt (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora