CAPITOLO 46

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STEVEN

Sono un'idiota.

Un grandissimo idiota.

Solo un povero coglione come me poteva fare quello che fatto mandando a puttane tutti i sacrifici e gli sforzi fatti per tornare a reggermi su entrambe le gambe.

Solo un povero coglione come me poteva accettare di aiutare Moore nel suo folle piano.

Solo un coglione come me poteva finire nella merda fino al collo.

Mentre i poliziotti mi ammanettano elencandomi i miei diritti, con la coda dell'occhio vedo che anche Peter e Jack stanno ricevendo lo stesso trattamento. Peter è quello messo peggio, il calcio ricevuto in pieno viso lo ha messo al tappeto in un attimo. Anche Jack non è informa. Nessuno di noi lo è, il giovane Moore ci ha conciato per le feste. «Craig, ha un avvocato di fiducia o dobbiamo assegnargliene uno d'ufficio?» mi domanda uno degli agenti una volta arrivato in centrale. 

Non ho più nulla. 

Da quando mio padre mi ha diseredato, tagliandomi fuori da tutti i suoi interessi, ho perso tutto. L'appartamento in cui vivevo mi è stato tolto, ora risiedo in una sottospecie di topaia poco fuori il centro città e vivo a stento con un piccolo sussidio di invalidità che mi è stato riconosciuto a causa dell'incidente. Grazie a un intervento miracoloso cinque anni fa sono tornato a muovere i primi passi, ma nonostante le magie della medicina la gamba destra non è più quella di un tempo e per questo motivo mi è stato riconosciuto un indennizzo. «No, agente. Non posso permettermelo». Gli occhi del poliziotto, vispi e particolarmente felici di vedermi in questa situazione del cazzo, sembrano volermi deridere. «Perché quell'espressione? Si sta divertendo a vedermi nella merda, vero agente?»

«Modera il linguaggio, Craig. Non aggravare la tua posizione o potrebbe finire molto male» sottolinea facendomi ingerire un grosso boccone amaro. Questa volta sono davvero nei guai.

JACK

Io, Steven e Peter veniamo portati in centrale seguiti a ruota da Angel e dagli Spencer. Se in passato l'ho scampata questa volta né Angel né Matt saranno clementi. «Moore, alza il culo e cammina». Seguo l'agente fino alla cella che dividerò con un perfetto sconosciuto. Meglio lui di Steven, o potrei rischiare di morire sotto la sua ira. Entro nella cella a me assegnata ritrovandomi stranamente solo. Mi siedo sulla brandina vecchia e logora posizionata vicino al muro e con le mani a coprire il viso segnato dall'età ripenso a quello che ho fatto. Rivedere Matt, mio figlio, dopo quindici anni è stato un turbinio di emozioni. Da quando si è fatto un nome nel mondo dello sport ho potuto ammirare la sua trasformazione. Come un bruco che lentamente si libera del suo involucro per dare vita alla splendida farfalla che nasconde, lui, da ragazzino fragile e gracilino qual'era, ora è diventato un vero uomo, forte e coraggioso come ho sempre desiderato. 

Ma non grazie a me e ai miei insegnamenti. 

No, il merito è tutto dell'uomo che Angel ha deciso di sposare e di rendere padre di due bambini. Un uomo che invidio e odio in egual misura. 

Un uomo che a causa mia e della mia testa malata è riuscito a portarmi via la mia famiglia, il mio mondo. 

Un pugno si schianta contro la parete umida e chiazzata di muffa della stanza. "Dovevi credere a lei, Jack, e non a quel farabutto che hai sempre considerato il tuo migliore amico. Angel non ti ha mai mentito, Steven sì, e lo ha fatto sul bene più prezioso che avevi: tuo figlio. Ora, dopo quello che hai fatto, pensi davvero che potrebbero fartela passare liscia? Dopo che hai quasi violentato una ragazzina?", mi ricorda il mio io interiore. Quello buono, quello ragionevole. Quello che ho sempre faticato a gestire a causa dell'altro io. Quello marcio, malvagio e predominante che mi ha trasformato nello stesso mostro che ha rovinato la mia di vita: mio padre. Un uomo che sotto l'effetto dell'alcool era in grado di colpire così forte da lasciarmi per ore privo di sensi.

Matt (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora