49. UNA VERITÀ SCONVOLGENTE

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MELISSA

Non appena entrai in bagno mi chiusi la porta alle spalle e sbuffai profondamente, liberandomi un po' dall'agitazione che avevo accumulato nelle ultime ore. Non potevo ancora credere a quello che avevo appena scoperto. Era pazzesco! Qualcosa di surreale a cui non riuscivo a darmi una spiegazione. Quel ragazzo lì fuori, in assoluto più bello e sexy di tutto il pianeta era stato il mio ragazzo.

Doveva essermi successo qualcosa di veramente grave per averlo rimosso.
Inoltre non capivo il motivo per cui la sua vicinanza mi sconvolgeva a tal punto da mandarmi il cervello in tilt e gli ormoni a mille. Gli sarò sembrata una stupida ragazzina al suo primo appuntamento. Perchè quando ero con lui perdevo ogni capacità di riflessione e ogni sentimento più profondo emergeva in superficie contro ogni mia volonta? In sua presenza non ero più me stessa e questo mi spaventava, ecco perché lo avevo trattato in quel modo, dandogli in pratica del bugiardo e facendolo soffrire. Mi ero semplicemente difesa.

Poggiai le spalle alla porta lasciando cadere la testa all'indietro e chiusi gli occhi sentendomi tremendamente in colpa. Non era stata colpa sua se non era riuscito a mantenere la promessa che mi aveva fatto, semplicemente non ne aveva avuto l'opportunità e, in ogni modo, ero del tutto certa che non sarebbe mai stato in grado di sistemare le cose.

Forse avrebbe potuto spiegarmi la situazione tra noi due anche se non avrebbe mai potuto spiegarmi tutto il resto; del perché ad un tratto lui era apparso nelle mie fotografie o come improvvisamente fossi in grado di capire e parlare perfettamente in inglese, oppure della voce che avevo sentito nella mente quando ero nel bosco, o ancora di ciò che era successo alla boutique o di quella strana cicatrice nel petto apparsa misteriosamente, per non parlare di come fosse possibile che Maygan potesse rimanere sospesa a tre metri da terra.

Sospirai aprendo gli occhi e andai ad apire il rubinetto della doccia, lasciando per il momento quei pensieri accantonati in un angolo del mio cervello. Desideravo un po' di normalità anche se solo per pochi minuti.

Mentre aspettavo che l'acqua si scaldasse andai a guardarmi allo specchio e solo in quel momento mi accorsi che i segni sulla mia faccia erano completamente spariti. Com'era possibile? Notai che i miei occhi stanchi erano cerchiati da marcate occhiaia scure e i capelli erano una matassa disordinata. Ero quasi irriconoscibile.

Chiusi gli occhi e feci un lungo respiro per cercare di calmarmi prima di iniziare a sfilare i pantaloni. Con la coda dell'occhio vidi un movimento. Sul pavimento, rivestito da piastrelle verdeacqua, giaceva un busta da lettera, quella di mia madre. Solo in quel momento mi ricordai di non avere più avuto l'occasione di leggerla.

Sospirai di nuovo, mi sollevai i jeans sui fianchi e la raccolsi stringendola tra le mani tremanti. Avevo il terrore che leggendo le parole di mia madre o limitandomi a guardare la sua grafia elegante, rievocando la sua immagine, le mie ferite avrebbero ripreso a sanguinare. Il dolore sarebbe stato troppo straziante da sopportare e
questa volta non ero sicura di poterlo superare. Solo il fatto di ricordarmi di lei era già abbastanza doloroso, ma dovevo comunque trovare la forza per farlo perché sapevo che se non avessi letto quella lettera, il solo pensiero della sua esistenza, non mi avrebbe dato tregua.

Così decisi di andarmi a sedere sul pavimento freddo, con le spalle al muro e rimasi a guardarla per molto tempo prima di riuscire a trovare la forza di aprirla.

I tre fogli, dello stesso colore della busta, emanavano un lieve profumo di pesca, il profumo della crema per le mani che usava spesso mia madre. Sentirlo mi fece venire un magone in gola. Mi mancava da morire.

Il rimpianto di non averle detto addio era stato un peso troppo pesante da sopportare, come un flagello in mano ad un Dio potente che continua a infliggere i suoi colpi, uno dopo l'altro, giorno dopo giorno, fino a ridurti la pelle lacerata e, col tempo, a lasciarti segni indelebili dentro l'anima. Se solo non fossi andata a quella stupida festa lei sarebbe ancora qui con me.

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