37. UNA LETTERA INASPETTATA

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MELISSA

Gli occhi nocciola di Kate fissavano sconvolti il mio petto e le sue labbra si aprirono appena per fare uscire fuori parole mute.
<<Te lo ripeto un'altra volta, che-cosa-mi-è-successo?>> Scandii lentamente ogni singola parola, intenzionata ad avere delle risposte.

In fondo al mio cuore sentivo che c'era qualcosa che andava al di là della mia comprensione. Per tutta la settimana avevo creduto di aver perso il senno, che tutto ciò che avevo creduto di vedere o sentire era solo il frutto della mia mente malata, ma adesso ogni certezza era crollata.

Kate avanzò cauta nella mia direzione, raccolse da terra il telo e me lo avvolse intorno al corpo. <<Copriti o ti verrà un malanno.>> Disse, con voce atona, poi mi guardò dritto negli occhi. <<E per quanto riguarda quel marchio, so che non ti piacerà ciò che ho da dirti, ma credo che ormai sia arrivato il momento.>> Sospirò. <<Non doveva andare in questo modo, tesoro, mi dispiace, davvero.>>

Aggrottai la fronte, confusa. <<Che cosa significa?>>

<<Vestiti d'accordo? Poi raggiungimi in soggiorno, devo prima mostrarti qualcosa e dopo ti prometto che risponderò ad ogni tua domanda.>> Mi baciò la fronte prima di uscire fuori dalla stanza.

Nei suoi occhi c'era così tanta tristezza che per un attimo non fui più tanto sicura di volere quelle risposte. Fui quasi tentata di lasciar perdere, ma mi conoscevo abbastanza bene da sapere che le milioni di domande mi avrebbero perseguitata a lungo, così chiusi la porta e avanzai verso il letto dove adagiai il telo bagnato e l'asciugamano che avevo in testa e indossai i vestiti preparati da Kate.

Non mi sentivo ancora del tutto pronta a varcare la soglia della mia stanza e raggiungere Kate, nonostante ogni fibra del mio corpo mi spingesse a farlo, ma avevo la netta sensazione che mai più sarebbe stato tutto come prima. Quella strana cicatrice lo dimostrava, non ricordavo nulla di come me la fossi fatta, ed era qualcosa di anormale, così come la fibbia sulla cintura di Alex uguale al ciondolo di mia madre o la super forza di Adam e ancora i suoni distorti delle parole che avevo sentito uscire dalle bocche dei professori o dei miei compagni, per non parlare di ciò che conteneva la mia scatola di biscotti. Era pura follia ma adesso i dubbi cominciavano a diventare certezze.

Mi morsi il labbro ed andai ad aprire la porta. Una volta in corridoio presi la decisione di svoltare a destra verso il bagno, troppo codarda.
Presi la scusa dei capelli bagnati che mi si erano incollati in faccia causandomi dei brividi in tutto il corpo, per tergiversare ancora un po' prima di affrontare qualsiasi cosa mi aspettasse in soggiorno.
Una volta in bagno mi misi alla ricerca del phon e quando lo trovai, attaccai la spina nella presa vicino al lavandino e cominciai ad asciugarmi i capelli cercando di concentrarmi sui gesti meccanici che facevo, piuttosto su ciò che mi avrebbe potuto rivelare Kate, con scarsi tentativi. I pensieri a ruota libera invadevano la mia mente, causandomi una gran mal di testa, così, per tenerli lontani, cominciai a canticchiare il motivetto di una delle canzone che tenevo nel mio lettore Mp3 "Lips on you" dei Maroon5 che mi ricordavano le stravolgenti sensazioni che provavo al ricordo dei sogni in cui il mio principe mi baciava con le sue labbra morbide, calde e sensuali. Il suo ricordo, seppur onirico, mi stordì, mentre il mio cuore palpitava ad un ritmo insostenibile e il viso prendeva fuoco per quanto lo desiderassi. Ero consapevole del fatto che si trattasse di una fantasia proibita, una causa dei miei ormoni impazziti. In quel momento era mille volte meglio lasciarmi travolgere da quelle sensazioni ed emozioni pur di allontanare gli attuali tormenti.

Cercavo di trattenere invano i ricordi dei suoi occhi magnetici blu oceano, della sua voce calda e profonda che mi esplodeva nella testa, del tocco gentile delle sue dita che mi sfioravano la pelle, ma sfuggivano di continuo, forse perché il frastuono provocato dal phon mi distraeva o forse perché i sogni erano sempre troppo sfocati per riuscirli a tenerli ben ancorati.
Sbattei le palpebre più volte e smisi di canticchiare per costringermi a ritornare alla realtà. I capelli erano ormai asciutti, non aveva più senso trattenermi ancora in bagno, perciò, staccai la spina e deposi il phon dentro l'armadietto e prima di uscire, sospirai rassegnata.

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