12. INDESIDERATA

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MELISSA

Dieci minuti più tardi, nell'aula di inglese, la numero diciannove, al piano terra, avevo lo sguardo perso sulla professoressa Ruth Mushroom: una signora davvero singolare, di mezz'età, alta più o meno un metro e mezzo, dal taglio di capelli a caschetto tinti di un rosso arancio che stonavano con i colori vistosi del suo abito casual.

Il rossetto rosso, molto acceso, le sbavava oltre il contorno delle labbra raggrinzite, facendola apparire ridicola.

Sembrava uno di quei personaggi creati da Tim Burton.

<<Hei!>> mi salutò sorridente Tessa, prendendo posto accanto al mio.

<<Hei, ciao.>> Ricambiai sovrappensiero, infilando dentro lo zaino la mappa della scuola che avevo usato dopo che quel ragazzo mi aveva piantato in asso.

Tessa si sollevò i capelli appuntandoli con una matita in una crocchia disordinata. <<Com'è andata la tua prima lezione?>>

Una sorte di corrente gelida penetrò dalla porta e rabbrividii sperando che qualcuno al più presto la chiudesse.

<<Bene, grazie.>>

Tessa tirò fuori dallo zaino una copia dell'Amleto e lo posò sul banco.
<<Credimi, tu sei la ragazza più fortunata della terra!>>

Aggrottai la fronte cercando di capire a cosa si stesse riferendo.

<<E non guardarmi in quel modo, dico sul serio!>> Mi redarguì con un tono scherzoso.

Io continuavo a non capire e lei sospirò. <<Devi sapere che ci sono tre cose da temere qui alla Honor Lake.>> Mi spiegò. <<Il cibo della mensa, Tommy Collins e suo padre: il preside Jason, ma Benson li supera tutti.>>

Stavo cercando di concentrarmi sulle sue parole quando improvvisamente la testa cominciò a girarmi e il volume della sua voce perdeva intensità.
Era come se avessi dei tappi alle orecchie che non mi facessero sentire chiaramente. Che cosa mi stava succedendo?

<<Io purtroppo ho avuto lezione con lui e per la milionesima volta mi ha messo in punizione.>> Si lamentò.

Strizzai gli occhi cercando di riprendere il controllo di me stessa, mentre, a poco a poco, le sue parole venivano pronunciate in un italiano perfetto, senza accento.

<<Stai bene?>> chiese preoccupata.

Questa volta la sua voce riacquistò la giusta tonalità e riuscii a sentirla bene. Non mi ero sbagliata, stava proprio parlando in italiano.

<<Si, credo di si.>> Le risposi imbarazzata, parlando anch'io in italiano. Per me era più semplice.

<<Scusa, cosa hai detto?>>

<<Credo di si.>> Gli ripetei.

Lei corrugò la fronte. <<Scusa ma non capisco, purtroppo non parlo italiano.>>

Aggrottai la fronte. Mi stava forse prendendo in giro? Si che stava parlando in italiano!

Mentre cercavo di trovare le parole giuste da dirle per non risultare sgarbata, il mio sguardo si posò sul ragazzo appena entrato e il mio cuore perse un battito.

Il suo viso era talmente perfetto che a confronto un fotomodello scompariva. Una ciocca di capelli castano gli ricadeva sulla fronte alta e i suoi occhi erano magnetici, di un verde acceso, che emanavano una luce intensa. Pensai che probabilmente indossava delle lenti colorate, perché erano troppo innaturali.
Non fu l'unico dettaglio a colpirmi in lui, il suo incarnato era pallido. Troppo. Feci scorrere lo sguardo sul fisico asciutto. Indossava un paio di jeans scoloriti e una maglia nera che lo rendeva molto sexy. Era il ragazzo più bello che avessi mai visto in vita mia, a parte quello nelle mie fotografie. A quel pensiero mi si contrasse lo stomaco.

Prescelta - Il Risveglio (In stesura)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora